Comdata, che opera nel settore dei call center, ha annunciato che chiuderà i siti di Padova e di Pozzuoli: 278 rischiano il licenziamento. I sindacati hanno indetto uno scipero per il 29 giugno: “Vogliono fare cassa, l’azienda non è in crisi”.

Se un’azienda funziona non significa necessariamente che i dipendenti ne traggano beneficio. È quello che accade a Comdata, multinazionale nel settore dei call center, ma che offre anche servizi di back office e gestione del credito, che ha presentato il 4 maggio un piano per chiuedere due siti: l’intenzione è quella di mandare a casa 60 lavoratori della sede di Pozzuoli, in Campania, e i 212 della sede di Padova, per un totale di 278 dipendenti. L’azienda, secondo i sindacati, sta agendo soltanto per perseguire la logica della massimizzazione del profitto.

Ma cosa è accaduto? Tim, il colosso delle telecomunicazioni, ha tagliato i contratti con i fornitori: quello con Comdata è stato tagliato del 20%. Per compensare il ridimensionamento di questa commessa, visto che alcuni centri gestiscono quasi interamente Tim, la multinazionale dei call center ha deciso di tagliare due siti in cui il costo del lavoro è più elevato, perché lì gli stipendi sono mediamente più alti per i dipendenti, (quasi tutti al quinto livello del Ccnl delle telecomunicazioni) assunti in origine da Vodafone, e non da Comdata come tutti gli altri (mantenendo i trattamenti economici precedenti più vantaggiosi). Nei due siti la mole di lavoro non è mai diminuita, tanto che più volte, soprattutto a Padova, sono stati richiesti gli straordinari. Ma questo non basta a scongiurare la chiusura.

Gli operatori di Pozzuoli sono destinati comunque a perdere il posto, per loro non ci sarebbe nessuna chance. Mentre per quelli di Padova è in corso una fase di contrattazione (la fase aziendale si concluderà a giorni). Se dovesse avere esito negativo, le attività della città veneta verranno spostate quasi totalmente a Ivrea.

La vertenza dovrebbe arrivare a breve al ministero del Lavoro. Finora il vicepremier Di Maio non si è occupato della questione e, nonostante i sindacati abbiano chiesto un incontro istituzionale, non ha ancora indicato una data per un incontro. La proposta di compromesso dell’azienda è quella di offrire ai lavoratori un anno di “solidarietà” al 60%, anche per poter avere il tempo di spostare l’attività e formare gli operatori. Ma allo scadere dei 12 mesi non ci sarebbero garanzie per i dipendenti, che verrebbero quindi licenziati. A meno che, ha detto in modo sibillino l’azienda, il sito non torni redditizio per l’azienda. In che modo potrà verificarlo e come possa essere raggiunto l’obiettivo di un maggiore efficientamento non è chiaro, ma i lavoratori temono controlli a tappeto sulle prestazioni individuali, oppure richieste ricattatorie di maggiore flessibilità. Con lo scopo di aumentare la produttività, dicono i sindacati, la scure dei tagli potrebbe abbattersi anche sui lavoratori considerati più deboli, cioè i lavoratori con prescrizioni mediche, quelli inidonei quindi a svolgere attività telefonica per patologie (alle orecchie, o alla gola) maturate negli anni di servizio. Quel che è certo è che lo sprono a lavorare meglio non passerà da incentivi economici: da due anni non ci sono stati premi di risultato per i dipendenti.

“L’azienda non ci ha prospettato la possibilità di ridurre i costi o di aumentare in qualche modo la produttività, prima di annunciare i licenziamenti” – ha detto a Fanpage.it Nicoletta Rampazzo, dipendente a Padova e delegata Cgil – “quindi per noi rimane fermo il proposito di Comdata di chiuedere la sede, a meno che non succeda un miracolo”.

Chi vuole insomma potrà quindi trasferirsi, anche servendosi di alcune agevolazioni economiche previste dalla legge. Ma in molti casi si tratta di lavoratori con più di vent’anni di anzianità di servizio, padri e madri con figli a carico. A Padova l’ufficio è composto principalmente da donne, di età compresa tra i 40 e i 45 anni. Per loro, che in alcuni casi reggono famiglie monoreddito, la sede più vicina in cui tarsferirsi sarebbe quella di Milano. Persone, non numeri, che, salvo alcuni sporadici casi, andrebbero incontro a non poche difficoltà se fossero costrette a trapiantare la propria vita in un’altra città. L’intesa comunque è ancora lontana: c’è tempo fino al prossimo 29 luglio.

I numeri dell’azienda
Stando alle cifre l’azienda sembra però in salute: nata nel 2015 in Italia e acquisita dal gruppo americano Carlyle, nel 2017 ha fatturato ben 790 milioni di euro, di cui 312 milioni solo nel nostro Paese. A livello mondiale conta 42mila dipendenti, suddivisi in 78 siti nel Mondo. In Italia i centri Comdata sono 19, che hanno in tutto 10700 lavoratori.

Stiamo parlando di un’azienda in espansione, e lo dimostrano gli investimenti all’estero: è di appena due settimane fa la notizia dell’acquisizione di un gruppo francese, CCA International. In Italia poi Comdata è conosciuta come l’azienda “salva-call center”: l’ultimo in ordine di tempo ad essere assorbito è stato quello di Wind-Tre, e prossimamente la multinazionale potrebbe prendere in carico anche i lavoratori espulsi da Almaviva Roma.

Non è sufficiente il fatto che l’azienda, i primi di maggio, in contemporanea all’annuncio della chiusura di Padova e Pozzuoli, sia riuscita a far rientrare dall’estero una commessa Fastweb, gestita in Romania. E a nulla è servito che la notizia sia stata commentata con giubilo anche dall’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda che in una nota ha detto: “si può vincere la battaglia delle delocalizzazioni”. Comdata ha continuato a difendersi, ribadendo che le sede di Padova e Pozzuoli “non sono produttive”.

Possibile sta preparando un’interrogazione parlamentare: “Questa potrebbe essere una delle più grandi vertenze di quest’estate” – ha detto la segretaria Beatrice Brignone a Fanpage.it – “Sono numeri alti, e si tratta di un’azienda non in crisi, ma che cerca comunque di risparmiare sulla pelle dei lavoratori. Attraverso il nostro deputato Luca Pastorino le tenteremo tutte, per far sì che il governo intervenga, visto che predica ‘prima gli italiani’, e poi non guarda alle vere emergenze. I Cinquestelle si sono sempre spesi molto, a parole, sulle delocalizzazioni fatte a scapito dei lavoratori. Ora dimostrino concretamente qualcosa.”

Gli abusi nei contratti
Nella sede di Milano da qualche mese gli operatori lavorano sulla grossa commessa Iliad, la nuova società francese di telefonia. Per gestirla sono da poco state assunte circa 200 persone solo per quella sede. La maggiorparte degli assunti hanno però contratti di somministrazione. Funziona così: per circa 20-24 mesi i contratti interinali vengono rinnovati ogni due o tre mesi, con la promessa delle stabilizzazioni (gli ultimi 32 ex interinali sono stati assunti con contratti a 30 ore pochi giorni fa). Una prova di resistenza.

Non ci sono però dati: Comdata non ha mai comunicato alla rappresentanza sindacale unitaria (RSU) il numero ufficiale. I lavoratori interinali, che normalmente fanno un turno spezzato di 4 ore la mattina e 4 ore il pomeriggio, con due ore di pausa, anche se da contratto dovrebbero lavorare per 20 ore, vengono impiegati a volte per 40 ore, con turni massacranti anche di 12 al giorno. E spesso i turni di lavoro vengono comunicati anche con un solo giorno di anticipo. Per le pressioni che i lavoratori subiscono da parte dei team leader, per le richieste di lavoro supplementare, in più di un’occasione si sono registrati casi di attacchi di panico.

Non solo è cresciuta la sede del capoluogo lombardo, ma Comdata ha stipulato una percentuale di contratti interinali, anche di una sola settimana, a Lecce e ad Asti. Se da una parte si assume, e dall’altra si mandano a casa lavoratori a tempo indeterminato, chiudendo senza un motivo che non sia il mero calo dei ricavi per Comdata. Questa volta è toccato a Padova e a Pozzuoli. La prossima volta chissà.

I lavoratori indicono lo sciopero il 29 giugno
Le segreterie nazionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil hanno proclamato lo sciopero per il prossimo venerdì.  “Non possiamo permettere all’azienda di aprire una fase nuova e di gestire le difficoltà con i licenziamenti” – hanno scritto in una nota i sindacati – “Qualora passasse la chiusura di singoli siti, le lavoratrici e i lavoratori di Comdata potrebbero pericolosamente e potenzialmente avere lo stesso trattamento su qualunque altro sito e territorio”. Venerdì 29 sciopereranno dunque per l’intero turno i lavoratori di Padova e Pozzuoli, nelle ultime due ore del turno tutti gli altri siti. Tranne nella Capitale, dove, data la coincidenza con una ricorrenza, la festa di San Pietro e Paolo, patroni di Roma, lo sciopero interesserà le ultime due ore del turno di giovedì.

continua su: https://www.fanpage.it/caso-comdata-azienda-chiude-2-sedi-ma-non-e-in-crisi-e-assume-altrove-300-lavoratori-a-rischio/
http://www.fanpage.it/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy