In questi giorni si stanno per concludere per decine di migliaia di docenti ed alunni le prove degli esami di Stato, ma hanno ancora un senso?
E’ ora di adempiere le ultime formalità, inserire gli elaborati, le schede dei candidati ed i verbali delle prove nel plico, sigillarlo con i bolli di ceralacca, compilare i registri riepilogativi, gli attestati e le certificazioni, preparare tutto il materiale da consegnare o riconsegnare alla scuola dove si sono svolti gli esami di Stato.
E’ una calda ed afosa giornata di luglio e decine di migliaia di professori, candidati e collaboratori della scuola stanno svolgendo la loro mansione con particolare attenzione, quella tipica di chi sa che sta eseguendo un compito delicato, che inciderà per sempre nella vita e nella memoria di esaminatori ed esaminati. Chi non ricorda i professori degli esami di Stato, l’elaborazione delle prove, il voto finale e le presunte o reali ingiustizie fatte dagli esaminatori?
Si sa, la discussione sulle valutazioni tra docenti ‘interni’, i professori cioè che hanno seguito i ragazzi per tutto l’anno ed in alcuni casi per tutto il percorso formativo della scuola superiore, e quelli ‘esterni’, che invece giudicano solo le prove dell’esame, è una circostanza che si ripete ogni volta. L’opinione dei primi difficilmente coincide con quelle dei secondi ma una sintesi, anche se a volte è preceduta da estenuanti e spesso inutili discussioni, si trova quasi sempre. Di certo, di quel giorno, oltre al voto finale rimarranno le titubanze e le gaffe fatte dai ragazzi e le facili ed inopportune ironie di chi, ormai adulto, non rammenta o fa finta di non rammentare gli errori commessi quando si è trovato nella medesima situazione.
C’è chi ritiene, tra i docenti, che questo sia un inutile tour de force, un ‘rituale’ a cui si devono sottoporre alunni ed insegnanti delle scuole medie e di quelle superiori. Per altri invece è un importante passaggio verso il mondo degli adulti, verso la maturità. I cambiamenti intervenuti negli ultimi decenni sulle sue modalità di svolgimento di certo lo hanno reso più complicato e faticoso per i ragazzi ma nello stesso tempo non sempre consente di evidenziare chi ha capacità e competenze superiori alla media. E’ il risultato delle ultime riforme. Ed è la dimostrazione che i politici ed i tecnici che si sono susseguiti al ministero della Pubblica istruzione non conoscono il ‘mondo della scuola’. La loro è stata un visione ragionieristica, hanno solo operato per ridurre la spesa pubblica licenziando una parte dei docenti, ovviamente quelli precari, cioè quei lavoratori che in un altro post ho definito ‘esodati invisibili’, vale a dire gli unici precari che dopo decenni di lavoro sono diventati disoccupati nell’indifferenza di sindacati e politici. Si è ritenuto e si continua a ritenere, infatti, che i problemi dl deficit del bilancio statale si possano risolvere lasciando a casa decine di migliaia di docenti e collaboratori della scuola. E’ una visione miope ma chi ci governa non sembra comprenderlo.
Intanto migliaia di giovani stanno per conseguire il diploma di scuola superiore,quello che una volta era considerato un importante ‘pezzo di carta’ ma prima dovranno rispondere all’ultima fatidica domanda: cosa farai dopo aver conseguito il diploma? Questo quesito non è posto per soddisfare la curiosità dei professori ma è un ‘obbligo’ imposto dal ministero ed i docenti, in questi tempi difficili in cui proseguire negli studi costa troppo e trovare un lavoro è quasi un terno al lotto, farebbero bene a porlo sottovoce e senza insistere troppo di fronte alle eventuali titubanze dei ragazzi.