di Dario Clemente e Hernán Ouviña

[La svolta autoritaria in Italia, la politica europea, Gramsci, Fanon, il femminismo e le esperienze latinoamericane]

LA SVOLTA AUTORITARIA IN ITALIA

In Italia si è formato da poco un governo trainato da un partito “populista” e un partito di estrema destra che strizza l’occhio ai nuovi fascismi e nazionalismi europei, un governo anti-immigrati, ostile ai diritti LGBITQ. “Populismo” e “fascismo” sono elementi dicotomici o sono compatibili, arrivando persino a potersi articolare e fondere tra loro in uno stesso progetto politico reazionario?

Purtroppo nella declinazione italiana del termine si, infatti una difficolta che abbiamo avuto, anche nel parlare con compagni è spiegare cosa noi intendiamo per populismo. E abbiamo appunto dovuto richiamarci al modello sudamericano, perché in Italia e in Europa la parola populismo richiama più facilmente la destra che la sinistra, quindi in realtà si, questa conciliazione è possibile. Io credo che bisogna fare un ragionamento sulla questione dell’avanzata delle destre e del populismo di destra in Italia che vada oltre alla figura di Salvini. Salvini è un leader molto pericoloso perché a differenza della rappresentazione che spesso se ne dà, lui è riuscito ad attuare una strategia, che è una strategia tipica dei movimenti di estrema destra in Italia. Si tratta di un doppio livello, quindi un livello molto violento, le ronde contro gli immigrati e per controllare “l’ordine e la pulizia” nelle loro città e poi un livello istituzionale. Io credo che la parola giusta per definire questa situazione in Italia sia il ritorno ad un forte autoritarismo. L’impressione è che ci sia una grande disaffezione rispetto alla democrazia, e alla partecipazione, e che si voglia, di fronte ad una crisi che è molto forte, semplicemente qualcuno che risolva tutto. Quindi in questo senso è una forma di fascismo, di autoritarismo classica. Il grande rischio è che pero, proprio come Salvini e Di Maio sono una risposta netta a ciò che c’era prima, quindi al cosiddetto centrosinistra, è che loro restino al potere proprio perché vengono percepiti come elementi di rottura, quando non lo sono affatto. Come formazioni che vogliono tutelare le classi popolari, quando non lo sono affatto. L’altro rischio è che si pensi che l’unica alternativa a questa destra populista sia un centrosinistra che ormai ha svenduto completamente i diritti dei lavoratori, il welfare state, etc. 

Non ci sono secondo te differenze importanti tra questo governo e l’anteriore?

L’unica differenza che io intravedo tra queste due formazioni è forse sui diritti civili. Non tanto il razzismo ma i diritti civili. Riguardo al razzismo Salvini è più diretto, più volgare, ma al tempo stesso ha fatto i complimenti al precedente ministro dell’interno, Marco Minniti, del Partito Democratico, dicendo che ha fatto un ottimo lavoro sulla questione degli sbarchi e dei migranti che arrivano in Italia. Dunque si è posto in continuità con quelle politiche. La questione del razzismo credo che si debba vedere su un doppio livello. Sul livello delle esternazioni certamente Salvini è più diretto, è più rozzo, è più volgare. Sul livello della messa in pratica delle politiche dobbiamo dire che il precedente governo è stato molto razzista e molto di destra nella gestione della questione migranti. Quello che un po’ fa la differenza, e certamente non è una questione da poco, è la questione dei diritti civili, perché Fontana, che è l’attuale ministro della famiglia, è una persona che ha un curriculum terribile da questo punto di vista e che è stato molto chiaro fin da subito. Rispetto al fatto che per lui le famiglie omosessuali non esistono, che le persone omosessuali sono deviate, che le donne devono fare figli per risolvere il problema della natalità in Italia, quindi è veramente medioevale. Ma io credo che il problema è che i governi precedenti nella forma sono stati molto meno diretti, molto meno violenti, ma nei fatti hanno fatto molto poco per le donne. Io vedo la differenza, ma è più una differenza nei linguaggi, nella propaganda, che nella concretezza, almeno al momento. Sicuramente anche i linguaggi e la propaganda sono importanti perché sono quelli che creano il senso comune, il modo di pensare in una nazione, quindi non sono da sottovalutare.

Continua…

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Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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