SANJAY KAK, ARUNDHATI ROY E L’INDIPENDENZA DEL KASHMIR.

Francesco Cecchini

            Sanjay Kak e Arundhati Roy

L’indipendenza all’India fu concessa il 15 agosto 1947, imponendo da parte dell’Inghilterra la formazione di due nazioni distinte: l’Unione Indiana, con popolazione per lo più induista e il il Pakistan, abitato prevalentemente da musulmani, questi era a sua volta diviso in due parti, il Pakistan vero e proprio a ovest, e il Bengala, l’odierno Bangladesh, a est, separati da 1700 km di territorio indiano. Lord Louis Mountbatten arrivò a Delhi nel 1947. Come viceré dell’India, era incaricato di sovrintendere alla dissoluzione del Raj britannico e alla creazione di una nazione indiana indipendente. Mountbatten tentò di mediare il disaccordo tra i due principali leader politici indiani, Jawaharlal Nehru, che voleva che l’India,dopo l’indipendenza, rimanesse intera come  nazione e Muhammad Ali Jinnah, che voleva stabilire il separato stato musulmano del Pakistan. Le rivolte che scoppiarono in tutta l’india tra mussulmani e indù spinsero Mountbatten a imporre la divisione.

Questa divisione, partition, creò esodi e centinaia di migliaia di morti, fino a due milioni.  A quel tempo gli inglesi abbandonarono il loro controllo sugli stati principeschi, che rimasero con le opzioni di unirsi all’India o al Pakistan o di rimanere indipendenti. Hari Singh, il Maharaja di Jammu e Kashmir, il Maharaja ha indicato la sua preferenza per rimanere indipendente dai nuovi domini. Di fatto questo non avvenne e il Kashmir fu diviso tra Pakistan e India e ancora oggi lo è. Mercoledì 15 agosto in India si festeggierà il settantaduesimo anniversario dell’Indipendenza, ma non in Kashmir. Il Kashmir è una delle occupazioni, sotto un governo militare indiano, più lunghe e sanguinose del mondo e una delle più ignorate. La libertà di parola è inesistente e le violazioni e le atrocità dei diritti umani sono abitualmente sofferte dalla popolazione a maggioranza musulmana. Solo negli ultimi due decenni sono morte da decine di migliaia di  persone, non esiste una contabilità precisa . La continua ricerca del popolo del Kashmir per la giustizia e l’autodeterminazione continua a essere brutalmente repressa. Nell’immagine, del 2016, del presente articolo vi sono Sanjay Kak e Arundhati Roy a una conferenza sull’indipendenza del Kashmir. Il referente storico vicino, sono, innanzitutto, le proteste del 2010. Le proteste del 2010 sono state un momento importante della lotta del popolo kashmiro per la propia indipendenza. Sanjak Kak di Nuova Dehli è regista di documentari.  Un suo documentario importante è Il-e-Azadi o How We Celebrate Freedom,

https://www.youtube.com/watch?v=j74IKRnPR7Y

Ha curato anche la pubblicazione del libro, Until My Freedom Has Come: The New Intifada in Kashmir,  che è una raccolta di saggi scritti sul Kashmir da scrittori e saggisti sia del Kashmir che no. Sanjak Kak definì le proteste del 2010 come &l’intifada della mente che rompeva le catene dell’oppressione&

Arundhati Roy, nota scrittrice, saggista e attivista indiana, è stata spesso al centro dell’attenzione dei media indiani e internazionali oltre che per le sue opere letterarie, Il dio delle piccole cose e il recente Il ministero della felicità,  per le aperte critiche nei confronti dello Stato indiano. Il 24 ottobre 2010 so Roy è intervenuta a Srinagar ad un convegno dal titolo “Quale Kashmir – Libertà o Schiavitù?”, organizzata dal JKCCS (Jammu and Kashmir Coalition of Civil Society). Nell’occasione la scrittrice ha affermato fra l’altro: IL KASHMIR NON E’ MAI STATO PARTE DELL’ INDIA. E’ LA STORIA A DIRLO. Nonostante le molte reazioni di condanna Arundhati Roy ha continuato il suo impegno militante per un Kashmir indipendente. Nel suo ultimo romanzo, Il ministero della felicità,  parla di persone che proveniendo dal Kashmir hanno attraversato un feroce confine nazionale.

La valle del Kashmir è ancora oggi immersa in una sorta di grande incertezza politica. La questione non riguarda strade, elettricità e acqua o  ordine pubblico, piuttosto è un problema politico e richiede una soluzione politica: L’INDIPENDENZA.  

NON INDIA NON PAKISTAN, VOGLIAMO IL KASHMIR LIBERO.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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