Di Jonathan Cook

La decisione del presidente Trump di  abolire  tutti i futuri pagamenti alla principale organizzazione che aiuta i rifugiati palestinesi, segna un capitolo nuovo e verosimilmente disastroso – del conflitto israelo-palestinese.

Venerdì, il Dipartimento di stato americano ha detto che non avrebbe più continuato con i suoi contributi annuali di 360 milioni di dollari all’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency) cioè l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi, privandola, quindi, di un terzo del suo bilancio. I funzionari statunitensi hanno descritto l’associazione “irreparabilmente imperfetta”.

Questa mossa segue un annuncio che la settimana scorsa Washington aveva decurtato 200 milioni di dollari dai programmi di aiuti per i Palestinesi.

Circa 5 milioni di Palestinesi – molti languiscono da decenni in campi profughi in tutto il Medio Oriente – fanno affidamento sull’agenzia per il cibo essenziale, l’assistenza sanitaria e l’istruzione.

Altri stati in Medio Oriente hanno motivo di avere paura. Il ministro degli esteri della Giordania, Ayman Safadi, sabato ha avvertito che il rifiuto di aiuti servirebbe “soltanto a consolidare un’atmosfera di disperazione che in sostanza creerebbe terreno fertile per ulteriori tensioni”.

La Giordania, che ospita due milioni di rifugiati palestinesi, ha convocato un incontro all’ONU per la fine di questo mese, insieme al Giappone, all’Unione Europea, alla Svezia e alla Turchia, per “ raccogliere sostegno politico e finanziario” per l’UNRWA.

Il tradizionale supporto dell’America e dell’Europa all’agenzia dell’ONU, potrebbe essere considerata come un risarcimento per la loro complicità nell’aiutare a creare uno stato ebraico sulle rovine della patria palestinese. Quell’atto di espropriazione ha trasformato i Palestinesi nella più grande popolazione del mondo senza patria.

Ci sono, però, alcuni segni di colpevolezza.

I sussidi forniti tramite l’ONU sono serviti più come  “prezzo del silenzio”, concepito per tenere dipendenti e tranquilli i Palestinesi intanto che gli stati occidentali gestiscono una crisi che evidentemente non hanno nessuna intenzione di risolvere.

Questo è il motivo per cui l’Unione Europea ha promesso in fretta di cercare finanziamenti alternativi per l’UNRWA. La UE ha notato che l’agenzia è stata “fondamentale per la stabilità e la sicurezza nella regione” – una stabilità che messo in grado Israele di far sparire i Palestinesi, per 70 anni.

L’amministrazione Trump, invece, è più sfacciata circa il nuovo modo in cui vuole utilizzare gli aiuti per scopi militari.

I funzionari americani non hanno nascosto il fatto che vogliono  fare leva  sui Palestinesi per costringerli a sottomettersi al piano di pace, definito “accordo del secolo” di Donald Trump, promesso per lungo tempo.

C’è, però, in atto, un piano più profondo e più oscuro che quello di far semplicemente rivivere i negoziati falliti o nell’assecondare la ben nota avversione dell’amministrazione Trump verso le istituzioni internazionali.

Negli scorsi 25 anni, i colloqui di pace hanno fornito la copertura per l’acquisizione crescente di quello che si ipotizzava essere un futuro stato palestinese. Come ha detto l’avvocato palestinese Michael Tarazi, mentre Israele e i Palestinesi discutevano il modo di dividere la pizza, Israele se la è mangiata tutta.

La squadra di Trump ha, quindi, di fatto analizzato i meccanismo di  un “processo di pace” basato sulla realtà sul campo, che Israele ha creato.

Se Israele non verrà a un compromesso, Trump risolverà le questioni relative allo status finale – confini, Gerusalemme e i rifugiati – a favore della parte più forte. L’unico ostacolo è trovare il modo di obbligare i Palestinesi ad accettare.

Come indicazione di come siano ora sincronizzati gli sforzi di Washington e di Israele, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ambasciatore degli Stati Uniti a Israele, David Friedman, la  settimana scorsa hanno fatto discorsi quasi identici.

In un discorso ai leader ebrei americani, Mister Friedman ha osservato che in Medio Oriente prevaleva un “modo diverso di pensare”.  “Non si può parlare come si vuole, bisogna soltanto essere forti,” ha detto.

Il giorno seguente, Netanyahu ha ripetuto quel messaggio. Ha twittato: “I deboli  vengono massacrati e cancellati dalla storia, mentre i forti, nel bene e nel male, sopravvivono.”

Questa è sgradevolmente sembrata una prescrizione per il futuro dei Palestinesi.

Israele si è già ritagliate  i suoi confini tramite le campagne di pulizia etnica del 1948 e del 1967. Fin da allora, ha mobilitato i coloni e le sue forze armate per impossessarsi di quasi tutti i resti della Palestina storica. Pochi pezzetti di territorio in Cisgiordania e il minuscolo ghetto costiero di Gaza à tutto quello che resta ai Palestinesi.

Un cenno di assenso da parte della Casa Bianca e di Israele formalizzerà questa intesa, annettendosi gradualmente la Casa Bianca.

Per quanto riguarda Gerusalemme, Trump l’ha riconosciuta come capitale di Israele spostando lì l’ambasciata statunitense in maggio. Ora, anche se può nascere, un stato palestinese mancherà di una capitale significativa e di un’economia vitale.

Quelli lasciati in sospeso sono i rifugiati.

Un po’ di tempo fa, il Presidente palestinese Mahmoud Abbas ha rinunciato al loro diritto sancito dalla legge internazionale, di ritornare nelle loro ex terre in quello che è ora Israele.

Il problema, invece, era se Israele permetterebbe ai rifugiati accampati in Libano, Siria e Giordania, di spostarsi in Cisgiordania e a Gaza e di diventare cittadini di uno stato palestinese.

Se, però, Israele si rifiuta di concedere uno stato palestinese, anche quella minima ambizione è destinata all’insuccesso.

Israele e gli Stati Uniti hanno una soluzione alternativa. Preferiscono smantellare l’UNRWA e far sparire i Palestinesi nella marea crescente di rifugiati generata dai recenti interventi occidentali in Iraq, Siria, Libia e Afghanistan. Domenica, Netanyahu ha dato il benvenuto a quella che ha definito una mossa degli Stati Uniti per “abolire l’istituzione dei rifugiati, per prendere i finanziamenti e aiutare realmente a riabilitare i rifugiati.”

Gli Stati Uniti e Israele vogliono che i rifugiati palestinesi siano soggetti alla responsabilità dell’UNHCR, l’agenzia ombrello dell’ONU per i rifugiati – o, ancora meglio, dei loro paesi ospitanti.

In una mail che è stata fatta trapelare e che è stata riferita questo mese dalla rivista Foreign Policy, Jared Kushner, genero e consigliere di Trump, ha scritto che è ora di “distruggere l’UNRWA”. Ha aggiunto che “talvolta che si deve strategicamente rischiare di porre fine alle cose sbagliate per raggiungere l’obiettivo”.

Fondamentale per questa distruzione è privare milioni di Palestinesi della loro condizione di rifugiati. L’amministrazione Trump ha in programma di pubblicare un rapporto in un momento successivo di questo mese, secondo i media israeliani, che proporrà  di fissare il tetto  della popolazione di rifugiati palestinesi a 500.000 – un decino del numero attuale.

Si dice che Kushner abbia fatto affidamento sulla Giordania per revocare lo status dei suoi due milioni di profughi palestinesi, presumibilmente per ricambiare la  compensazione degli Stati Uniti.

Quando, fra due anni, il mandato dell’UNRWA dovrà essere rinnovato, sembra sicuro che Washington lo bloccherà.

Se non c’è l’UNRWA, non c’è alcun problema di rifugiati palestinesi, e se non ci sono rifugiati, allora non c’è necessità del diritto di ritorno e anche minore pressione per uno stato palestinese.

Israele e gli Stati Uniti sono vicini al loro obiettivo: trasformare un conflitto politico governato dalla legge internazionale che favorisce i Palestinesi, in un problema economico supervisionato da una serie di donatori che favoriscono Israele.

Una versione di questo  articolo è apparsa per la prima volta  sul quotidiano The  National, pubblicato ad Abu Dhabi.

Jonathan Cook ha vinto il Premio Speciale  Martha Gellhorn per il Giornalismo.  I suoi libri più recenti sono: “Israel and the Clash of Civilisations: Iraq, Iran and the Plan to Remake the Middle East” [ Israele e lo scontro di civiltà: Iraq, Iran e il piano per rifare il Medio Oriente] (Pluto Press) e Disappearing Palestine: Israel’s Experiments in Human Despair” [La Palestina che scompare: gli esperimenti di Israele di disperazione umana] (Zed Books).  Il suo nuovo sito web è: www.jonathan-cook.net.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/us-cuts-unrwa-funding

Originale: non indicato

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2018 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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