di Tom Gill

I banchieri francesi sono stati secondi solo ai loro omologhi tedeschi nell’eurozona come beneficiari quanto a sostegni finanziari pubblici per salvarli dopo la crisi bancaria, una crisi da essi stessi causata.

Oggi, dieci anni dopo aver ricevuto il mega assegno governativo, stanno cavalcando il mito che l’intera saga è stata priva di costi, che il popolo francese ha finito per non sborsare un centesimo.

In precedenza, questo mese, il presidente di BNP Paribas, Baudouin Prot, ha dichiarato in televisione che lo stato francese ha ricavato profitti dal salvataggio delle banche francesi nel 2008-09. Se ci sono problemi nelle finanze pubbliche si guardi altrove, è stato il messaggio implicito.

Questa linea era già stata adottata in dettaglio tre anni fa dalla Federazione Bancaria Francese che Prot dirigeva. Affermava che la Francia ‘è stata uno dei pochi paesi dell’eurozona nei quali la crisi non ha avuto un impatto significativo sul deficit e sul debito pubblico’.

Oltre ad aver ottenuto il rimborso del capitale, lo stato francese ha tratto profitto da 2,3 miliardi di euro di interessi, ha affermato. Il balzo del debito pubblico del 31% del PIL nel periodo 2008-2014 che ancora pesa sul paese non è stato collegato al sostegno offerto alle banche francesi.

Da un certo punto di vista è vero che – in forte contrasto con la Spagna – la Francia non ha perso dall’aiuto diretto concesso alle banche francesi. Ma solo se dal calcolo si sottraggono la rilevazione pubblica della banca franco-belga Dexia, a un costo di 6 miliardi di euro e gli 1,2 miliardi di euro di prestiti tossici concessi ad autorità locali da banche private che hanno cavalcato prodotti finanziari ad alto rischio (un fardello che continuerà a pesa sulle finanze delle amministrazioni locali per anni a venire).

Le cifre escludono anche i fondi di “salvataggio” da Parigi ad Atene, la considerevole quota francese di un pacchetto UE/FMI da 260 miliardi di euro che di fatto è stato usato per “salvare” banche francesi e tedesche che avevano avventatamente prestati vasti importi alla Grecia e alle sue banche.

Il costo per il contribuente francese di cui le banche preferiscono non parlare non si ferma tuttavia qui. Tagli alla spesa pubblica in tutta l’eurozona per finanziare i salvataggi bancari hanno determinato sei trimestri consecutivi di contrazione economica tra la fine del 2011 e l’inizio del 2013, il più lungo declino della storia postbellica. Ciò a sua volta ha condotto a una forte caduta delle entrate fiscali e a un aumento dei sussidi assistenziali collegati alla disoccupazione.

E non è stato che le banche francesi fossero vittime innocenti della crisi bancaria del 2007-08. Se la crisi dei subprime è iniziata negli Stati Uniti, non avrebbe avuto l’impatto catastrofico che ha avuto senza i trilioni di dollari investiti dalle banche della UE in titoli di stato USA, in effetti puntellando questo colossale sistema piramidale fino a quando il suo fallimento non sarebbe stato sistemico; in verità all’epoca le banche europee hanno costituito un “fondo speculativo globale”, come ha sostenuto lo storico Allen Lane nel suo libro “Crashed”.

E andrebbe notato che fu la stessa BNP Paribas di Prot, la più grande banca francese, che rese internazionale la crisi nata negli USA, sospendendo prelievi e investimenti in tre fondi diversi.

Ma questo non è il totale delle responsabilità delle banche francesi nei confronti dello stato francese.

Mentre le banche francesi si sono concentrate nel fare ordine in casa propria, hanno tagliato i prestiti all’economia reale. Ciò ha costretto lo stato francese a intervenire. Il che ha determinato l’aumento del deficit al 7,5 per cento del PIL nel 2009.

Le perdite per lo stato a causa della contrazione economica sono ammontate a 1,5 trilioni di euro, secondo uno studio di Eric Dor, direttore delle ricerche economiche presso la Scuola di Amministrazione IESEF dell’Università di Lilla. E anche se inizialmente è stato lo stato ad assorbire i costi della crisi bancaria, dal 2012 le famiglie hanno cominciato ad avvertire la puntura, con la spesa governativa che è stata frenata dopo la munificenza nei confronti delle banche nei precedenti quattro anni.

L’impatto combinato sul reddito dei francesi dei tagli all’assistenza e di altre misure d’austerità, della disoccupazione e del freno dei salari, ha totalizzato 763 miliardi di euro tra il 2008 e il 2017, ha ulteriormente calcolato Dor.

Ha anche esaminato la botta all’impatto di tutto questo sul debito pubblico: è ammontata all’8,5 per cento del PIL. Così, se l’economia fosse cresciuta secondo la tendenza che aveva prima del 2008, il debito pubblico si sarebbe situato al 90 per cento del PIL, anziché all’odierno 98,5 per cento; il deficit sarebbe stato del 2,45 per cento, non del 2,7 per cento. Ma questi calcoli non tengono conto dell’interazione virtuosa tra crescita, entrate fiscali, spesa pubblica e debito; la salute delle finanze pubbliche francesi sarebbe stata molto più forte oggi.

Tutto questo conta, perché le banche – soprattutto le banche francesi – sono riuscite a eludere qualsiasi riforma (nonostante un presidente socialista, Francois Hollande, avesse avuto cinque anni, dal 2012 al 2017, per metterle in atto) che avrebbe evitato una ripetizione del comportamento per il quale i lavoratori stanno continuando a pagare. Tali riforme comprendono lo smembramento dei colossi come BNP Paribas, oggi la quarta banca più grande del mondo, in modo che siano “troppo grandi per fallire”.

Oggi i banchieri francesi – ancora una volta facendo soldi a palate, con il capo dei BNP Paribas Jean-Laurent Bonnafé che ha guadagnato 9,6 milioni di euro nel 2016 – sono arroganti come sempre. (Hanno addirittura uno dei loro – l’ex dipendente di Rothschild Emmanuel Macron – all’Eliseo). Reclamano superiorità morale, falsamente incolpando lo stato francese di cattiva amministrazione delle finanze pubbliche, quando i colpevoli sono loro. E così in aggiunta alla continua sofferenza per l’austerità oggi per pagare i passati peccati delle banche, una volta arrivata la prossima crisi determinata dalle banche ai francesi sarà chiesto di pagare ancora di più.

Le fonti includono Mediapart.com

 

Tom Gill pubblica Revolting Europe.

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Originale: https://revolting-europe.com/2018/10/13/lies-damn-lies-and-french-bankers/

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2018 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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