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di Franco Astengo

La “ventata securitaria” su base razzistica imposta dalla Lega sta incidendo profondamente sul tessuto politico del M5S e sulla stessa natura di questo Movimento sorto bruscamente a soggetto con ruolo “pivotale” nella tormentata vicenda politica italiana, ristrutturando così anche l’asse sui cui ha fin qui poggiato l’alleanza di governo.

Si apre così una riflessione di fondo sul tema della democrazia in Italia, andando ben oltre l’esito dell’attuale vicenda parlamentare riguardante – appunto – il decreto cosiddetto “Sicurezza

C’è del fascismo in giro: si contesta quest’affermazione ma il fascismo c’è, ben oltre la ripresa delle liturgie e degli slogan in nero.

La Lega, abbandonato il Nord, ha mutato la propria struttura oggettivamente policentrica a sostegno del federalismo e si è avventurata sulla strada della crisi della democrazia liberale.

Nella crisi evidente della democrazia liberale si profila, infatti (ed era capitato di scriverne qualche tempo fa) un ritorno a Hobbes: libertà e sicurezza possono essere assicurate soltanto da uno Stato nel quale un solo soggetto ha ricevuto un consenso senza contraddittorio. I detentori di questo potere possono così contrapporre la loro violenza ritenuta legittima in modo sistematico, organizzato, socialmente condiviso e monopolistico al fine di inibire, reprimere e punire l’uso giudicato da essi stessi illegittimo della violenza altrui.

Non a caso si è teorizzato l’ossimoro della “democrazia illiberale”.

E’ lo Stato retto in maniera totalitaria che autorizza il singolo a sparare in casa propria, è lo stato retto in maniera autoritaria che espelle senza appello il clandestino giudicandolo pregiudizialmente fonte di dolo e di violenza.

Uno Stato totalitario che amministra una società segmentata in una visione corporativa nella quale vale il principio di un’economia regolata in modo da affermare le disuguaglianze in nome del principio di autorità assoluta e di conseguenza di applicare la “giustizia” in relazione ai rapporti di forza determinati dalle disuguaglianze economiche.

Questa trasformazione della Lega da soggetto federalista a soggetto nazionalista si comprende seguendo appunto questo passaggio a una visione totalitaria – corporativa composta da facoltà di sparare, espulsioni del diverso, flat – tax.

Il tutto, naturalmente, compreso nel culto del “capo” assoluto(ancora Hobbes, Leviatano capitolo XVIII) e trascinando in quella dimensione l’intero schieramento che era stato il riferimento “storico” della prima Lega, quella Nord, della secessione e dell’indipendenza della Padania.

E’ questo il crinale molto pericoloso sul quale ci stiamo muovendo all’interno di un quadro di riferimento filosofico che è proprio quello “dell’homo, homini lupus”: un quadro che accomuna parti significative del “puzzle” europeo proprio laddove si pensava che la caduta di regimi totalitari avrebbe aperto la strada a un progresso della democrazia liberale.

La contrapposizione al ritorno hobbesiano, a questo punto, non appare possibile se non passando ai principi fondamentali enunciati da Locke: la pace sociale, la sicurezza e la prosperità sono prodotte dalla salvaguardia di un bene primigenio, proprio di ogni individuo nella società di natura costituito dalla libertà e dai diritti che la qualificano. Il principio di libertà si afferma però in una società che rimane gerarchica e di conseguenza sottoposta a tutte le fibrillazioni e le oscillazioni causati dalla pluralità di soggetti in lotta per il potere politico.

Rimane quindi il punto di fondo della strutturazione gerarchica ritenuta insuperabile per garantire, con il pluralismo politico, libertà e diritti soggettivi e oggettivi posti in relazione alle scansioni date dell’assetto sociale.

Si tratta d questo punto di una scelta di priorità: se tentare di perseguire una “terza via” oppure cercare un compromesso nell’ambito dello scontro – necessario –contro il ritorno a Hobbes e all’assoluto dello Stato retto dal consenso totalitario.

A sinistra potrebbe risultare utile, sul piano della prospettiva istituzionale e della qualità della democrazia in Italia, riaprire il dibattito sulla natura della Costituzione Repubblicana la cui essenza è stata difesa dal voto del 4 dicembre 2016: un voto però spurio comprendente, assieme all’intento sincero di riaffermazione del testo costituzionale soprattutto nel senso del mantenimento dell’impianto parlamentare della Repubblica anche elementi di pura strumentalizzazione politicista.

Adesso. Per incidere davvero sul quadro politico che si va delineando, si tratterebbe di addentrarci ancora fra quella considerazione che riguardava la Costituzione repubblicana come punto “alto” e “originale” nella costruzione di una democrazia occidentale di tipo nuovo rispetto a quella classica liberaldemocratica e quella che ipotizzava come il dettato del ’48 rappresentasse già punto di passaggio verso uno Stato di transizione.

L’idea che si trattasse già di una forma di Stato in transizione poggiava sull’analisi della natura delle forze politiche i cui esponenti ne avevano preparato il testo (in particolare nel PCI, nel PSI e nella sinistra democristiana) e approvata , sconfiggendo l’idea di una continuità sostanziale con la forma –stato precedente il fascismo. Va ricordato comunque che nel momento della promulgazione del testo costituzionale la solidarietà antifascista si era già rotta, si era già aperta la fase della logica dei blocchi, ed erano ben distinti e in via di definizione i ruoli di governo e di opposizione

Si tratta di un punto d’analisi fondamentale, quello riguardante l’attualità della natura “politica” del testo costituzionale, allo scopo di costruire uno schieramento adatto a contrastare i pericoli totalitari in atto .

Pericolo totalitari che si stanno presentando in Italia come in Europa, un particolare questo della sovranazionalità che non può essere trascurato.

Il M5S arriva, invece a quest’appuntamento totalmente impreparato .

Non è un modo di dire “standard”.

IL M5S rimane esposto a tutti i venti della distrazione /ricomposizione in atto avendo realizzato le proprie fortune senza aver provveduto ad alcune riflessione sul piano istituzionale salvo quella del determinare e definire una “pars destruens” portata avanti nel corso della legislatura precedente a quella in cui sono state assunte pesanti responsabilità di governo.

Un’assenza di riflessione sul terreno delle Istituzioni che sta ponendo in luce tutte le difficoltà del Movimento fino al punto di poterne prevedere un ridimensionamento, in tempi di celere volatilità elettorale: non basta per reggere un pur forte dato di fidelizzazione realizzato a livello di massa attraverso l’uso sapiente dell’immagine complessiva e neppure l’uso del potere portato avanti per distribuire quote rilevanti di “incentivi selettivi”.

Anzi, attraverso questa forma di distribuzione delle cariche pubbliche si finisce con il costruire tensioni corporative, al riguardo del quale – come abbiamo visto – è più adatta la posizione della Lega che non quella del M5S.

Di AFV

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