Di Kathy Kelly

Il 27 gennaio 2019 i Talebani e il governo degli Stati Uniti, hanno pubblicamente dichiarato l’accettazione, in linea di principio, di un progetto quadro per negoziati su base continua che potevano culminare in un accordo di pace per porre fine a una guerra durata due decenni in Afghanistan.

Mentre apprendiamo altre notizie sui negoziati, è importante ricordare  altre persone  che lavorano per il dialogo e la negoziazione in Afghanistan. Purtroppo, i leader dei diritti delle donne non sono stati finora invitati al tavolo dei negoziati. Parecchi, però hanno sfidato la potenziale persecuzione per asserire l’importanza di includere le donne in qualsiasi struttura che miri a creare pace e a rispettare i diritti umani.

Una  giovane laureata in medicina mi ha detto che è stata privata della scuola durante l’era talebana. “Se il governo non protegge i diritti fondamentali delle donne”, ha detto, “potremmo perdere l’accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione”.

“La guerra è stata iniziata da uomini, la guerra verrà terminata da uomini,” ha detto di recente a un reporter della agenzia  di stampa a Reuters un assistente di Rula Ghani, la moglie del Presidente Ashraf Ghani. “Sono, però, le donne e i bambini che soffrono di più e hanno il diritto di ” di definire la pace”. Nel 2018, le Nazioni Unite hanno espresso allarme per l’aumentato dell’uso di attacchi aerei da parte delle forze statunitensi e afgane che hanno causato un aumento del numero delle vittime tra donne e bambini. Nel periodo antecedente  alla scorsa settimana di negoziati e anche durante i negoziati, attacchi e contrattacchi tra le parti in guerra hanno ucciso decine di civili, compresi  donne e bambini. Sia i Talebani che gli Stati Uniti sembravano intenzionati a mostrare forza e influenza dimostrando la loro volontà di massacrare gli innocenti.

Un altro gruppo non rappresentato al tavolo dei negoziati, è  il Movimento della Pace del Popolo”. A partire dal maggio 2018, hanno scelto una strada che apertamente rifugge dagli attacchi, dalla vendetta e dalla rappresaglia. In seguito ad attacchi mortali nella loro provincia di origine di Helmand, i fondatori di questo movimento hanno camminato umilmente, spesso anche a piedi nudi, per centinaia di miglia, chiedendo alle persone di rifiutare la totale istituzione della guerra. Hanno sollecitato la fine della vendetta e della rappresaglia e hanno fatto appello a tutte le parti belligeranti di sostenere un processo di pace. I loro viaggi in tutto il paese sono diventati occasioni per fa sentire la propria voce in  modo informale, fornendo un’opportunità alle persone di immaginare collettivamente di abolire la guerra.

Noi negli Stati Uniti abbiamo molto da imparare dalle donne afgane che difendono i diritti umani e dal  Movimento per la Pace del Popolo riguardo alla futilità della guerra.

Dal 2001, con un costo di 800 miliardi di dollari, l’esercito americano ha causato perdite irreparabili e orribili in Afghanistan. I civili afghani hanno sopportato invasioni, occupazione, bombardamenti aerei, attacchi di terra, guerra dei droni, sorveglianza estensiva, spostamenti interni, elevate popolazioni di rifugiati, degrado ambientale e la pratica della detenzione indefinita e della tortura. Come sopporterebbero i cittadini statunitensi anche una frazione di questa sofferenza?

E’ logico che questa litania di sofferenze avrebbe portato a un aumento della resistenza degli insorti, a un crescente appoggio ai Talebani e a una impennata di violenza.

Alla fine del 2018, persino un alto comandante militare, il generale dell’esercito Scott Miller, disse alla CNN che gli Stati Uniti non avevano alcuna possibilità di una vittoria militare in Afghanistan. Ha dichiarato che la lotta continuerà fino a quando non ci sarà un accordo politico.

Danny Sjursen , un generale e scrittore eccezionalmente onesto, scrisse nel dicembre del 2018 che l’unica cosa che restava da fare per l’esercito americano in Afghanistan era perdere.

Il generale Sjursen aveva ragione ad ammettere l’inevitabile sconfitta militare americana in Afghanistan, ma c’è qualcosa in più che gli USA possono e dovrebbero fare. Vale a dire, pagare le riparazioni per 17 anni di sofferenza che abbiamo causato in Afghanistan. Questo è, come disse una volta il professor Noam Chomsky, “quello che qualsiasi stato civile avrebbe fatto”.

Alcuni potrebbero controbattere che gli Stati Uniti hanno già fornito oltre 132 miliardi di dollari per la ricostruzione in Afghanistan. Ma questa somma ha fatto una differenza significativa nelle vite degli afgani impoveriti dal trasferimento e dalla guerra? Penso di no.

Fin dal 2008, John Sopko, l’Ispettore Generale Speciale per la Ricostruzione Afgana,

(SIGAR), ha sottoposto rapporti quadriennali al Congresso degli Stati Uniti, descrivendo in dettaglio i modi  in cui sprechi, appropriazioni indebite, frodi e abusi hanno costantemente provocato falliti tentativi di ricostruzione. Sopko e i suoi team di ricercatori e analisti hanno offerto un’opportunità per le persone negli Stati Uniti di

vedere noi stessi come siamo spesso siamo visti da un pubblico afgano sempre più cinico. Spesso, però, non sentiamo neanche parlare dei rapporti del SIGAR. In effetti, quando il Presidente Trump ha saputo di queste relazioni di controllo durante il suo primo incontro di Gabinetto del 2019, si è infuriato e ha detto che avrebbero dovuto essere chiusi a chiave!

E’ indicativo che il SIGAR sia stato preceduto dal SIGIR, (l’Ispettore Generale Speciale per la Ricostruzione in Iraq) che ha presentato rapporti altrettanto critici ma in gran parte inosservati.

I cittadini statunitensi considerano spesso il loro paese come una nazione civile che va in guerra contro tiranni demoniaci. Il Dr. Martin Luther King aveva  una visione diversa. Ci ha esortato a vedere l’umanità degli altri cosiddetti nemici, a chiedere come siamo visti dalle altre persone, e quindi a ottenere una necessaria comprensione delle nostre debolezze. Se potessimo ascoltare altre persone minacciate dal militarismo, compreso il nostro, se potessimo vedere come le nostre guerre hanno contribuito al terrorismo, alla corruzione e all’autoritarismo che ha trasformato gli Stati Uniti in uno stato di guerra permanente, potremmo trovare lo stesso coraggio che ispira persone coraggiose in Afghanistan a parlare apertamente e resistere alla tirannia onnicomprensiva della guerra.

Potremmo scoprire che siamo guidati da una domanda etica essenziale: come possiamo imparare a vivere insieme senza ucciderci? Se alla fine afferreremo la terribile e sempre crescente urgenza di questa lezione, allora potremmo desiderare di essere dei vicini globali degni di fiducia che pagano umilmente le riparazioni invece c che le finanziare guerre infinite.

Kathy Kelly coordina Voices for Creative Nonviolence (www.vcnv.org). Quando è in Afghanistan, è ospite the Afghan Peace Volunteers  (Volontari Afgani per la Pace (ourjourneytosmile.com).

Nella foto: Kathy Kelly

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/defying-war-and-defining-peace-in-afghanistan/

Originale: non indicato

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2019 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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