Quel doppio bluff di Malta
È l’isola dei cavalieri, un piccolo Stato nel cuore del Mediterraneo dove si nascondono leggende e segreti della storia di questo angolo di pianeta a cavallo tra Europa ed Africa. Ma a Malta, da qualche tempo a questa parte, si nascondono anche esseri umani divenuti fantasmi sacrificati sull’altare di un boom economico agganciato a quello edilizio. È la storia di quei migranti che per lo Stato non esistono, ma che appaiono improvvisamente nei tanti cantieri che si trovano nell’arcipelago. Si tratta, in poche parole, della classica storia dove immigrazione dal sud del mondo coincide con sfruttamento e schiavitù.
A Malta come in Qatar
Da tanti anni a questa parte si parla, nelle cronache internazionali, del famigeratomondiale di calcio del 2022 in Qatar. E se ne parla in chiave negativa: dal 2011 in poi, anno dell’assegnazione del torneo al piccolo emirato affacciato sul Golfo, si avviano numerosi cantieri per la costruzione dei nuovi stadi. Da quel momento Doha e le cittadine limitrofe vengono invase da un vero e proprio esercito di emigrati privati di ogni tipo di diritto: dall’Asia come dall’Africa, giungono in Qatar lavoratori il cui apporto è essenziale per rinfoltire la necessaria manodopera di cui necessita il piccolo emirato, pagati quel tanto che basta per sopravvivere ma di fatto quasi schiavizzati. A Malta sta accadendo un qualcosa di simile. L’economia del piccolo Stato mediterraneo cresce del 7%, un tasso enorme specie se paragonato alla stagnazione generale che vive nell’Eurozona. Ma gran parte di questa crescita viene alimentata dal boom edilizio.
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