di Guido Capizzi

Dal 2015 una coalizione guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti ha lanciato un’offensiva contro gli Houthi che controllano lo Yemen settentrionale, inclusa la capitale Sanaa, accusati di opposizione al Presidente Hadi e di ricevere aiuto dall’Iran. La guerra contro il Paese più povero del mondo arabo ha causato il tracollo dello Stato e il collasso dell’economia. Più di 18.000 attacchi aerei in tre anni hanno distrutto tutte le infrastrutture, mentre il conflitto è impantanato e nessuna vittoria militare è possibile. Riyadh ha pianificato una strategia per la carestia e bombardato il porto di Hodeida in cui passano il 70% delle importazioni e gli aiuti caritatevoli.

Non si può negare il disastro umanitario né si possono chiudere gli occhi sui crimini di guerra. L’ONU sta parlando del “peggior disastro umanitario” degli ultimi anni. 50.000 militari sono già morti, in più si dovrebbero contare le vittime civili, cosa quasi impossibile da fare al momento. Situazione spaventosa: due terzi della popolazione dipende dagli aiuti umanitari, mentre 5,2 milioni di bambini non hanno che poco cibo e in più non sanno cosa stiano per mangiare. Oltre alle bombe e alla carestia, probabilmente causa di epidemie, in particolare il colera, altre patologie sommergono questi territori in guerra.. Migliaia e migliaia di rifugiati si nutrono di spazzatura e foglie degli alberi.

Un recente rapporto ONU ha descritto I crimini di guerra in entrambi i campi e il ricorso alla tortura di Abu Dhabi nei territori sotto il protettorato nel sud. La coalizione sta facendo di tutto e di più per nascondere questi fenomeni, inutile aumentare la pressione sui Paesi minacciando rappresaglie economiche. Con il sostegno incondizionato di Donald Trump, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti si considerano in regola, il capitalismo generatore di colonialismo non perdona e pone una cappa di sicurezza sugli alleati che così si sentono a posto.

Ma non ci sono solo gli Usa. Nel conflitto yemenitai Paesi del Golfo sono stati forniti di armi dalla Francia. Si conosceva da tempo il ruolo del Paese UE nella gestione di affari per il traffico di armamenti, anche a margine delle decisioni che la Commissione Europea e la rappresentante per la politica estera UE, l’italiana Mogherini, tentavano di prendere e definire.

Di recente una nota definita dalla Difesa francese confidenziale” uscita dalla direzione dell’intelligence militare ha confermato che le armi francesi vendute ai Paesi del Golfo sono usate nel conflitto yemenita. Bagaglio d’armi causa di massicce distruzioni e riduzione alla fame di intere popolazioni, insomma di terribili crimini di guerra. Il popolo yemenita, infatti, sta oggi affrontando, secondo le Nazioni Unite, una delle peggiori crisi umanitarie della storia recente.

Così abbiamo la conferma che la Francia viola, con consapevolezza, il trattato internazionale sul commercio di armi (TCA) di cui è, peraltro, tra i Paesi firmatari. Ma c’è di peggio: il governo del presidente Macron insiste nella negazione di una ovvia realtà, argomentando che si tratti di uso strettamente difensivo di queste armi, sostenuto dall’opacità delle transazioni e dall’assenza di approfonditi dibattiti parlamentari.

Il volume di armi che la Francia ha esportato in Medio Oriente non è mai stato così grande. Complice dei conflitti locali, la Francia ha contribuito ad aggravare le tensioni tra Arabia Saudita e Iran e ha promosso l’internazionalizzazione degli antagonismi. Le armi, poi, possono anche finire nelle mani delle petro-monarchie di simpatie jihadiste.

C’è chi, come il Partito comunista francese (PCF), chiede l’embargo sulla vendita di armi francesi ai Paesi della coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti nello Yemen. Un altro appello per la fine della guerra e lo stop immediato alla vendita di armi è stato fatto circolare dal Polo di Rinascita Comunista in Francia.

Ma qui in Francia suona stonata anche l’eccezione di privare la rappresentanza nazionale, il Parlamento, del dibattito e soprattutto delle decisioni relative alla vendita di armi. E una inchiesta parlamentare è già stata aperta sulle vendite di armi francesi e sul loro uso in Yemen.

Il cinismo governativo denunciato da più parti è provato dalla lentezza di Macron e soci a ufficializzarela cessazione della vendita di armi e la rottura di contratti di manutenzione con tutti i Paesi in guerra. Là, infatti, ci sono Paesi che utilizzano queste armi contro il loro stesso popolo. Paesi del Golfo, Egitto, Azerbaijan: la Francia deve sentire la responsabilità di mettere in campo tutti i possibili mezzi diplomatici e politici per il cessate il fuoco nello Yemen, di prestare il soccorso alla popolazione e di cercare l’attuazione per un vero processo di pace. Già, ma la Francia tende a chiudersi a riccio, altre nazioni componenti dell’UE pensano a problemi interni loro, la Commissione Europea latita e la responsabile della politica estera UE, l’italiana Mogherini, è più preoccupata per l’esito delle imminenti elezioni per il parlamento che di preoccuparsi di questi accidenti di percorso. Dunque nella guerra in Yemen diventa sempre più urgente l’embargo sulle armiche continuano ad essere vendute malgrado la ratifica della posizione comune dell’Unione europea di 11 anni fa.

Ma ad ascoltare Macron e i suoi affezionati alleati in Europa le vendite di armi aumentate negli ultimi due decenni in Medio Oriente e l’alimentazione di tensioni e guerre ben oltre questa sfera geografica non sono responsabilità dell’attuale condomino dell’Eliseo. Eppure nella macabra lista, l’industria delle armi francese è al terzo posto. Per miliardi di euro vende i serbatoi Leclerc, veicoli leggeri blindati, i cannoni Caesar, munizioni, fucili, testate, missili, parti staccate, aerei Rafale, fregate e posizioni per motovedette, radar e aerei multiruolo. E non è tutto: dove mettiamo i servizi che ne derivano, le formazioni di truppe, il supporto tattico, le firme di un accordo di cooperazione militare e l’inserimento di gruppi francesi nelle società di difesa saudite e degli emirati? Si deve evocare la consanguineità tra i complessi militari-industriali francesi e quelli del Golfo per spiegare il mutismo e la complicità di Parigi. D’altronde è il ministro degli affari esteri che proclama la Francia autentica e solida amica dei tiranni del Golfo.

27/04/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte. 
Credits: https://www.initiative-communiste.fr/articles/billet-rouge-2/resonnance-a-lhumanite/

https://www.lacittafutura.it/esteri/il-ruolo-della-francia-nel-conflitto-yemenita

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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