di Franco Astengo

Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, propone la costituzione di un unico sindacato confederale ritenendo ormai esaurite le ragioni storiche delle divisioni che portarono alla scissione della CGIL e alla formazione di CISL e UIL.

Con questo tipo di motivazioni giustificanti la sua proposta Landini ha commesso il grave errore di avallare la vulgata antisindacale corrente che ha attribuito alle organizzazioni sindacali il semplice ruolo di “cinghia di trasmissione” dei partiti, accomunandole in sostanza nel discorso indiscriminato sull’antipolitica di cui oggi constatiamo gli amari frutti.

Si direbbe un Landini post – grillino, tanto per capirci.

Le ragioni di formazione di un sindacato però dovrebbero essere diverse e allora riassumo qui un dilemma che porto all’attenzione di tutti:

1)      Serve un sindacato di “classe” che individua esattamente i termini dell’allargamento della realtà dello sfruttamento nella modernità comprendendovi tutte quelle realtà di nuove contraddizioni che emergono dal mondo del lavoro: genere, razza, precariato, uso “padronale” della tecnologia. In sostanza la domanda è: come può porsi un sindacato di fronte al mutare del ciclo capitalistico di oggi e nelle sue sembianze, diverse e sempre uguali, di semplice ferocia? Non si ravvede, in questo, un’evidente continuità storica nel presentarsi della contraddizione di classe?

2)      Oppure serve un sindacato “collaborativo”, “concertativo”, che – tutto sommato – rinnovi il suo rapporto con la “politica” assumendo indiscriminatamente il “pensiero unico” della chiave liberal – democratica? Sarebbe questo il “sindacato unico” che supera le ragioni storiche della contraddizione di classe? Oppure è soltanto questione di schieramento partitico?

Questi gli interrogativi, ai posteri…

Di AFV

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