In Portogallo il governo appoggiato dalle sinistre parlamentari è in crisi. Un fulmine a ciel sereno, tutto è successo nel giro di pochissime ore in modo repentino e inaspettato ma forse indelebile e destinato a lasciare un segno profondo sul futuro della cosiddetta Geringonça, come viene informalmente chiamato l’esecutivo guidato da António Costa. di Goffredo Adinolfi – Il Manifesto Va detto che nel patto stipulato tra le formazioni della sinistra il riconteggio degli scatti di anzianità non è contemplato. Tuttavia, dopo un periodo di mobilitazioni, si apre comunque un tavolo di trattative governo/sindacati che porta alla promulgazione a marzo di un decreto legge nel quale, al fine dell’aumento di stipendio, vengono inclusi nel computo degli anni lavorati tre dei nove anni persi tra il 2011 e il 2017.Per capire le origini della rottura, anche se ancora non del tutto consumata, occorre fare un passo indietro e tornare agli anni della recessione e dei drastici tagli al bilancio (2011-2015). Una delle misure adottate dal centro-destra era stata quella di congelare le carriere nell’amministrazione pubblica, tra cui quelle dei professori. Niente più aumenti insomma. Con la perdita della maggioranza assoluta dei seggi nelle elezioni legislative del 2015 da parte dei conservatori gli equilibri politici mutano completamente. Difficili negoziazioni portano a un accordo parlamentare inedito tra Partido Socialista (Ps) Bloco de Esquerda (Be) e Partido Comunista Português (Pcp) che dà il via al nuovo esecutivo composto esclusivamente da ministri socialisti. Due giorni fa il colpo di scena: durante una riunione della Commissione parlamentare di educazione e scienza è approvato, in via preliminare, l’allargamento del riconteggio all’intero periodo di nove anni, eliminando quindi per intero i tagli effettuati in passato. A favore le destre – Partido Social Democrata (Psd) e Centro Democratico e Social / Partido Popular (Cds/Pp) – e le sinistre non socialiste – comunisti e blocchisti. Vale la pena fare un inciso: la misura è priva di effetti almeno fino a quando non si sarà capito come e dove trovare i fondi per finanziarla. Quindi, al momento, si tratta solo di una sorta di dichiarazione di principi o poco più. A pieno regime però la riforma potrebbe costare fino a 600-800 milioni di euro all’anno. Come è facilmente intuibile il colpo di mano non è stato digerito dai socialisti che lo hanno considerato come un vero e proprio tradimento e dalla serata di giovedì ha cominciato a circolare la notizia di una possibile apertura della crisi. Nel pomeriggio di ieri il premier si è recato a Belém per incontrarsi con il presidente della repubblica Marcelo Rebelo de Sousa per discutere delle sue dimissioni che, secondo indiscrezioni, sarebbero state rifiutate. A chiudere la giornata una dichiarazione di Costa che pone Be e Pcp di fronte a un difficilissimo aut aut: se il provvedimento passerà in parlamento si torna alle urne. Il quadro è ora molto fluido, il voto in plenaria dovrebbe essere messo in agenda il prossimo 15 maggio, i comunisti dichiarano fin da subito di non essere disposti ad accettare minacce. In un contesto particolarmente intricato, nel quale è difficile capire il perché di una scelta tanto inaspettata quanto contraddittoria e incoerente, le destre sono le maggiori beneficiarie. Una rottura del patto richiamerebbe agli occhi dell’opinione pubblica – pur in uno scenario molto differente – l’immagine di instabilità associata alla caduta del premier socialista José Socrates nel 2011, al collasso finanziario e alla dirompente vittoria delle destre di Pedro Passos Coelho. SULLO SFONDO di quanto accaduto, come è ovvio, le elezioni europee di fine mese e quelle per il rinnovo dell’Assembleia da República in autunno e, quindi, la continuità, per un ulteriore quadriennio, della Geringonça. I sondaggi mostrano Be e Pcp in difficoltà, da qui, forse, la necessità di ricercare maggiori visibilità. Una situazione, quella portoghese, i cui effetti vanno molto al di là dell’aspetto specifico e dei meri confini nazionali. Due i piani di analisi. Primo, quello interno, con la fine dell’esperimento della Geringonça e l’allontanamento più o meno definitivo dall’area di governo di Be e Pcp. Secondo: le conseguenze esterne. È indubbio infatti che i successi dell’esecutivo frentista nella triplice valenza di crescita economica, consensi e stabilità abbia rappresentato una forte fonte di legittimazione per chi sostiene esperienze analoghe in altri paesi.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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