‘Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?‘, A. Depretis, 8 ottobre 1882
L’Italia è il paese del trasformismo politico, ma quello realizzato da Matteo Salvini è qualcosa di più: è una vera e propria metamorfosi kafkiana. La coerenza politica ed ideale non è nel Dna del vicepremier e ministro degli Interni del governo ‘Pentaleghista’. ‘Qualunque cosa accada voglio mantenere la parola data‘ o ‘rispetteremo tutti gli impegni presi con gli italiani‘, ripete spesso il leader leghista ai suoi alleati e soprattutto ai suoi elettori. ‘Non guardo ai sondaggi, il governo durerà 5 anni‘, aggiunge nelle interviste e nei frequenti comizi.
Eppure, il vicepremier non è un uomo coerente, almeno negli ideali e nella linea politica. All’inizio della sua carriera era un giovane frequentatore del Centro sociale Leoncavallo, poi è diventato un ‘comunista padano’ e secessionista, oggi è un fautore inflessibile della linea politica dei ‘porti chiusi’, nonchè sdoganatore dei fascisti e scrittore per una casa editrice vicina a CasaPound. Il percorso ideale compiuto da Matteo Salvini è una metamorfosi che, per certi aspetti, è unica nella storia recente del nostro Paese.
Fino al 2014 la Lega Nord ed il suo leader erano indipendentisti. Ma, quando Matteo Salvini diventa il segretario del partito ne cambia repentinamente il nome, eliminando la parola ‘Nord’ ed i simboli secessionisti e ne adatta la linea politica: da autonomista padano a sovranista e a ‘prima gli italiani’. L’obiettivo è raccogliere consensi elettorali in tutto il Paese, anche al Sud. Il boom di voti ottenuti il quattro marzo 2018 ed i sondaggi degli ultimi mesi sembrano dare ragione al mutamento genetico attuato dei sostenitori di Albert de Giussan.
La convenienza politica per la Lega è evidente anche nella stipula del cosiddetto ‘contratto di governo’ con i grillini. Se Matteo Salvini vuole mantenere e consolidare la leadership nella Destra italiana deve impedire un ritorno al potere dei moderati di Forza Italia e soprattutto di Silvio Berlusconi.
‘Il fine giustifica i mezzi’, sosteneva nel lontano 1532 ne ‘Il Principe’ il filosofo fiorentino Niccolò Machiavelli, ed il leader leghista lo applica senza se e senza ma. Il ‘fine’, ovviamente, è il potere.
Fonte wikiquote.net