Su The Automatic Earth  un interessante articolo mostra che, come tutti i fenomeni umani, la globalizzazione non è un fenomeno a senso unico o inevitabile, ma ha anzi ormai raggiunto il suo limite estremo, e dovrà ora recedere. I suoi principi sono direttamente in contrasto con l’attenzione all’ambiente che il mainstream propaganda quotidianamente, e si basano sul periodico ingresso di nuovi grandi mercati in grado di produrre a prezzi irrisori le merci che una volta si producevano nei paesi avanzati. Sarebbe ora che le nazioni avanzate ricominciassero a produrre localmente parte dei prodotti che esse stesse consumano.

di Raul Ilargi Meijer, 26 agosto 2019

Venerdì, a Jackson Hole, il governatore uscente della Banca d’Inghilterra Mark Carney ha parlato di una Moneta Egemonica Sintetica (SHC) che il mondo ‘deve’ creare, e ho pensato: sembra più inquietante di Halloween. Ora, sappiamo che Carney è un banchiere centrale e un ex partner della Grande Piovra (Giant Squid), quindi un autentico cultista, ma comunque…

Ha anche menzionato Libra, la “moneta” di Facebook, come una sorta di esempio di moneta che dovrebbe sostituire il dollaro USA a livello internazionale. E questa sostituzione sarebbe necessaria perché i paesi stanno accumulando dollari. E/o “proteggendosi accumulando enormi quantità di titoli obbligazionari denominati in dollari”. Una qualsiasi delle due, immagino?!

Ho letto diversi commenti sul discorso di Carney, ma da quanto ho visto tutti ignorano un aspetto: l’attuale forma e struttura della globalizzazione. Vedete, Carney può vedere solo una cosa: più centralizzazione, più cose che si muovono nella stessa direzione. Ricordate, è l’uomo che con Michael Bloomberg nel 2016 ha scritto “Come trarre profitto dalla lotta ai cambiamenti climatici”. Ossia, vale la pena fare qualcosa solo se ti rende più ricco.

È uno stato d’animo che funziona bene quando sei all’interno di un sistema e di una organizzazione monolitica, quando sei un banchiere centrale o lavori per una grande banca. Ma niente indica che sia uno stato d’animo utile quando il sistema in cui sei deve subire cambiamenti. Ciò è vero sia per i cambiamenti climatici sia per cambiare l’intera economia globale. Carney ha i paraocchi.

Il mondo deve porre fine alla rischiosa dipendenza dal dollaro USA: Carney (BoE)

“Carney [..] ha affermato che i problemi del sistema finanziario incoraggiavano politiche protezionistiche e populiste. [..] Carney ha detto che tassi di interesse di equilibrio molto bassi in passato hanno coinciso con guerre, crisi finanziarie e bruschi cambiamenti nel sistema bancario. Come primo passo per riordinare il sistema finanziario mondiale, i paesi potrebbero triplicare le risorse del FMI a 3 mila miliardi di dollari anziché proteggersi accumulando enormi quantità di debito denominato in dollari.”

In altre parole, per riformare il sistema finanziario mondiale, è necessario mettere un sacco di soldi in un fondo che è servito (senza successo) a sostenere il vecchio sistema. Seriamente?

“Anche se tali sforzi concertati possono migliorare il funzionamento dell’attuale sistema, in ultima analisi, un’economia globale multipolare richiede un nuovo SMFI (sistema monetario e finanziario internazionale) per realizzare il suo pieno potenziale”, ha detto Carney. Lo yuan cinese sarebbe il candidato più probabile a diventare una valuta di riserva pari al dollaro, ma avrebbe ancora molta strada da fare per essere pronto. La soluzione migliore sarebbe un sistema finanziario multipolare diversificato, che potrebbe essere fornito dalla tecnologiaha detto Carney.

Non c’è dubbio che l’attuale sistema è un po’ squilibrato, e che il ruolo del dollaro nel sistema finanziario è sproporzionato rispetto alla quota dell’America nel commercio globale. Ma lo yuan è del tutto inadatto come valuta di riserva perché non è scambiato liberamente. E il fatto che ”la tecnologia” potrebbe “fornire un sistema finanziario multipolare diversificato” (definizione impegnativa) è molto dubbio. Forse è vero in teoria, ma le affermazioni di Carney non riguardano -più- solo la teoria.

Libra di Facebook rappresenta la valuta digitale più di alto profilo  che sia stata proposta fino ad oggi, ma ha dovuto affrontare una serie di questioni fondamentali che devono ancora essere risolte. “Di conseguenza, è una questione aperta se sarebbe preferibile una nuova moneta egemonica sintetica (SHC) fornita dal settore pubblico, magari attraverso una rete di valute digitali delle banche centrali”, ha detto Carney.

La questione fondamentale di Libra sembrerebbe essere il fatto che… non esiste. Poi ci sono tutta una serie di altre questioni, come il motivo per cui Facebook e i suoi partner dovrebbero svolgere un qualsiasi ruolo nella finanza. Perché si tratta di imprese così benevole che si concentrano sulla tutela della nostra privacy? Perché Carney la presenti come una potenziale “soluzione” è molto poco chiaro, a parte il fatto che Libra è un’idea popolare all’interno degli ambienti chiusi che lui frequenta.

Sono ancora diffidente nei confronti delle cripto-valute, troppe cose ancora non funzionano, troppi furti, ci sono troppe cose a riguardo che troppe persone non capiscono. Ma sceglierei sempre i Bitcoin piuttosto che la “rete di valute digitali della banca centrale” di Carney. Perché questa “moneta egemonica sintetica” in tutta la sua infamia è un orrore.

Carney e la sua cerchia di banchieri vogliono il controllo, questo l’abbiamo capito. Ma questo non significa che vogliamo che lo abbiano. Guardate il sistema attuale, che hanno creato loro, e il cui fallimento richiede la creazione di un altro sistema. E adesso vogliono controllare anche il nuovo?

Ma questo è ancora una piccola parte dello spettacolo. Penso che Carney non abbia solo i paraocchi, è semplicemente in ritardo. La globalizzazione, per cui le sue proposte sarebbero utili, ha già superato il suo picco. Magari lui non riesce a vedere oltre, ma noi dovremmo farlo.

La globalizzazione è un processo, è qualcosa che si muove, non può stare ferma. E ora che ha raggiunto in pieno la Cina, non c’è nessun altro posto dove andare. Certo, ci sono alcuni paesi più piccoli che potrebbero essere disposti a produrre a prezzi ancora più bassi, come il Vietnam o la Cambogia, ma non potrebbero mai farlo sulla stessa scala della Cina.

Lo stesso vale per l’Africa. Trasferire in Africa  l’intera capacità produttiva che già a partire da 20-30 anni fa è stata trasferita dall’Occidente alla Cina, sarebbe un incubo logistico che nessuno considererebbe seriamente, e così siamo a un punto morto. La globalizzazione non può più muoversi, perché non ha nessun posto dove andare. Il mondo è completamente globalizzato, come non mai. Ma la globalizzazione è un processo.

Forse in modo controintuitivo, l’unica cosa che può davvero fare è ritirarsi. Per una serie di motivi diversi, penso che sia esattamente quello che accadrà. E non credo che sia poi così male. Trump sta già preparando parte di questo processo con la sua guerra dei dazi. Ma può, e sono abbastanza sicuro che lo farà, andare molto oltre.

Se la globalizzazione significa solo, ed è limitata soltanto al trasferimento della produzione dagli Stati Uniti e dall’Europa alla Cina, e questo è proprio ciò che sembra, lo svantaggio per i primi è dolorosamente evidente. Così come è evidente lo svantaggio per il pianeta.

Può avere senso produrre prodotti di fascia alta, come ad esempio l’elettronica complessa, in un unico posto al mondo. Ma perché mai la Cina dovrebbe produrre la nostra biancheria intima? Certo, possono farlo a costi minori, ma l’effetto principale è uccidere i nostri posti di lavoro. La narrazione a riguardo negli ultimi decenni è stata che stavamo costruendo una “economia della conoscenza” o un’”economia dei servizi”, ma si tratta di un sacco di cazzate.

Non solo ora dipendiamo dalla Cina per fabbricare le nostre mutande, ma tutte quelle mutandine e pantaloncini e camicie devono essere trasportati da una parte all’altra del pianeta da navi portacontainer alimentate da combustibili fossili. Mentre potremmo produrli proprio dove viviamo, pagare ai lavoratori un salario decoroso per fabbricarli e contemporaneamente ridurre l’inquinamento. Non è una scelta difficile, anche se i vostri boxer costerebbero un dollaro in più.

E a prescindere dal fatto che vi preoccupiate o meno del pianeta, del clima e dell’estinzione delle specie, ora abbastanza persone se ne preoccupano e questo diventa un fattore sempre più determinante nel processo decisionale su questi argomenti. E c’è dell’altro. Henry Ford lo aveva capito: perché la tua attività abbia successo, i lavoratori devono essere pagati abbastanza per permettersi i tuoi prodotti. L’intera “globalizzazione” verso i paesi con salari più bassi non solo ha abbassato i prezzi negli Stati Uniti e in Europa, ma anche i salari.

E questo a sua volta ha aperto la strada a una maggiore retribuzione per i dirigenti, a prezzi delle azioni e dividendi sempre più elevati, ecc., in altre parole a una maggiore disuguaglianza. Pochissimi capiscono i meccanismi che conducono a questo, ma sempre più persone lo capiranno, e dovranno capirlo, con il loro salario che si abbassa a livello cinese.

Ad ogni modo, i grandi piani Sintetici Egemonici di Mark Carney sono “troppo poco e troppo tardi”. Non che questo gli impedirà di blaterare a riguardo – dopo tutto, lui rappresenta le classi dominanti, che stanno molto bene e vorrebbe stare ancora meglio. Ma anche lui, e loro, non possono negare che la globalizzazione è come uno squalo, che quando non può più muoversi muore. Potremmo farne il titolo di un film horror: La Globalizzazione non dorme mai…

E Trump gioca il suo ruolo meravigliosamente. Non che sia il più intelligente di tutti, tutt’altro, ma riconosce che la globalizzazione fa del male all’America. E che la Cina, non molto tempo fa un paese del terzo mondo, ora è forse  la più grande economia del mondo e dovrà essere assoggettata a regole e controlli completamente diversi rispetto, diciamo, al 1980.

La Cina deve aprire la propria economia ai prodotti statunitensi e dell’UE, altrimenti questi devono chiudere la propria a ciò che la Cina produce. A questo serve la guerra commerciale, e/o la guerra valutaria, l’intero pacchetto. E forse c’era bisogno di un elefante come Trump, ma questo non è importante. L’intera economia mondiale ha raggiunto i limiti della sua spregiudicatezza e lo squilibrio deve essere aggiustato. Roba semplice.

Ho usato come esempio la biancheria intima, ma sappiamo tutti – o potremmo saperlo – quanto di ciò che acquistiamo ogni giorno proviene dalla Cina. Be’, anche questo, come la globalizzazione, e a causa della globalizzazione, ha raggiunto il suo apice. Fabbricheremo di nuovo le nostre mutande. È una brutta cosa? In che modo? Henry Ford avrebbe capito che non lo è, anche se sarebbe stato il primo a spostare le sue linee di produzione a Shenzhen, se avesse potuto.

Ford comprese il legame tra prezzi e salari, ma tale conoscenza sembra essere scomparsa. Tranne forse in Cina, ma il loro modello si basa esclusivamente sulle esportazioni e nemmeno questo può durare. Ford cercò di vendere le sue auto ai suoi lavoratori. Che è proprio l’esatto opposto di quello che le élite finanziarie di oggi stanno cercando di fare, ed è il motivo per cui Carney vuole – tardivamente – una moneta egemonica sintetica.

Vedete il punto? Prevedo che Carney e il suo entourage proporranno presto una moneta mondiale basata sul cloud, ‘garantita’ da -probabilmente- i diritti speciali del FMI (SDR), ma questo è del tutto inadatto al ruolo che hanno in mente.

Perché non c’è bisogno di una moneta del genere per pagare la biancheria intima prodotta dai tuoi vicini che abitano in fondo alla strada. Ce n’è bisogno solo per la biancheria intima che viene dalla Cina.

http://vocidallestero.it/2019/09/05/la-globalizzazione-ha-raggiunto-il-suo-picco/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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