Il bilancio del primo governo guidato da Giuseppe Conte non può che essere negativo. Saranno migliori i risultati del secondo? Abbiamo forti ragioni per dubitarne.
Nella giornata di giovedì 5 settembre abbiamo assistito alla concretizzazione di quello che ora mai era già stato scritto: la successione di Giuseppe Conte a se stesso nel ruolo di primo ministro, questa volta sotenuto, oltre che dal Movimento 5 Stelle, anche dal Partito Democratico e da Liberi e Uguali.
Il governo che ha appena visto la propria fine, non abbiamo alcun dubbio, merita un giudizio decisamente negativo. Battezzato come il “governo del cambiamento” alla sua nascita, non ha certamente mantenuto le promesse fatte dalle due parti contraenti, e di cambiamenti se ne sono visti ben pochi, quasi tutti in senso peggiorativo. L’alleanza tra pentastellati e leghisti aveva avuto origine nella comune avversione per le istituzioni europee, ma alla fine ben poco è stato fatto per contrastare la prepotenza dei burocrati di Bruxelles. La battaglia contro l’Unione Europea si è alla fine ridotta ad una inutile pantomima teatrale, con il governo pronto a genuflettersi ai diktat delle istituzioni internazionali proprio come i precedenti.
Settimana dopo settimana, mese dopo mese, il governo Conte I si è trasformato nel governo personale di Matteo Salvini, ministro di tutto che ha oscurato tanto il premier quanto il leader del partito di maggioranza relativa, Luigi Di Maio. Di fronte alla propria incapacità nel contrasare l’Unione Europea, il capitano leghista ha deciso di scatenare la propria ira funesta verso gli ultimi degli ultimi, lasciando centinaia di persone in mezzo al mare per giorni. Nonostante la disumanità dimostrata con l’approvazione dei due decreti sicurezza – esempio lampante di “cambiamento” in senso negativo -, la Lega ha beneficiato della campagna elettorale permanente lanciata da Salvini in occasione delle elezioni europee, fino all’ormai noto autoammutinamento di agosto.
Il nuovo governo dovrebbe dunque nascere con l’auspicio di fare meglio del precedente, ma gli ingredienti a disposizione non sembrano promettere una ricetta vincente. A far accapponare la pelle basterebbe la nomina di Luigi Di Maio agli Esteri, fatto semplicemente impossibile nella maggior parte dei Paesi europei. Stiamo infatti parlando di un individuo che fa quotidianamente a botte con la geografia e le lingue straniere, in grado di confondere il Cile di Pinochet con il Venezuela o di chiamare Xi Jinping, il presidente della Repubblica Popolare Cinese, “Ping” (come se un leader politico straniero si rivolgesse a Di Maio chiamandolo “Giggino”), per citare solo un paio delle sue gaffe più clamorose. Ebbene, costui sarà deputato alla cura delle relazioni dell’Italia con il resto del mondo.
Non promette neppure la nomina di Paola De Micheli alle Infrastrutture: la democratica, che sostituisce il pentastellato Danilo Toninelli, è una storica sostenitrice del TAV, e potrebbe assestare un colpo decisivo in favore del rinnovo delle concessioni autostradali ai privati. Farebbe ridere, se non facesse piangere, il ritorno di Dario Franceschini ai Beni Culturali, davvero una scelta esecrabile per un governo che vuole essere di “rottura”. Da giudicare invece la decisione di mettere Roberto Gualtieri all’Economia: il cinquantatreenne non è un’economista, ma vanta una lunga militanza in istituzioni di primaria importanza, essendo stato nominato nel 2014 Presidente della Commissione per i problemi economici e monetari al Parlamento Europeo. La scelta di un uomo noto nelle stanze dei bottoni di Bruxelles potrebbe avere un duplice significato: rendere più favorevoli all’Italia le eventuali contrattazioni con le istituzioni europee, o rendere più efficace la genuflessione alle imposizioni delle stesse.
Il nuovo governo, infine, punta molto sullan nomina di Luciana Lamorgese all’Interno, ruolo precedentemente occupato da Salvini. La lucana ha ricoperto in passato gli incarichi di Prefetto di Venezia (2010-2013) e di Milano (2017-2018) e, nelle speranze di molti, dovrebbe essere colei che porrà fine alla disumanità dei due decreti sicurezza salviniani. Lamorgese era salita alla ribalta delle cronache per essersi opposta ai provvedimenti del suo predecessore mentre occupava il proprio incarico nel capoluogo lombardo, ma si è anche vantata per aver effettuato ben 127 sgomberi nello stesso periodo.
In conclusione, le nostre aspettative circa il governo Conte II non sono affatto rosee, anche perché le forze che compongono il nuovo esecutivo non sembrano mettere in primo piano quelli che invece dovrebbero essere argomenti fondamentali, come la questione ambientale ed il lavoro. Il nuovo governo non sembra essere intenzionato ad operare una svolta in termini di rinuncia all’energia proveniente dai combustibili fossili, né parrebbe avere una strategia precisa per combattere contro le piaghe della disoccupazione giovanile e della strage delle morti sul lavoro. Di uscita dall’Unione Europea e dalla NATO, poi, nemmeno a parlarne.
LA SQUADRA DEL GOVERNO CONTE II
Presidente del Consiglio dei ministri – Giuseppe Conte
Affari esteri e cooperazione internazionale – Luigi Di Maio (M5S)
Interno – Luciana Lamorgese (indipendente)
Giustizia – Alfonso Bonafede (M5S)
Difesa – Lorenzo Guerini (PD)
Economia e finanze – Roberto Gualtieri (PD)
Sviluppo economico – Stefano Patuanelli (M5S)
Lavoro e politiche sociali – Nunzia Catalfo (M5S)
Politiche agricole, alimentari e forestali – Teresa Bellanova (PD)
Ambiente e tutela del territorio e del mare – Sergio Costa (indipendente)
Infrastrutture e trasporti – Paola De Micheli (PD)
Istruzione, università e ricerca – Lorenzo Fioramonti (M5S)
Beni, attività culturali e turismo – Dario Franceschini (PD)
Salute – Roberto Speranza (LeU)
Rapporti con il Parlamento – Federico D’Incà (M5S)
Innovazione tecnologica e digitalizzazione – Paola Pisano (M5S)
Pubblica amministrazione – Fabiana Dadone (M5S)
Affari regionali e autonomie – Francesco Boccia (PD)
Sud – Giuseppe Provenzano (PD)
Politiche giovanili e sport – Vincenzo Spadafora (M5S)
Pari opportunità e famiglia – Elena Bonetti (PD)
Affari europei – Vincenzo Amendola (PD)