Legionario Gabriele D’Annunzio con i suoi legionari


Francesco Cecchini


Centanni fa Gabriele DAnnunzio partendo da Ronchi entrò con un drappello di arditi a Fiume, oggi Rijeka, città croata. Una storia non ancora conosciuta del tutto. Il 23 marzo del 1919, a Milano, Mussolini fondò i fasci di combattimento, e sempre in tale anno finanziò limpresa di Fiume raccogliendo quasi tre milioni di lire. Gabriele D’Annunzio fu uno dei primi firmatari del manifesto degli intellettualli fascisti e prima di partire per Fiume aveva scritto a Benito Musolini : “domattina prenderò Fiume con le armi”. In una lettera successiva, DAnnunzio informò che parte della somma raccolta era stata utilizzata per finanziare lo squadrismo a Milano, e invitò Mussolini a fare suo il motto degli autoblindo di Ronchi: “Mio caro Benito Mussolini, …
Contro ai denigratori e ai traditori fate vostro il motto dei miei autoblindo di Ronchi, che sanno la via diritta e la meta prefissa.
Fiume dItalia, 15 febbraio 1920 Gabriele DAnnunzio.”
DAnnunzio, così si esprimeva parlando dei croati: ” Il croato lurido, sarrampicò su per le bugne del muro veneto, come una scimmia in furia, e con un ferraccio scarpellò il Leone alato oppure (…) quellaccozzaglia di Schiavi meridionali che sotto la maschera della giovine libertà e sotto un nome bastardo mal nasconde il vecchio ceffo odioso…” (dalla Lettera ai Dalmati) e nel Gli ultimi saranno i primi. Discorso al popolo di Roma nellAugusteo, 4 maggio 1919: «Fuori la schiaveria bastarda e le sue lordure e le sue mandrie di porci!»
Benito Mussolini in sintonia con Gabriele D’Annunzio così si esprimva nel 1920 durante un viaggio nella Venezia Giulia: “Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. Io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani.” Queste le parole esplicite, pronunciate da Mussolini durante un viaggio nella Venezia Giulia nel settembre del 1920. Come si può notare, cè piena sintonia con il linguaggio, lo stile e lintento dannunziano.
Un ‘impresa, quindi, quella di Fiume dipinta di razzismo nero e premessa di quello che combinò il fascismo in Istria: imposizione della lingua italiana a popolazioni di madre lingua croata o slovena, un vero e proprio genocidio culturale, persecuzione delle etnie croate o slovene. Etnie che venivano tenute sottomesse agitando le foibe. Troviamo infatti in un libro di testo in uso nelle scuole della regione durante il ventennio fascista questa poesiola molto educativa:
Fioi mii, chi che ofende Pisin, la pagherà: In fondo alla Foiba Finir el dovarà.
Che riprende una canzone riportata nel libro Trieste. La fedele di Roma del 1919
A Pola xe lArena, La Foiba xe a Pisin che i buta zò in quel fondo chi ga zerto morbin.
Ronchi di Monfalcone, divenne Ronchi dei Legionari, grazie alla spedizione capeggiata da Gabriele Dannunzio e sfociata nelloccupazione militare di Fiume. “In nome di tutti i morti per lItalia giuro di essere fedele alla Causa Santa di Fiume, non permetterò mai con tutti i mezzi che si neghi a Fiume lannessione completa ed incondizionata allItalia. Giuro di essere fedele al motto: Fiume o morte.” Fu il giuramento a Ronchi di venti ufficiali e, duecentoventidue soldati. Fu il fascismo a dare a Ronchi di Monfalcone il nome di Ronchi dei Legionari.
Ronchi però ha avuto un ruolo più importante che il giuramento dei legionari che invasero Fiume. E’ Medaglia d’Argento per il suo ruolo nella Resistenza contro i nazisti e i fascisti. La popolazione di Ronchi partecipò massicciamente alla Resistenza: dei 175 ronchesi caduti nel corso della seconda guerra mondiale, 147 erano partigiani. Motivazione della Medaglia d’Argento: «Già duramente provato dalle operazioni nel primo conflitto mondiale e, forte delle sue tradizioni di dignità civile e politica, reagendo con indomito coraggio alla lunga e crudele dittatura fascista, il popolo di Ronchi dei Legionari, pur se in condizioni di grave inferiorità tecnica e numerica, dopo l’8 settembre 1943, organizzò la Resistenza contro l’occupatore, impegnandolo in numerosi e cruenti scontri. Nel corso di venti mesi di lotta partigiana, malgrado persecuzioni, deportazioni nei campi di sterminio, distruzioni e torture, i Ronchesi furono tra i protagonisti della rinascita della Patria, lasciando alle future generazioni un patrimonio di elette virtù civili, di coraggio e di fedeltà agli ideali di giustizia. Ronchi dei Legionari, settembre 1943 – aprile 1945»
Il centenario dell’impresa di Fiume è un’ occasione per rendere giustizia storica a Ronchi togliendo il Dei Legionari e magari aggiungendo Dei Partigiani. In questa direzione si sono già mossi da tempo l’ANPI e organizzazioni poitiche come Rifondazione Comunista.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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