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Cara Artemisia, che piacere rivederti. Non sapevo fossi tornata a Roma.

Cavalier Ripa, sono arrivata pochi mesi fa. Non ci siamo ancora sistemati.

Ormai faccio vita ritirata, so davvero poco di quello che succede in città.

Per fortuna oggi avete fatto un’eccezione.

Come potevo rifiutare  un invito del cardinale Borghese? E poi per la festa per celebrare l’elezione del nuovo pontefice.

Conoscete papa Ludovisi?

Il primo papa a essere educato dai gesuiti. L’ho conosciuto ai tempi in cui era segretario del cardinal Rusticucci. Poi l’ho perso di vista quando è tornato a Bologna. Comunque un vero uomo di chiesa.

E questo sarebbe un pregio o un difetto? 

Il cavalier Ripa si limita a sorridere.

Il sacro collegio ha deciso piuttosto velocemente, sono bastati due giorni di conclave.

Misteri dello Spirito Santo. E poi il conclave è stato convocato in fretta: mancavano diversi cardinali francesi e un bel po’ di spagnoli. Neppure il Borromeo è riuscito ad arrivare in tempo da Milano. Con Aldobrandini moribondo, e Bellarmino che si è subito ritirato, Montalto e Borghese sono riusciti ad accordarsi velocemente. Hanno scelto un papa vecchio. Credo però che dovrebbero fare attenzione: sono sempre quelli che riservano maggiori sorprese.

Ma dimmi di te, cara Artemisia, so che ormai non sei più solo la figlia di Orazio. A Firenze hai fatto ottime cose.

Sarò sempre la figlia di Gentileschi, specialmente qui a Roma. Questa città mi è matrigna, ma qui per un artista è più facile lavorare. E sono dovuta tornare. Anche se adesso temo dovremo subire la concorrenza dei bolognesi. So che il nuovo papa ama molto Domenico Zampieri e Giovanni Francesco Barbieri.

Ma il papa è uno, cara Artemisia, e non dispone di molti denari o almeno non può spenderli con la libertà con cui si crede. E soprattutto è già papa. Invece i cardinali sono un centinaio e hanno parecchi soldi da spendere. E vogliono diventare papi. Vedrai che riuscirai ad avere buone commesse.

Spero di non dover sopportare più le malelingue. Voi, cavaliere, siete stato tra i pochissimi che anche allora, durante il processo, siete stati vicini a mio padre e a me. Ora devo chiedere commesse a quelli che allora mi hanno chiamato puttana.

Roma è una città di preti, e le donne per loro o sono sante o sono puttane.

Io non ho mai voluto essere una santa.

Il problema è che tu hai voluto essere una pittrice. E comunque non preoccuparti troppo: Roma è una città che non ha memoria. Non è sempre un bene, ma almeno per te è meglio così. Oggi tu sei affermata, fai parte dell’Accademia del disegno di Firenze. Il cardinal Borghese ha invitato te e non Tassi. Approfitta dell’ipocrisia di questa città.

Siete diventato cattivo, cavaliere.

Sono diventato vecchio.

Vorrei dipingere un’allegoria della pittura. Ho riguardato l’immagine che voi avete disegnato nell’Iconologia. 

So che a Firenze, per il Buonarroti, hai dipinto un’allegoria dell’inclinazione, e che sei stata parecchio audace, mia giovane amica. Temo che metteranno le “braghe” anche a lei.

Ma non avevo un vostro modello a cui ispirarmi.

Immagino vorrai farti un ritratto. La vanità è un peccato a cui voi pittori non sapete proprio resistere. Temo però che nella mia allegoria ci sia un particolare che tu non vorrai proprio riprodurre.

Artemisia Gentileschi ha effettivamente dipinto quell’allegoria della pittura. Ma diciotto anni dopo che era tornata a Roma, quando era stato eletto papa Gregorio XV. E lo ha realizzato molto lontano dalla Città eterna, a Londra, dove era arrivata chiamata da re Carlo I, di cui suo padre era pittore di corte. Nel frattempo erano morti sia papa Ludovisi – era cominciato il lungo regno di Urbano VIII – sia il cavalier Cesare Ripa, l’autore della monumentale Iconologia overo Descrittione di diverse Imagini cavate dall’antichità et di propria inventione.

Probabilmente è morto anche suo padre da pochi giorni, quando Artemisia decide di realizzare infine quell’opera. Conosce bene l’immagine di Ripa, la donna che porta una lunga collana d’oro che termina con un medaglione a forma di maschera, con indosso un vestito di colore cangiante, e tiene in mano tavolozza e pennello. Nel dipinto di Artemisia la donna sta lavorando, sta realizzando un quadro, che dobbiamo immaginare piuttosto grande, visto che il braccio destro si deve alzare parecchio. Ovviamente la figura non ha la fissità di quella dell’Iconologia di Ripa: nel frattempo c’è stato Caravaggio. Artemisia ha quarantasei anni quando dipinge quella tela, si raffigura con i capelli più scuri dei suoi, per adeguarsi all’allegoria di Ripa, e un po’ più giovane di quanto sia realmente. Sembra la giovane a cui Orazio Gentileschi ha insegnato a mescolare le polveri, a creare i colori, a dipingere, la giovane che tutta Roma ha chiamato “puttana” solo perché ha deciso di denunciare l’uomo che l’ha stuprata, la giovane a cui sono stati legati e schiacciati i pollici per dimostrare nel processo che lei, la vittima, stava dicendo la verità. C’è solo un particolare dell’allegoria di Cesare Ripa che Artemisia non ha intenzione di replicare: quella donna ha una benda sulla bocca, perché la pittura è muta. Artemisia non vuole dipingere quella benda. Nella vita ha imparato a non tacere. Mai.

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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