Ai blocchi di partenza

Il 3 febbraio 2020 è una data segnata in rosso sul calendario politico americano. Il partito democratico, infatti, apre la corsa per le presidenziali.

A novembre gli Stati Uniti saranno chiamati a scegliere se proseguire 4 more years con Donald Trump o invertire la rotta affidandosi ad una guida dem per la Casa Bianca, per il Paese, probabilmente pure per il mondo, sebbene l’egemonia a stelle e strisce non sia più quella di qualche anno fa. Il partito democratico, com’è noto, fa scegliere ai propri elettori chi candidare. Le primarie sono una sfida interna ai dem, servono a identificare il candidato a presidente e, storicamente, iniziano con il caucus in Iowa.

Destinazione Iowa

Nel profondo Midwest americano, ben lontano dalle destinazioni turistiche delle grandi metropoli, dei parchi o delle altre dozzine di meravigliose sfaccettature che gli States possono donare al visitatore, si trova uno Stato di poco più di tre milioni di abitanti (circa l’1% della popolazione americana), l’85% per cento dei quali bianco, anglosassone e protestante, WASP come direbbero in un’aula di cultura angloamericana.

Nonostante lo Stato rappresenti una porzione così piccola della popolazione, molti analisti lo considerano, senza mezzi termini, uno degli appuntamenti più decisivi della campagna democratica, a causa del non sottovalutabile momentum, ovvero quello slancio di cui può godere il candidato vincitore del primo appuntamento elettorale. Dal 1972 ad oggi, ben 7 su 10 candidati dem a trionfare a Des Moines, capitale dello Iowa, hanno poi ottenuto la nomination nazionale.

Una sfida contesa

La corsa, nel partito democratico, appare davvero aperta. I candidati rimasti in lizza per la nomination sono ben 12, 6 dei quali appaiono potersela giocare in maniera più concreta. Il 3 febbraio, giornata nella quale è più che possibile che l’America parli più del Superbowl a Miami che del partito democratico, rappresenterà solo la prima tappa del percorso delle primarie, una maratona che terminerà solo in luglio, tra il 13 e il 16, quando andrà in scena la Democratic National Convention che nominerà lo sfidante di Donald Trump in maniera ufficiale.

Ad onor di cronaca, anche i repubblicani intraprenderanno un percorso di primarie che partirà dall’Iowa ma è francamente piuttosto insensato parlare di Bill Weld e Joe Walsh, figure minori candidate alla nomination del Great Old Party, poiché nessuno dei due appare poter dare qualche pensiero a Donald Trump, il quale cavalcherà una lunga onda fino all’ottenimento della nomination per l’eventuale secondo mandato.

I favoriti

I sondaggi politici sono ultimamente diventati una sorta di chimera, non si sa più quanto possano essere attendibili. Prima di chiudere e dare appuntamento a chi legge all’analisi del voto in Iowa che occuperà questo spazio dopo il caucus, è però necessario consultarli, per avere un’idea delle dinamiche attuali.

L’uomo da battere per i dem è l’ex vice di Barack Obama, Joe Biden, naturale frontrunner di queste primarie; eppure i sondaggi lo danno per sconfitto in Iowa, dietro il senatore del Vermont, Bernie Sanders, esponente del partito socialista americano, una frangia democratica che ha sempre contato ben poco nella terra del maccarthismo e della paura dei rossi; ultimamente però l’American Socialist Party è popolarissimo, grazie alle sue posizioni ecologiche, inclusive e anti-establishment che Sanders urla ai comizi e Alexandria Ocasio-Cortez diffonde su Twitter, l’agorà politica di un’America nella quale hanno più seguito (e dunque consenso e voti) le twitstar dei politici navigati.

Sanders potrebbe vincere l’Iowa e approfittare di quel momentum di cui abbiamo scritto poc’anzi. Biden, espressione della stessa classe politica che presentò una candidata come Hillary Clinton 4 anni fa, ottenendo quel che sappiamo, potrebbe subire una battuta d’arresto al primo appuntamento, forse foriera di nefasti presagi per il prossimo futuro. Gli USA, che spettacolarizzano qualunque cosa, hanno reso da tempo le loro elezioni una sorta di serie tv immersiva, da seguire con partecipazione ed immersione. Chissà che questo show non ci regali un colpo di scena finale inatteso: chissà che non sia proprio Bernie il candidato a duellare con Trump e tutto quello che l’antipatico miliardario rappresenta.

Di Mattia Mezzetti

Mattia Mezzetti. Nato nel 1991 a Fano, scrive per capire e far capire cosa avviene nel mondo. Crede che l’attualità vada letta con un punto di vista oggettivo, estraneo alle logiche partitiche o di categoria che stanno avvelenando la società di oggi. Convinto che l’unica informazione valida sia un’informazione libera, ha aperto un blog per diffonderla chiamato semplicemente Il Blog: http://ilblogmm.blogspot.it.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy