Frau Kammerer? È in casa?

Giulio, mentre bussa piano alla porta, sa benissimo che la moglie del ciabattino è in cucina: come ogni giorno sente gli strilli dei suoi tre bambini.

Le presento mia sorella Adelaide.  

La ragazza sorride. Spero perdonerà il mio pessimo tedesco, frau Kammerer.

Sono passati appena pochi minuti. Giulio se n’è già andato, il signor Klemper al guantificio gli ha concesso di assentarsi solo il tempo necessario per andare a prendere la sorella in stazione. E Adelaide si ritrova seduta in quella cucina che non ha mai visto, in una città che non ha mai visto, con in braccio un bambino che non ha mai visto, che però ha smesso di piangere. Con il suo fare spiccio, la signora Kammerer le ha messo davanti una scodella di zuppa calda.

Il “gineceo” del numero 14 della Spiegelgasse si è riunito per dare il benvenuto alla nuova pigionante italiana. C’è naturalmente la padrona di casa, la moglie di Titus Kammerer, che fa il ciabattino al pianterreno della casa accanto e che Adelaide ha visto di sfuggita, c’è la vedova Rosenthal – suo marito è morto all’inizio della guerra sul fronte francese e lei è tornata a Zurigo con i suoi due figli piccoli – e c’è Nadja Ulianova. I Kammerer sanno solo che suo marito è un esule russo, ma non cosa faccia di preciso. Adelaide invece sa che quell’esule è conosciuto dalle polizie di tutta Europa con il nome di Lenin. E anche Nadja sa che quella ragazza è la sorella di un giovane comunista in clandestinità, non solo uno che è solo fuggito in Svizzera per evitare di partire soldato. Comunque Titus Kammerer non è uno che fa troppe domande quando affitta una delle stanze di casa sua: ormai Zurigo è un porto di mare, sono arrivati esuli da ogni parte d’Europa. I pensionanti comunque si trovano bene: l’affitto è basso e le stanze sono luminose e dignitose, se non fosse per la puzza che sale dal cortile, su cui si affaccia anche una fabbrica di würstel.

Le tre donne fanno molte domande alla giovane appena arrivata, vogliono sapere dell’Italia. Adelaide non sa molto dell’Italia, parla di San Giovanni in Persiceto, il suo paese, spiega cosa sia la partecipanza, racconta gli anni difficili della guerra, dopo che suo fratello è venuto in Svizzera. E ora che loro madre è morta, Adelaide ha deciso di seguire il fratello.

Allora, com’è la nuova italiana? Chiede Titus quella sera alla moglie.

Carina, e ci sa fare con i bambini. Vorrei chiederle di darmi una mano con loro. Gli potremmo abbassare un po’ l’affitto.

Adelaide è proprio brava con i bambini, anche la signora Rosenthal ha cominciato ad affidarle i figli e così la giovane italiana è diventata la tata semi-ufficiale del numero 14 della Spiegelgasse.

Vladimir Il’ič torna a casa per pranzo tutti i giorni, dopo aver passato la mattina alla Biblioteca centrale sulla Zähringerplatz.

Certo che da quando c’è questa compagna italiana, c’è molto più silenzio in questo casa.

La signora Rosenthal, grazie al fatto che adesso Adelaide pensa ai bambini, aiuta una sarta che ha la bottega di fianco a quella di Titus. In quei giorni freddi di febbraio spesso la mattina rimangono tutte a casa. Ethel cucina – e insegna anche a Nadja – la vedova cuce e Adelaide canta e gioca con i bambini. Dopo pranzo, nei giorni di sole, li porta a passeggiare per le strade di Zurigo. Il signor Kammerer le ha portato una lunga corda, lei la lega al polso dei bambini e finalmente escono, cantando filastrocche in tedesco, in italiano, in francese. Ormai quel “corteo” è diventato popolare sulla Spiegelgasse.

Sul minuscolo palcoscenico del Cabaret Voltaire, al numero 1 della Spiegelgasse, mentre un musicista con la fisarmonica intona la Marsigliese, compare Tristan Tzara, con indosso un’elegante marsina nera e un pannolino come hanno i neonati. Lo segue Hugo Ball che indossa una giacca militare, con appuntate molte medaglie di cartone, e due grossi favoriti posticci; anche lui porta il pannolino. Intanto il fisarmonicista ha attaccato le prime note di Deutschland über alles. I due “bambini” si accapigliano per una bambola, mentre arrivano sul palco altri due attori con il pannolino, uno porta la corona e uno due grandi bassette bianche; sono preceduti rispettivamente dall’inno inglese e da quello austriaco. Finalmente arriva la “tata”, che imbraccia un fucile e indossa un elmetto. Mentre i “bambini” ancora frignano, Emmy Hennings con gesti lenti e studiati, tira fuori una corda, la lega al polso di ciascuno dei “bambini”, si mette il fucile a tracolla e cantando una canzonaccia da osteria, li porta fuori per una passeggiata. Il pubblico segue ridendo quel corteo.

I signori Kammerer sono ormai abituati agli schiamazzi che vengono dal Cabaret Voltaire, ma quella sera sembra proprio che siano sotto le loro finestre. Il ciabattino si alza, indossa la vestaglia e scosta la finestra. Sono proprio lì sotto e quando vede quella scena non crede ai propri occhi.

Helga, vieni a vedere. E chiama gli italiani.

continua…

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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