Dopo rimandi, dibattiti e battibecchi parlamentari, la Polonia si è recata alle urne per eleggere il proprio presidente: si andrà al ballottaggio fra l’uscente Andrzej Duda e il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski. Analizziamo la situazione con Izabela Desperak

Da molti salutato come un netto progresso rispetto alla situazione politica degli scorsi anni, il ballottaggio alle elezioni presidenziali polacche fra il presidente uscente Andrzej Duda (43,50%), del partito di maggioranza Prawo i Sprawiedliwość, e il sindaco della capitale Varsavia Rafał Trzaskowski (30,46%), della coalizione “liberale” Platforma Obywatelska, nasconde invece evoluzioni politiche che sembrano tendere sempre più a destra e ridurre lo spazio di agibilità e partecipazione dal basso. Sullo “sfondo”, la crisi sanitaria dovuta alla Covid-19 che viene utilizzata per aumentare la repressione nei confronti di chi manifesta il proprio dissenso. Ne abbiamo parlato con Izabela Desperak, docente presso l’Università di Łódź e attivista femminista che ha al suo attivo numerose ricerche e pubblicazioni sui movimenti per i diritti delle donne in Polonia.

Andrzej Duda costretto al ballottaggio contro il candidato dell’opposizione Rafał Trzaskowski. L’egemonia del Pis si sta incrinando?

A me sembra che invece stia cambiando poco negli equilibri fra il partito di Kaczyński e la coalizione di Platforma Obywatelska, che sono in fondo due forze di destra conservatrice seppure con diverse sfumature. Non ripongo alcuna fiducia nel fatto che un’eventuale vittoria di Trzaskowski possa garantire politiche maggiormente eque e inclusive dal punto di vista dei diritti Lgbt e delle donne e dei diritti sociali in generale.

Al contrario, sono spaventata dalla percentuale ottenuta da Krzysztof Bosak, a capo di una coalizione in tutto e per tutto nazionalista e fascista.

La sua è stata una campagna elettorale molto elaborata, che dai toni antisemiti iniziali è andata via via modificandosi fino a rendersi più “accettabile”, almeno di facciata, e ha conquistare un 7% che è decisamente oltre le aspettative. La direzione mi sembra chiara: il leader di Konfederacja punta a scavalcare l’egemonia degli stessi Kaczyński e Duda per mettersi a guida delle forze di destra.

Di fatto, in questo momento, nel nostro paese assistiamo a un dominio della destra e dell’ultradestra. L’alleanza di sinistra, sebbene sia riuscita nelle precedenti elezioni a entrare in Parlamento, fatica a esprimere un qualche tipo di progetto in cui le persone possano credere e identificarsi.

Katarzyna Czerwińska da Wikimedia.commons

L’emergenza Covid-19 non ha messo in discussione la narrazione del partito di governo e in generale della destra?

Al contrario, in merito alla gestione della pandemia si è dispiegata una forte propaganda governativa che ha puntato molto sul confronto con le altre nazioni. Kaczyński e i suoi sono riusciti a diffondere nella popolazione la convinzione che la Polonia si sia comportata in maniera egregia nella lotta al virus, facendo meglio di altre nazioni come l’Italia o la vicina Bielorussia. Attraverso questa strategia, dunque, è stata obliterata ogni discussione seria e approfondita sulle conseguenze dell’emergenza che potessero mettere in crisi la narrativa del Pis, come per esempio la disoccupazione.

Ma quel che è ancora più grave è che l’emergenza sanitaria e il lockdown sono stati utilizzati per limitare qualsiasi iniziativa dal basso e di natura sociale.

La regolamentazione statale è stata applicata in maniera spesso sproporzionata e la partecipazione alle pur poche manifestazioni che si sono svolte è stata scoraggiata in tutti i modi. Basti pensare che nel caso di alcune proteste si è verificata la schedatura di tutti i presenti con conseguenti denunce nemmeno per motivazioni politiche, ma per ragioni di sicurezza sanitaria. Per i movimenti, i tentativi di far politica online si sono rivelati il più delle volte davvero inefficaci.

Quale dovrebbe allora essere il ruolo della politica dal basso in questa fase?

È difficile aspettarsi grandi momenti di protesta. La maggior parte dell’energia politica è stata assorbita dalle elezioni, che però hanno ribadito il dominio della destra e dell’ultradestra. Dal mio punto di vista, ora, le forze dell’attivismo dal basso – che in questo paese si è espresso soprattutto attraverso le “Proteste nere” prima, le marce per i diritti Lgbt poi e ultimamente con iniziative a sostegno di Black Lives Matter – sono davvero esigue.

I pensieri delle persone sono orientati soprattutto dalla “paura”: paura di perdere il lavoro, di subire conseguenze dell’emergenza sanitaria ed economica, di contraddire l’egemonia di discorso del governo e dei partiti di destra.

Le stesse coalizioni della politica rappresentativa non riescono a smarcarsi dal terreno di dibattito imposto dal Pis: si è accettato di confrontarsi su un’assurda e ignobile discussione relativa alla legittimità o meno dei diritti Lgbt, discussione peraltro costruita ad arte per sviare l’attenzione dagli scandali inerenti alla pedofilia nella Chiesa Cattolica. In tutto ciò, alcuni candidati sono pure tornati a proporre il divieto totale di interruzione di gravidanza. Davvero, mi pare che si vada verso un rafforzamento delle posizioni conservatrici.

Eppure, almeno le grandi città sembrano assumere un orientamento più liberale…

Esiste certamente una differenza fra grossi centri urbani e piccole città o campagne, in termini di orientamento di voto e di sensibilità rispetto ad alcuni temi. Ma è in generale l’attitudine verso la politica a svilupparsi in maniera diversa: la concentrazione di attività alternative di partecipazione, la presenza di militanti sul territorio e la quantità di eventi e contesti in cui poter esprimere il proprio dissenso variano radicalmente da zona a zona, rasentando lo zero nelle aree maggiormente periferiche.

Credo che in questo abbiano giocato anche degli errori compiuti dai movimenti: spesso si è forse avuto troppo “pudore” a considerare le proprie azioni come gesti direttamente politici, presentandole invece come iniziative di stampo esclusivamente sociale, oppure si è esagerato nel caratterizzare le proprie proteste come posizionamenti completamente anti-sistema.

Questo potrebbe aver contribuito ad alimentare un divario fra i politici e la politica a fronte del resto della popolazione, che io vedo sinceramente allargarsi sempre di più.

Fra le intenzioni di voto che mostrano un dominio quasi totale della destra, l’emergenza sanitaria utilizzata per aumentare la repressione e una sorta di scoramento generalizzato nelle forze dal basso, si fatica a vedere un’alternativa allo stato di cose presente. Sembra di essere tornati ai regimi del passato.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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