Sotto la guida di Recep Tayyip Erdoğan, primo ministro tra il 2013 ed il 2014 e presidente dal 2014, la Turchia ha progressivamente rafforzato il proprio ruolo di potenza regionale nel Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale. Il “sultano” di Ankara, come noto, sta mettendo sempre più a repentaglio le caratteristiche della Turchia laica e secolarizzata fondata da Mustafa Kemal Atatürk quasi un secolo fa, ed allo stesso tempo ha scoperto in maniera sempre più decisa le proprie carte in materia di politica estera, rivelando le ambizioni imperialiste della Turchia anche al di là della sua tradizionale sfera d’influenza.
Gli eventi bellici in Siria e Libia hanno favorito i piani di Erdoğan, che non ha avuto timori nel seguire una linea differente, quando non opposta, rispetto a quelli che dovrebbero essere i suoi alleati della NATO. Ankara ha utilizzato le ondate migratorie provenienti dalla Siria e da altri Paesi mediorientali come forma di ricatto nei confronti dell’Europa, ed ha dato vita ad un tira e molla di relazioni con la Russia di Vladimir Putin, a seconda degli interessi del momento. In realtà, la Turchia ha dimostrato di essere un partner inaffidabile tanto per la NATO quanto per Mosca, e di perseguire unicamente i propri obiettivi anche in barba agli accordi presi in precedenza. Come noto, al momento la Turchia occupa ampie aree della Siria settentrionale, dove il suo esercito è stato accusato di portare avanti una pulizia etnica ai danni delle popolazioni curde, mentre in Libia l’intervento militare turco è stato decisivo per sancire, almeno al momento, la vittoria di Fayez al-Sarraj ai danni del suo rivale per la conquista del potere a Tripoli, il generale Khalifa Haftar.
Le vicende più recenti riguardanti l’espansionismo turco nel Mar Mediterraneo hanno ulteriormente riacceso la miccia della storica rivalità con la Grecia, già riemersa per via della controversa gestione dei flussi migratori da parte di Ankara. Di recente, il governo turco ha annunciato l’inizio dell’esplorazione dei fondali al largo dell’isola greca di Kastellorizo, al fine di sfruttarne i giacimenti di gas naturale. La piccola isola, di appena dodici chilometri quadrati, si trova di fronte alla provincia turca di Antalya, essendo una delle isole greche più orientali. Episodi simili erano già accaduti all’inizio degli anni 2000, quando la Turchia iniziò le esplorazioni al largo dell’isola di Cipro, storico oggetto del contendere tra greci e turchi.
Dal punto di vista di Ankara, tali movimenti sono una risposta agli accordi esistenti tra gli altri stati della regione per lo sfruttamento congiunto delle risorse dei fondali marini. Ad inizio anno, infatti, la Grecia ha stipulato un accordo con Cipro ed Israele per la costruzione di un gasdotto, noto come EastMed, che collegasse i giacimenti israeliani di Tamar e Leviathan alle isole di Cipro e Creta, per poi approdare alla Grecia continentale.
Inoltre, la Turchia ha da tempo formulato delle rimostranze circa la delimitazione delle acque territoriali e delle cosiddette zone economiche esclusive (ZEE) delle varie isole greche che si trovano non troppo distanti dalle coste dell’Anatolia: la definizione di tali confini risulta fondamentale dal momento in cui all’interno delle proprie ZEE uno Stato può rivendicare l’accesso esclusivo alle materie prime ai sensi del diritto internazionale. Potenzialmente, la Grecia potrebbe rivendicare una ZEE del raggio di duecento miglia nautiche per tutte le sue isole, circondando di fatto le coste della Turchia. Ankara, dal canto suo, rifiuta tout court l’esistenza delle ZEE per le isole greche, ignorando anche quelle che circondano isole di grandi dimensioni, compresa Creta. Nel caso di Kastellorizo, in particolare, la Turchia ritiene che l’isola sia troppo piccola per poter rivendicare una ZEE, mentre la Grecia afferma il contrario.
In risposta all’accordo tra Israele, Cipro e Grecia, la Turchia ha recentemente stipulato un accordo con il governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, quello di Fayez al-Sarraj, circa l’unificazione delle ZEE dei due Paesi. Il piano deciso da Ankara e Tripoli, tuttavia, ignora provocatoriamente l’esistenza delle isole greche del Mar Egeo, compresa quella di Creta, e dell’isola di Cipro, ed è stato respinto dai governi di Atene e di Nicosia.
Dispute circa le ZEE si sono verificate sia nel passato che nel presente anche con Cipro, visto che la Turchia ritiene di avere il diritto di sfruttare i fondali attribuibili alla ZEE della Repubblica Turca di Cipro del Nord, lo stato indipendente riconosciuto unicamente da Ankara. Dal canto suo, il governo di Nicosia, quello riconosciuto dalla comunità internazionale e membro dell’Unione Europea, ritiene le operazioni turche come una violazione della propria sovranità.
Tale situazione sta creando gravi tensioni sia nell’ambito della NATO, visto che sia la Grecia che la Turchia sono membri dell’Alleanza Atlantica, che in quello dell’Unione Europea. All’interno dell’UE, infatti, la Grecia e Cipro hanno chiesto agli altri Paesi membri di applicare sanzioni nei confronti della Turchia, ottenendo il sostegno della Francia, che recentemente ha avuto non poche tensioni diplomatiche con il governo di Erdoğan. Al contrario, la Germania non vede di buon occhio un inasprimento delle relazioni con Ankara, ospitando la più grande comunità turca in Europa. Per il momento, dunque, la disputa tra Grecia e Turchia sembra lontana da una soluzione, con Erdoğan che ha dichiarato che le operazioni turche nelle acque di Kastellorizo proseguiranno fino al 2 agosto.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog