Libertà è la sola cosa che il Kashmir vuole. Negarla è illusione.


Francesco Cecchini


Arundhati Roy è fra gli intellettuali più determinati e originali del nostro tempo. Naomi Klein
Già nel lontano 2008 Arundhti Roy aveva pubblicato su Guardian e su Outlook un articolo dal titolo Azadi, che concludeva così:
L’ India ha bisogno dell’ azadi dal Kashmir quanto, se non ancor di più il Kashmir ha bisogno dell’ azadi dall’ India.
L’ India è un Universo composto da molti Pianeti, difficile da conoscere per intero. Chi cononosce Bombay, magari non conosce Calcutta, chi conosce il Kerala, non conosce il Punjab. E così via. Il contributo di Arundhati Roy, con i suoi romanzi e i suoi saggi, alla conoscenza dell’ Universo India è insostituibile, anche se lei chiama il proprio Paese non un Universo, ma un Continente per le diverse lingue, 23 lingue e 2000 dialetti, religioni, tradizioni ed etnie, che vive simultanemente secoli differenti. Comunque, Universo o Continente la sostanza è la stessa.
“Azadi: libertà, fascismo, fiction all’ epoca del coronavirus”, è una raccolta di saggi, articoli, nove più l’ introduzione, scritti da Arundhati Roy tra il 2018 e il 2020, due anni che in India sono stati molto densi di avvenimenti.
Azadi è una parola di origine persiana, che in molte lingue asiatiche significa libertà. Questa parola è stata utilizzata prima come inno della rivoluzione iraniana, poi di una parte del movimento femminista indiano degli anni Settanta e Ottanta. Da trent’ anni è lo slogan della lotta per la libertà nel Kashmir contro l’ occupazione indiana. Viene però gridato anche in India contro l’ induismo estremo di Narendra Modi, che opprime i poveri e i mussulmani. Azadi quindi anche dall’ Hindutva, dal BJP e da Narendra Modi, il primo ministro che divide tutto e tutti.
Dal glossario di “Un mio cuore sedizioso”.
Hindutva, ideologia che mira al rafforzamento dell’ identità indù e alla creazione di uno stato indù, sostenuta dal BJP, dallo Shiv Sena e da altri partiti settaristi.
BJP, Bharatiya Janata Party, letteralmante Partito del Popolo Indiano. Abbraccia un’ ideologia nazionalista indù e il suo sostegno si concentra principalmente nell’ area settentrionale dell’ India. Dopo le elezioni del 2014 è diventato il partito più forte della coalizione di governo.
La libertà che Arundhati Roy vuole per l’ India è quella che permetta di sconfiggere le oppressioni, gli sfruttamenti, gli odi, i fascismi, la fame e la povertà.
In Azadi vi è molto Kashmir. Arundhati Roy è una militante storica per l’ indipendenza del Kashmir, che non è né India, né Pakistan, ma Kashmir. Per evitare la sua indipendenza l’ India ha invaso miltarmente il Kashmir, facendone il territorio più militarizzato del mondo, un soldato indiano ogni 20 kashmiri, circa. Con un alto prezzo in vite umane, solo dal 1990 sono state uccise settantamila persone, senza contare le migliaia di persone scomparse, torturate o mutilate.La storia del Kashmir è una storia drammatica, macchiata di sangue
Inoltre nell’ agosto 2019 l’ India ha abrogato l’ articolo 370 della costituzione, che garantiva al Kashmir una speciale autonomia, assieme all’ art. 35A, che impediva a cittadini provenienti da altri stati dell’ India di comprare proprietà in India. In seguito alle proteste per questo atto arbitrario di Narenda Modi sono stati messi in prigione molti leader politici e centinaia di kashmiri.
Arundhati Roy ha sottolineato che tradizionalmente in Kashmir i rapporti tra mussulmani kashmiri e indiani induisti sono sempre stati buoni, racontando che i migliaia di pellegrini induisti che ogni estate visitavano la grotta sacra di Amarnath,a circa 3880 metri di altezza, dove si trova una stalattite considerata dai fedeli un lingam del dio Shiva, rimanevano colpiti dall’ accoglienza e dall’ ospitalità dei kashmiri.
Nell’ India attuale la cattiveria di Narendra Modi e la mancanza di azadi colpisce, innanzitutto, i mussulmani. Prima del lockdown del febbraio scorso contro la legge Citizenship Ammendmnt Act, che discrimina i mussulmani, proteste sono state soffocate nel sangue, vi sono stati decine di morti e centinaia di feriti. Inoltre la paura del contagio da Coronavirus ha aumentato l’ islamfobia, in quanto i mussulmani sono considerati untori.
Tutto ciò avviene in presenza dell’ epidemia da coronavirus, che si sta diffondendo non solo in India, ma in tutto il mondo. Arundhati Roy affronta il tema nell’ ultimo capitolo di Azadi, La Pandemia è un Portale. Una tragedia, ma il messaggio è sostanzialmente positivo. Così conclude: ” E nel bel mezzo di questa tremenda disperazione, ci offre l’ opportunità di ripensare la macchina apocalittica che ci siamo costruiti. Niente sarebbe peggio che ritornare alla normalità. Storicamente le pandemie hanno costretto l’ umanità a rompere con il passato e a immaginare un mondo nuovo. Questa non fa eccezione. E’ un portale, un cancello tra un mondo nuovo e quello che verrà. Possiamo scegliere di attraversarlo trascinandoci dietro le carcasse dei nostri pregiudizi e del nostro odio, la nostra avidità, le nostre banche dati, le nostre idee vecchie, i nostri fiumi morti e i cieli color fumo. Oppure possiamo attraversarlo con bagaglio più leggero, pronti a immaginare un altro mondo. E pronti a lottare per ottenerlo.”
BREVE BIOGRAFIA DI ARUNDHATI ROY
Leggere Azadi, è anche utile per conoscere la vita di Arundhati Roy. Dove ha vissuto, ha studiato e ,innanzituttto, come ha iniziato a scrivere, come ha imparato i dialoghi, scrivendo un paio di sceneggiature, come ha scritto i suoi due romanzi.
Arundhati Roy è nata il 24 novembre 1961 a Shillong, precisamente al Welsh Mission Hospital, allora Assam, ma ora capitale del Meghalaia, che si trova nell’ India settentrionale a nord del Bangladesh. Dopo il divorzio dei genitori, bambina andò con la madre e il fratello Lalith prima in Kerlala e poi in Tamil Nadu. Terminate le scuole superiori in a sedici anni va a a Delhi dove si iscrisse alla facoltà di Architettura. Qui condivide gli studi con l’ architetto Gerard da Cunha, che sposa nel 1977 per poi divorziare. Dopo la laurea ha anche studiato restauro in Italia a Firenze. All’inizio della sua carriera, Roy lavora per la televisione e il cinema, come scenneggiatrice e anche come attrice nel film In Which Annie Gives It Those Ones. Il risultato di questa esperienza non fu però felice, anche per i contrasti con il regista Pradip Krishen, suo secondo marito dal quale divorzia. Dopo aver scritto una serie di articoli Arundhati Roy inizia a scrivere Il Dio delle piccole cose nel 1992 e lo conclude quattro anni dopo; il libro è semi-autobiografico e racconta molta dell’infanzia trascorsa ad Aymanam, in Kerala. Nel 1997 ottiene il Booker Prize e viene tradotto in 40 lingue. Dopo ha preferito concentrare la propria attività di scrittrice su questioni politiche e sociali. Tra i temi affrontati vi sono il progetto della Diga del Narmada, le armi nucleari dell’India, il fanatismo religioso induista, le attività della multinazionale Enron in India. Ha scritto poi, nel 2017 il suo secondo romanzo, “Il Ministero della suprema felicità.” Entrambi sono pubblicati in Italia da Guanda. Ha scritto numerosi articoli e saggi, tra i quali “In marcia con i ribelli” e “Il dio e il santo”. I più importanti sono raccolti in ” Il mio cuore sedizioso”, sempre pubblicato da Guanda.

Copertina del libro Azadi


CARTA D’ IDENTITA’.
Titolo: Azadi. Libertà, fascismo, fiction all’epoca del Coronavirus

Autore: Arundhati Roy

Editore: Guanda

Collana: Le fenici rosse

Pagine: 240

Prezzo: 18,00€

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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