Riceviamo e pubblichiamo

MRCE e CS promuovono l’appello internazionale per le prossime elezioni presidenziali in Ecuador

Il Movimiento Revolución Ciudadana Europa (MRCE) e Convergenza Socialista (CS) promuovono l’appello internazionale per le prossime elezioni presidenziali in Ecuador. Con questo appello chiediamo a tutti i partiti e a tutte le organizzazioni politiche socialiste e comuniste nel mondo di denunciare la destra imperialista e il Governo di Moreno, di sostenere il MRC, di monitorare le prossime elezioni e di creare una rete contro la prepotenza dell’imperialismo, fase suprema del capitalismo.

L’appello internazionale, qui sotto riportato in lingue diverse, avviato dal MRCE e da CS richiede il sostegno politico di tutte le organizzazioni socialiste e comuniste. Per essere aggiunti come organizzazione/partito alla lista dei firmatari, l’organizzazione interessata può scrivere a: info@convergenzasocialista.it

Per la classe lavoratrice.
Per socialismo e comunismo.

Convergenza Socialista

MOVIMENTO RIVOLUZIONE CITTADINA EUROPA (MRCE) – Ecuador

CONVERGENZA SOCIALISTA (CS) – Italia

promuovono

l’appello internazionale per le prossime elezioni presidenziali del 2021 in Ecuador  

sostengono

politicamente la Revolución Ciudadana (RC) e la classe lavoratrice dell’Ecuador

chiamano

a raccolta tutti i partiti e le organizzazioni politiche socialiste e comuniste contro il governo Moreno e la destra imperialista

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I partiti e le organizzazioni politiche socialiste e comuniste firmatarie di questo appello, preso atto della grave situazione economica e politica in Ecuador, contro le classi lavoratrici e gli strati più deboli della popolazione, rimarcano i seguenti punti:

1.      Malgoverno, menzogne, degrado, repressione e censura del dissenso nell’Ecuador di Moreno

Il presidente ecuadoriano, Lenin Moreno, ha tenuto, l’ultima domenica di maggio 2020, un discorso in cui ha descritto l’impatto della diffusione del COVID-19 come un’emergenza mai vista prima nella storia e ha parlato della crisi che sta attraversando il paese, di cui ha sempre ritenuto responsabile l’ex presidente Rafael Correa.

Sono passati tre anni dall’immagine storica di un Ecuador sereno, riappacificato e stabile. Era il 24 maggio 2017 quando, l’allora presidente Rafael Correa, dopo due legislature, in 10 anni, appese il nastro presidenziale al collo del suo ex vice presidente, Lenín Moreno. 

Quel giorno, con la scena dei due politici uniti, tutto sembrava indicare che l’Ecuador avrebbe proseguito il percorso sociale iniziato nel 2007 da Correa, quando, sulla base di politiche di aumento del debito, riuscì a ridurre la mortalità infantile e il tasso di omicidi, così come la povertà e le disuguaglianze. Ma la realtà è molto diversa e Lenín Moreno giunge al suo ultimo anno da presidente con una eredità convulsa, attraverso continui scontri con Correa, con gravi proteste sociali scatenate dalla fine del 2019 e con il Covid-19 che scatena il caos a Guayaquil. 

2.      Moreno ha fatto il punto sull’ultimo anno di gestione 

1.096 giorni dopo l’ascesa al potere, Moreno ha presentato un rapporto alla nazione per valutare la gestione annuale del paese. Questo è stato il suo ultimo bilancio prima delle nuove elezioni previste per il 2021, elezioni alle quali non avrebbe intenzione di candidarsi. 

L’ultimo anno di governo è stato il peggiore per il presidente ecuadoriano: primo, ha vissuto una grave crisi sociale dopo l’annuncio del cosiddetto pacchetto per l’austerità, che ha messo in luce l’eliminazione del sussidio per il carburante, generando crisi sanitaria, economica e sociale. 

Questi fatti hanno segnato la sua popolarità tra gli ecuadoriani: questo maggio 2020, il suo gradimento si è attestato al 18,7%, molto lontano dal 77% favorevole, raggiunto nei suoi primi 12 mesi in carica, e superiore all’8%, il minimo storico, che ha ottenuto nell’ottobre 2019, in piena protesta. 

Durante il suo discorso alla nazione, ha voluto cogliere l’occasione per evidenziare l’attuale pandemia come la più grande crisi nella storia del suo paese. Lo ha fatto dall’Assemblea nazionale, virtualmente, e accompagnato dal presidente legislativo, César Litardo, nonché da alcuni ministri e funzionari dell’Esecutivo. Tuttavia, durante il suo discorso annuale, gli ecuadoriani hanno praticato un “cacerolazo” (proteste e scioperi) che ha raggiunto diverse parti del paese.

3.      Dubbi nel conteggio dei morti per il coronavirus a Guayaquil 

La pandemia ha lasciato immagini che hanno fatto il giro del mondo e che gli ecuadoriani difficilmente potranno dimenticare. Cadaveri abbandonati per le strade di Guayaquil, bare di cartone, sacchi per cadaveri pagati con costi aggiuntivi, il collasso totale della sanità e del sistema funerario e molteplici scandali di corruzione che sembrano forgiare un panorama che passerà alla storia della nazione latinoamericana. 

In Ecuador, il ritmo del Covid-19 ha seguito le orme dell’Europa, con uno dei focolai più violenti al mondo, concentrato soprattutto nella regione di Guayas. 

Secondo i dati ufficiali del Ministero della Salute pubblica, 3.096 persone sono morte per il coronavirus e ci sono altri 1.986 probabili morti per il virus. Tuttavia, i dati della Direzione generale del registro civile, mostrano che a Guayas 17.409 persone sono morte tra il 1° marzo e il 20 maggio, quando la cifra media negli anni passati era di 2.000 morti al mese. La concentrazione di cadaveri nelle strade di Guayaquil, in Ecuador, ha conquistato le prime pagine dei media di tutto il mondo. 

Ma, oltre agli alti dati di mortalità, gli effetti della pandemia hanno colpito tutto il paese. Ad esempio, la diffusa corruzione. Infatti, la Procura Generale dello Stato ha aperto un’indagine sulla pessima gestione degli ospedali pubblici affinché le famiglie potessero consegnare i cadaveri, il che si aggiunge al mancato rispetto dei protocolli di identificazione. 

Un grave scandalo, che non è stato l’unico, ha investito anche gli acquisti pubblici durante l’emergenza effettuati da enti statali come l’Istituto Ecuadoriano di Sicurezza Sociale (IESS) e diversi ospedali provinciali, nonché il Servizio nazionale per la gestione dei rischi e delle emergenze (SNGRE). 

Al di là della corruzione, gli effetti economici hanno riportato l’Ecuador ad una situazione di miseria e necessità. Moreno ha dichiarato che l’attuale crisi raggiungerà un costo di 12.000 milioni di dollari, superando gli 8.000 milioni di quella registrata nel 1998. Questo ha significato che il presidente ecuadoriano ha dovuto ottenere più di 10 miliardi di dollari da organizzazioni multilaterali, aiuti che vanno di pari passo con aggiustamenti, tagli di bilancio, riforme del lavoro e finanziarie. Queste richieste sono state smascherate il 19 maggio 2020, quando Moreno ha annunciato che, a causa dell’emergenza coronavirus, avrebbe liberalizzato il prezzo della benzina in Ecuador, approfittando del prezzo basso della benzina, della crisi economica e della quarantena. Inoltre, il leader dell’Esecutivo ecuadoriano ha confermato la riduzione dei salari dei funzionari, l’eliminazione delle ambasciate e la soppressione del Segretariato Anticorruzione. Prima di questo annuncio c’erano già state mobilitazioni nella capitale, Quito, e lunedì 25 maggio 2020 furono indette diverse manifestazioni di insegnanti, impiegati pubblici e indigeni. 

4.      La tensione sociale che ha raggiunto il suo apice nell’ottobre 2019

È stato proprio il ritiro del sussidio alla benzina che ha portato al collasso del Paese, tra il 2 e il 13 ottobre 2019, quando si sono svolte le proteste che hanno lasciato tra gli 8 e gli 11 morti, più di 1.500 feriti e 1.330 arrestati. Fu una misura richiesta dal Fondo monetario internazionale (FMI), insieme ad altri aggiustamenti di austerità e flessibilità del lavoro che è risultata come condizione per prestare 4,2 miliardi di dollari al paese sudamericano. 

La protesta dei movimenti sociali e dei gruppi indigeni ha indotto Moreno a dichiarare lo Stato di Eccezione, il coprifuoco e, inoltre, il trasferimento del suo governo a Guayaquil. Le proteste dell’ottobre 2019 in Ecuador sono riuscite a ribaltare il cosiddetto “pacchetto” promosso da Lenín Moreno.

Infine, il 13 ottobre 2019, in un incontro tra la Confederation of Indigenous Nationalities (Conaie) e il governo, con la mediazione delle Nazioni Unite, si decise che l’articolo 883, che aveva generato la rivolta, dovesse essere abrogato, ritrovando la calma sociale. 

Al primo turno, della domenica del 19 febbraio 2017, e al secondo turno, della domenica del 2 aprile 2017, Lenín Moreno ha vinto le elezioni presidenziali con il partito Alianza País (AP). Prima era stato vicepresidente di Rafael Correa, tra il 2007 e il 2013. Una successione che non ha avuto niente a che fare con la continuità. I valori progressisti acclamati da Correa, sono stati diluiti da Moreno in una legislatura segnata da una svolta verso l’austerità, l’autoritarismo e l’appiattimento su posizioni filo-statunitensi. Ciò è diventato evidente il 12 aprile 2019, quando l’attivista informatico Julian Assange perse l’asilo che Rafael Correa gli aveva concesso. Un altro gesto che ha segnato la distanza di Moreno dal “Socialismo del XXI secolo” è stata la visita di Moreno alla Casa Bianca, il 12 febbraio 2020, poco prima dell’inizio della pandemia. 

5.      Repressione e censura del dissenso

La polizia ecuadoriana ha fatto irruzione nella casa del prefetto di Pichincha, Paola Pabón, che è stata arrestata, e dell’ex membro dell’Assemblea Virgilio Hernández, di cui non si conosce la posizione. Inoltre, l’Ambasciata del Messico a Quito dà “protezione e protezione” a sette militanti di Alianza Pais.

Dopo l’accordo con gli indigeni raggiunto nell’ottobre 2019, a Quito, in Ecuador è tornata gradualmente alla calma. Il governo di Lenín Moreno Garcés ha iniziato a chiedere sanzioni contro coloro che ritiene responsabili del caos, del vandalismo e dell’ansia in mezzo alle mobilitazioni. La protesta indigena ha fatto cadere il regime che ha dovuto fare marcia indietro e, ora, il governo perseguita coloro che considerano responsabili dei disordini. La repressione contro i manifestanti è stata feroce: otto morti e 1.340 feriti.

6.      Le proteste hanno causato 1.192 detenzioni

Il regime ha preso di mira  i “correístas” sin dal primo giorno – senza fornire prove – e li ha persino accusati di essere finanziati dal traffico di droga e dal terrorismo.  

Tra i 1.192 detenuti – una cifra fornita dall’ufficio del difensore civico – vi sono figure chiave del governo di Rafael Correa (2007-2017), la presidenza più lunga e ininterrotta della storia. Tra loro il prefetto di Pichincha, Paola Pabón. È stata arrestata la mattina presto di questo lunedì 14 ottobre 2019 a Quito, dopo la perquisizione della sua casa. Quel giorno, sette operazioni simultanee sono state eseguite nella capitale.

Secondo la Procura, “sono state raccolte prove, come apparecchiature tecnologiche, telefoni, sostanze soggette a controllo e documentazione”. In quell’operazione furono arrestati anche due collaboratori di Pabón: Christian González Narváez, che la Polizia collega al finanziamento di gruppi violenti; e Pablo Del Hierro, responsabile logistica e approvvigionamento.

7.      Un ex sindaco dietro le sbarre

Domenica 13 ottobre, Alexandra Arce, ex membro dell’assemblea ed ex sindaco della città costiera di Durán, adiacente a Guayaquil, è stata arrestata. Anche lei militante del correísmo, è accusata di associazione illecita e ha già ottenuto un ordine di detenzione preventiva.

8.      Sette si rifugiano nell’Ambasciata del Messico

Sabato 12 ottobre 2019, Gabriela Rivadeneira – ex presidente dell’Assemblea nazionale e una delle figure più importanti del Correísmo – ha chiesto all’Ambasciata del Messico, a Quito, protezione. Non è l’unica ecuadoriana in quella sede diplomatica a ricevere “protezione e protezione”. Il ministero degli Esteri del Messico ha riferito che il governo del Messico ha ricevuto presso la sua ambasciata a Quito, per offrire protezione e protezione, le seguenti persone: Luis Fernando Molina, membro supplente dell’Assemblea Nazionale; Soledad Buendía, membro dell’Assemblea Nazionale e sua moglie; Carlos Viteri, membro dell’Assemblea Nazionale, e sua moglie, Tania Pauker; e Leónidas Aníbal Moreno Ordóñez, Amministratore della Prefettura di Pichincha (che lavora con Paola Pabón).

Questa azione si aggiunge alla salvaguardia e alla protezione che il governo del Messico fornisce, dallo scorso 12 ottobre 2019, alla deputata Gabriela Rivadeneira. Anche il marito della deputata Gabriela Rivadeneira, Luis Flores Ruales, ha un mandato d’arresto. Tutte e tutti hanno denunciato una vera e propria persecuzione di stato. 

9.      Censura sui media

L’8 ottobre 2019, infatti, la Procura dell’Ecuador ha fatto irruzione nelle strutture della radio pubblica Pichincha Universal di Quito – che dipende dalla Prefettura guidata da Pabón – con l’accusa di incitamento alla discordia. 

Il governo ha anche deciso di bloccare l’accesso al canale venezuelano di Telesur, televisione critica verso il presidente Moreno.

10. Lo scandaloso caso di Jorge Glas: la totale violazione dei più elementari diritti umani

Vorremmo ricordare anche il caso di Jorge Glas, un uomo che ha ricoperto, in passato, diversi incarichi durante i governi di Rafael Correa, tra cui quello di Ministro delle Telecomunicazioni, dall’agosto 2009 al marzo 2010, e di Ministro dei Settori Strategici, dal 2010 al 2012, prima di diventare vicepresidente dell’Ecuador, dopo le elezioni presidenziali del 2013 vinte da Rafael Correa.

Viene riconfermato alle elezioni presidenziali del 2017, vinte da Lenín Moreno. Il 3 agosto 2017, il presidente Lenin Moreno tramite il Decreto n° 100, sospende tutte le funzioni di Glas  a causa di un sospetto caso di corruzione nell’appalto di una concessione petrolifera, alla compagnia Odebrecht. Attualmente, il sistema giudiziario, in America Centrale e in Sud America, è una pratica globale di persecuzione politica basata su false accuse da parte di media manipolati, allineati al blocco Atlantico, che lasciano spazio a processi farsa. Sebbene Rousseff, Lula, Cristina e Glas abbiano sopportato lo stesso problema e la stessa persecuzione, nella situazione di Glas sono stati molto più crudeli e violenti. Lo hanno sequestrato illegalmente e accusato di un crimine che non esiste, un crimine che fu abrogato anni fa. Questo infrange gli standard minimi che dovrebbero essere garantiti durante qualsiasi processo, nonché lo stesso stato di diritto. Il tutto è stato denunciato da due avvocati cileni, Rubén Jeréz Atenas e il deputato Hugo Gutierrez, che hanno redatto un verbale da cui risulta che Glas è stato illegalmente rimosso dalla sua carica di vicepresidente, da Lenin Moreno, attraverso una semplice lettera inviata all’Assemblea Nazionale, una lettera priva di qualsiasi valore legale. Inoltre è stato arrestato per aver commesso un crimine che non esiste (crimine abolito anni prima). Perciò Jorge Glas è un prigioniero politico, vittima di un colpo di stato contro la vicepresidenza, guidato direttamente da Lenin Moreno, e imprigionato senza aver commesso alcun reato. Jorge Glas sta subendo ingiustizie, crudeltà e violazioni della legge.

Attualmente si trova nel carcere comune di Latacunga, dove convive con pericolosi criminali. È stato vittima di torture, abusi, umiliazioni ed è ripetutamente minacciato di morte da pericolose bande di narcotrafficanti e criminali che lo usano per negoziare miglioramenti per la loro prigionia. Solo nell’ultimo mese sono state uccise più di dieci persone, perché il governo di Lenin Moreno ha ceduto il controllo delle carceri a bande criminali. Jorge Glas, che ha la nazionalità tedesco-ecuadoriana, potrebbe essere ucciso in qualsiasi momento.

e DICHIARANO

a)      di sostenere politicamente la Revolución Ciudadana (RC);

b)      di caldeggiare la liberazione di Jorge Glas;

c)      di rafforzare il monitoraggio delle imminenti elezioni presidenziali del 2021 in modo tale che avvengano in piena trasparenza e spirito democratico;

d)      di rafforzare a livello internazionale lo spirito di solidarietà politica nei confronti della RC e di tutte le organizzazioni politiche socialiste e comuniste in difficoltà;

e)      di creare una rete internazionale di supporto politico reciproco tra tutte le organizzazioni firmatarie di questo appello.

Di AFV

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