Álvaro Uribe
Francesco Cecchini
Tutto iniziò nel 2012, quando Álvaro Uribe fece causa al senatore Iván Cepeda, che in quel momento stava preparando una denuncia al Congresso contro di lui per manomissione di testimoni e per i legami con il paramilitarismo; tuttavia, il magistrato inquirente mise fine alla denuncia contro Cepeda e aprì un’indagine per presunta manomissione di testimoni su Uribe, fondatore del partito di destra Centro Democrático, di cui fa parte il presidente colombiano Iván Duque.
Ancora Fischia il Vento ha pubblicato recentemente due articoli su questa vicenda. I link sono i seguenti:
https://www.ancorafischiailvento.org/2020/08/06/colombia-ex-presidente-alvaro-uribe-ha-finito-la-carriera-politica/
https://www.ancorafischiailvento.org/2020/08/20/intervista-al-senatore-colombiano-cepeda-su-uribe-e-appello-per-la-sua-vita/
Álvaro Uribe, di 68 anni, che è stato presidente della Colombia dal 2002 al 2010, si trova gli arresti domiciliari dallo scorso 4 agosto, su ordine della Corte Suprema di Giustizia della Colombia, nella sua tenuta di campagna El Ubérrimo, con l’accusa di frode procedurale e corruzione di testimoni. Álvaro Uribe è anche accusato di legami con squadre paramilitari di estrema destra.
Lo scorso martedì 22 settembre, la giudice del Controllo di Garanzia 30 di Bogotá, Clara Salcedo Duarte, in un’ udienza virtuale, nella quale si affrontò la richiesta della difesa di Álvaro Uribe di rimetterlo in libertà, ha deciso di riinviare il caso dell’ex presidente alla Corte Suprema di Giustizia, per determinare chi è competente a definire la legge e il sistema penale con cui l’ex senatore dovrebbe essere processato. Per quanto riguarda la legge dovrebbe essere abbandonata la vecchia legge 600 per passare alla legge 906 del 2004, in funzione della data dei crimini sotto processo. La giudice ha spiegato che la legge 600 del 2000 riguarda i comportamenti criminali prima del 1 maggio 2005, mentre la legge 906 del 2004 riguarda i reati dopo tale data. Il senatore Iván Cepeda, il principle accusatore di Uribe, è per la legge 600, in quanto la legge è in vigore per i reati commessi prima del 2005, ma anche per il processo ai membri del Congresso, indipendentemente dalla data di esecuzione dei reati.
Clara Salcedo ha spiegato che, in ogni caso, fino a quando la Corte Suprema di Giustizia della Colombia non si sarà pronunciata Álvaro Uribe resterà ai domiciliari. In pratica il caso ritorna alla Corte che lo aveva iniziato, imprigionandolo anche se a casa.
Nella vicenda Uribe una sola certezza c’è: non si concluderà a breve. In Colombia solo un profondo cambiamento politico, economico, sociale e culturale potrà porre fine a Uribe e all’uribismo.
Iván Duque presidente della Colombia e uomo di Uribe continua a dichiarare che il suo capo è vittima di ingiustizia. Nel frattempo è il popolo colombiano che scende in piazza contro l’ ingiustizia economica e sociale del governo di Iván Duque, uomo di Uribe. Il 21 settembre la Colombia intera è stata scossa da uno sciopero nazionale. Lavoratori, campesinos e studenti hanno chiesto protezione sociale, sicurezza, lavoro, salute e istruzione, manifestando a Bogotá e in tutte le principali città del paese. Inoltre lo sciopero è stato per la Vita, in considerzione dei numerosi massacri e dell’ assassinio continuo di leader sociali ed ex guerriglieri. Le stragi avvenute nelle ultime settimane e soprattutto l’aumento di esse (sono 54 quest’anno), ha fatto crescere nel Paese la sensazione che la violenza sia in aumento e che in questo ci sia responsabilità del governo e che sta effettivamente distruggendo gli accordi dell’Avana e le prospettive di pace. Gli omicidi di leader sociali hanno raggiunto il numero 1.000 e 225 il numero di ex combattenti
La risposta di Iván Duque, come al solito, è stata la repressione con molti arresti e feriti.

Álvaro Uribe ai domiciliari