Sta facendo discutere la recente intervista rilasciata a Repubblica da David Sassoli, in cui il presidente del Parlamento europeo ha dichiarato di considerare «interessante» l’ipotesi della cancellazione dei debiti contratti dai governi dell’eurozona per combattere la pandemia. Ora, ci permettiamo di dubitare che Sassoli abbia cognizione di causa del tema in questione o un qualche ruolo nel dibattito in corso; molto probabilmente si sarà semplicemente limitato a fare eco a qualche voce che avrà captato nei corridoi di Bruxelles.
È tuttavia una dichiarazione che dà bene il senso di come la pandemia stia rapidamente sgretolando tutta una serie di dogmi che sembravano incrollabili fino a ieri. Sassoli appartiene a un partito – il PD – che per anni ci ha raccontato che il debito pubblico è il male assoluto, che ridurlo era la nostra priorità e che per fare ciò era necessario tagliare tutto il tagliabile: welfare, sanità, pensioni, investimenti ecc. E così è stato, con le drammatiche conseguenze che sappiamo (e che proprio la pandemia ha reso drammaticamente evidenti).
Fa quindi specie vedere che i piddini, dopo aver “scoperto” che la banca centrale può comprare i titoli di debito pubblico – da cui ne consegue che uno Stato che gode del sostegno di una banca centrale non è mai tenuto a sottostare alle condizioni dettate dai “mercati”, né può mai essere costretto a fare default, e che dunque in questi anni la narrazione propinataci dagli stessi piddini (sullo spread, sulle “coperture”, sulla necessità dell’austerità ecc.) era completamente infondata –, oggi “scoprono” che quel debito può addirittura essere cancellato con un semplice tratto di penna (o meglio, come vedremo, con un semplice clic), da cui ne consegue che ai fini della “riduzione del debito”, ammesso e non concesso che questo sia un obiettivo sensato, esiste un’alternativa del tutto indolore rispetto alla politica dei “sacrifici” di questi anni.
Parliamo di concetti che fino a ieri erano dei tabù assoluti. Tanto che quelli di noi che vanno dicendo queste cose da anni fino a ieri erano trattati come pazzi dalla pressoché totalità dell’establishment politico, economico e mediatico.
Ma è veramente possibile cancellare i debiti pubblici con un semplice clic, come sembrerebbe dire Sassoli? Da un punto di vista tecnico, assolutamente sì. I titoli di debito emessi in questi mesi dagli Stati dell’eurozona per far fronte alla pandemia sono stati acquistati quasi per intero dalla BCE con denaro creato dal nulla – per un totale, ad oggi, di 660 miliardi di euro – e non c’è nessunissimo motivo per cui quel denaro debba essere ritirato dalla circolazione (cioè dalle nostre tasche) un domani per rimborsare i titoli in questione.
Cosa succederebbe se si decidesse che i governi non sono tenuti a rimborsare i titoli in questione o se la BCE cancellasse dal proprio bilancio gli attivi rappresentati dai titoli di Stato? Assolutamente nulla. Certo, da un punto di vista meramente contabile la BCE registrerebbe una perdita, ma dal punto pratico questo non avrebbe alcun impatto: come spiega Paul De Grauwe, professore di economia politica europea presso la London School of Economics (LSE) e uno dei più autorevoli economisti europei, la banca centrale può emettere tutta la moneta che vuole e dunque può assorbire senza problemi qualunque perdita contabile; questo vuol dire che può tranquillamente operare anche con un capitale netto negativo.
«La banca centrale potrebbe “gettare nel fuoco” i titoli di Stato in suo possesso; non perderebbe nulla», scrive De Grauwe. La stessa Lagarde, presidente della BCE, ha recentemente spiegato che cosa accadrebbe nel caso in cui la BCE incorresse in perdite, cioè nulla. «L’Eurosistema – ha dichiarato Lagarde – è sempre in grado di generare liquidità addizionale, per definizione non può andare in bancarotta né rimanere a corto di risorse».
Da un punto di vista tecnico, dunque, non ci sono dubbi: il debito pubblico detenuto dalla BCE si può cancellare senza problemi – con un semplice clic, letteralmente. Anzi, sempre da un punto di vista strettamente tecnico, la BCE, come qualunque banca centrale, potrebbe cancellare tutto il debito pubblico dei paesi dell’eurozona: gli basterebbe acquistare tutti i titoli in circolazione (cioè attualmente detenuti da soggetti privati) e poi “gettarli nel fuoco”. In questo caso, come ha spiegato l’economista Eric Lonergan «non succederebbe nulla», in quanto si tratterebbe semplicemente di sostituire un asset (titoli di Stato) con un altro (depositi bancari).
(Il fatto che questo sia tecnicamente possibile e non implicherebbe conseguenze rovinose non vuol dire che sia auspicabile o necessario: ricordiamoci che uno Stato che gode del sostegno di una banca centrale non corre mai il rischio di non poter “ripagare i creditori”, né è costretto a ricorrere alle tasse per rimborsare il proprio debito pubblico, dunque non si vede perché dovrebbe privare il settore privato di un investimento fruttifero sicuro, ma questo è un altro discorso).
Come ha chiarito sempre Lagarde, comunque, l’ipotesi di una cancellazione del debito in mano alla BCE è categoricamente preclusa dai trattati europei: «La BCE opera sulla base del Trattato [sul funzionamento dell’Unione europea – TFUE] il cui articolo 123 proibisce questo tipo di approccio, noi rispettiamo il Trattato, punto». Per fortuna, sempre da un punto di vista tecnico, non c’è alcun bisogno di cancellare letteralmente il debito detenuto dalla BCE per sollevare i governi nazionali dall’onere del debito in questione. Come ha spiegato nientedimeno che Carlo Cottarelli:
“[L]a cancellazione di questo debito non è necessaria. Il debito è un problema per due motivi: primo perché di solito comporta il pagamento di interessi; secondo perché il creditore potrebbe non essere disposto a rinnovarlo alla scadenza, causando una crisi di liquidità. Nel caso dei finanziamenti dalla BCE questi problemi non sono rilevanti, tranne che in un caso. Il debito verso la BCE non costa nulla allo Stato italiano, visto che gli interessi pagati dallo Stato sui BTP comprati dalla BCE (il 90 per cento dei quali avviene tramite la Banca d’Italia) vengono restituiti allo Stato attraverso la distribuzione dei profitti della Banca d’Italia (il 95 per cento circa dei quali va allo Stato). Inoltre, la BCE continuerebbe a rinnovare i titoli in scadenza (non essendo motivata da scopi di profitto) tranne che in un caso: se una tale azione fosse necessaria per frenare un aumento eccessivo dell’inflazione, visto che la BCE è vincolata da questo compito istituzionale.“
Cottarelli coglie un punto centrale: nei paesi “normali” – cioè nei paesi che detengono la sovranità monetaria – il problema di cancellare, dal punto di vista contabile, il debito detenuto dalla banca centrale non si pone neanche (e infatti questo dibattito non esiste all’infuori dell’eurozona): nel momento in cui un titolo di Stato viene acquistato dalla banca centrale, infatti, questo può già considerarsi, nei fatti, “cancellato”, poiché è pacifico che il governo non sarà mai tenuto a rimborsarlo; il titolo in questione verrà semplicemente rinnovato a scadenza.
D’altronde, risulta evidente come il debito pubblico, in un regime di cooperazione tra banca centrale e Tesoro, non sia altro che un debito che un ramo dello Stato ha nei confronti di un altro ramo dello Stato: un debito, in altre parole, che lo Stato ha nei confronti di se stesso e dunque, a tutti gli effetti, fittizio. Un debito, cioè, che esiste solo dal punto di vista contabile, ma che non comporta conseguenze di alcun tipo, a prescindere dalla sua entità, perché non deve realmente essere ripagato. In verità lo stesso vale per il debito pubblico nel suo complesso (inclusa la quota detenuta dal settore privato): a livello aggregato il debito non viene mai rimborsato; i titoli in scadenza vengono semplicemente sostituiti con titoli di nuova emissione.
L’errore di Cottarelli è un altro: quello di far finta che la BCE sia una “normale” banca centrale. Egli infatti dà per scontato che la BCE continuerà la sua attuale politica monetaria – e dunque che i governi potranno continuare indefinitamente a finanziarsi senza condizionalità sui mercati (o meglio presso la BCE) senza subire il ricatto dello “spread” – a meno che non emergano pressioni inflazionistiche. Come ho già evidenziato, però, questo farebbe venir meno tutto il meccanismo di controllo e disciplina su cui fonda l’architettura dell’eurozona. Non a caso si dice che la BCE starebbe pensando di ridurre il proprio programma di acquisto titoli per spingere i paesi dell’eurozona a richiedere i prestiti UE (con annesse condizionalità), Recovery Fund in primis.
Per concludere, siamo sempre alle solite: dal punto di vista tecnico il debito si può tranquillamente cancellare (ma proprio per questo – come abbiamo detto – non c’è motivo di farlo) e infatti nei paesi emittenti di moneta il debito pubblico non è mai un problema; nell’eurozona, invece, il debito pubblico rappresenta uno strumento di ricatto politico e tale rimarrà anche in futuro, con o senza una sua parziale cancellazione (che comunque – non a caso – è vietata dai trattati).