Il Consiglio Elettorale Nazionale (CNE) del Venezuela ha ufficializzato nella giornata di mercoledì la composizione della nuova Assemblea Nazionale di Caracas, che entrerà in carica a partire da gennaio. Schiacciante vincitore delle elezioni dello scorso 6 dicembre, il Gran Polo Patriótico (GPP), l’alleanza dei partiti che sostengono il presidente Nicolás Maduro, ha ottenuto la maggioranza assoluta con 253 deputati sui 274 scranni che compongono il nuovo emiciclo federale.

In base a questi dati, il GPP ha ottenuto il 91.34% dei seggi a disposizione, imponendosi non solamente su scala nazionale, ma anche in tutte le 87 circoscrizioni elettorali e le 24 liste regionali. All’interno del GPP, naturalmente, la forza predominante resta il Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV), che da solo ha ottenuto il 62.70% delle preferenze. Le forze di opposizione hanno ottenuto invece venti seggi, diciotto dei quali attribuiti all’Alianza Democrática, composta da forze come Acción DemocráticaComité de Organización Política Electoral IndependienteCambiemos – Movimiento Ciudadano Avanzada Progresista e El Cambio, mentre altri due sono andati al fronte Venezuela Unida, al quale aderiscono le formazioni di Primero Venezuela e Voluntad Popular.

Dopo essere fuoriuscito dal GPP nell’agosto del 2020, il Partido Comunista de Venezuela (PCV) si è presentato autonomamente, ottenendo il 2.73% delle preferenze ed eleggendo un solo parlamentare. Gli ultimi tre seggi verranno determinati dal voto delle assemblee pubbliche dei popoli indigeni, che potranno in questo modo scegliere i propri rappresentanti.

Come prevedibile, la netta vittoria delle forze chaviste alle elezioni legislative venezuelane è stata accolta con scarso entusiasmo dalle forze reazionarie ed imperialiste del panorama internazionale. L’Unione Europea, in particolare, aveva già annunciato che non avrebbe riconosciuto i risultati di questa consultazione, dopo essersi rifiutata di rispondere all’invito del governo, che aveva aperto le porte agli osservatori di Bruxelles. In una dichiarazione ufficiale, il governo bolivariano afferma di rammaricarsi del fatto che “l’Unione europea persista nella sua politica interventista nei confronti del Venezuela, in aperta violazione dei principi più elementari del diritto internazionale“. Il ministro degli esteri Jorge Arreaza ha in questo modo risposto alle dichiarazioni dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, lo spagnolo Josep Borrell, che aveva ribadito il rifiuto dell’UE di riconoscere i risultati elettorali.

Nonostante l’aperta ostilità palesata tanto dagli Stati Uniti quanto dall’Unione Europea, il Venezuela ribadisce “l’ampia disponibilità al dialogo che ha dimostrato negli ultimi anni nei confronti di tutti i settori dell’opposizione venezuelana, compresi sia coloro che hanno partecipato al processo elettorale del 6 dicembre, sia coloro che hanno deciso di non farlo“. Lo stesso presidente Nicolás Maduro, del resto, ha già annunciato l’imminenza di “nuovi processi di incontro a cui saranno convocati i più diversi attori politici, sociali ed economici del Paese“.

Maduro ha nuovamente rilasciato dichiarazioni pubbliche circa il processo elettorale che si è concluso lo scorso 6 dicembre. Il leader venezuelano ha definito uno “sforzo storico da parte della società e del popolo” l’aver affrontato un’elezione nel mezzo della pandemia Covid-19 e dell’aggravarsi della guerra economica, finanziaria e commerciale negli Stati Uniti verso il Paese sudamericano.

Ma non sono solamente gli esponenti del governo venezuelano ad affermare la legittimità del risultato elettorale del 6 dicembre. Come abbiamo avuto di sottolineare in altre occasioni, gli osservatori internazionali presenti in loco non hanno potuto far altro che prendere atto della regolarità delle elezioni venezuelane, come accaduto anche in tutte le occasioni precedenti. Attraverso il rapporto presentato al Consiglio Elettorale Nazionale, gli osservatori internazionali, coordinati dall’ex primo ministro spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero, hanno affermato che il processo è stato conforme agli standard nazionali e internazionali, negli audit, nell’amministrazione, nella partecipazione di organizzazioni politiche e che cittadini che hanno votato responsabilmente. Nel testo si legge che che “più di 150 osservatori da tutto il mondo, rappresentanti di organizzazioni politiche, sociali e internazionali esprimono la propria gratitudine per l’attenzione ricevuta dal CNE per garantire la nostra presenza, svolgere il nostro compito nel quadro della libertà assoluta , senza alcun tipo di condizionamento nel contesto della pandemia e del blocco multifattoriale che condanniamo, e chiediamo la fine di ogni tipo di interferenza esterna negli affari interni del Venezuela”.

Le elezioni venezuelane sono state osservate anche da una delegazione argentina, che ne ha riconosciuto il risultato come valido ed ha fatto sentire la propria voce di fronte all’Organizzazione degli Stati Americani (OSA). L’ambasciatore argentino presso tale organo, Carlos Raimundi, ha palesato la propria opposizione nei confronti del progetto proposto dai governi reazionari del continente americano per delegittimare il risultato elettorale ed il presidente Nicolás Maduro. L’Argentina “è convinta che non sia possibile dall’estero ignorare la volontà espressa da chi ha preso parte all’atto elettorale, né dettare le condizioni per i processi elettorali senza contribuirvi minimamente o, peggio, incoraggiando il suo boicottaggio“, si legge in una nota ufficiale.

Al contrario, il Brasile di Jair Bolsonaro ha presentato una risoluzione antivenezuelana che ha ottenuto l’appoggio di ventuno governi reazionari e filostatunitensi, compresi quelli di Canada, Cile, Colombia, Ecuador, Guatemala, Paraguay, Perù e Uruguay, oltre che degli stessi USA. Paradossalmente, tra i ventuno voti a favore della risoluzione brasiliana figura anche quello del Venezuela, visto che l’OSA ha illegalmente consegnato il seggio di Caracas nelle mani di un esponente dell’opposizione.

Paradossalmente, dunque, il risultato delle elezioni venezuelane viene riconosciuto come valido da tutti coloro che hanno assistito al processo in prima persona, mentre coloro che si sono rifiutati di recarsi nel Paese affermano di avere le prove della non legittimità dello stesso. Una scelta dettata unicamente da motivazioni ideologiche, che ci fa capire come, nonostante la schiacciante vittoria del 6 dicembre, il governo bolivariano dovrà continuare a guardarsi le spalle dai nemici nazionali ed internazionali.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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