Sul Corriere della Sera Pierluigi Battista ha pubblicato una bibliografia per mettere in guardia dal pericolo che il #centenario del Pci risvegli il #comunismo nel nostro paese.

Va detto che, tranne un libro del papà di Paolo Mieli su Togliatti, il resto riguarda lo stalinismo più che il Pci.

Evidentemente Battista non ha trovato molto da imputare a comuniste/i in Italia.

La bibliografia contiene i classici della storiografia made in USA della guerra fredda Conquest e Pipes e dell’anticomunismo post 1989 come Furet. Per disintossicarsi consiglio un saggio dello storico Enzo Traverso che ho tradotto dal volume “History and revolution”, una raccolta contro il revisionismo storico edita da Verso Books: http://www.maurizioacerbo.it/blogs/?p=5546

Poi ci sono i classici degli scrittori che si schierarono contro il comunismo all’epoca di Stalin quando tutti i partiti comunisti erano più o meno allineati con l’Urss e quindi con Stalin: Orwell, Koestler, Silone, ecc. A mio parere sono letture importanti. Non avevano esattamente le stesse posizioni (Koestler racconto’ che il socialista Orwell non avrebbe accettato la sponsorizzazione USA come fecero lui, Silone e altri) ma testimoniano più che la realtà del regime staliniano la crisi di intellettuali che erano stati comunisti. Tutto sommato ora che son passati decenni andrebbe ricordato che comunque oggi per un Pierluigi Battista sarebbero dei pericolosi esponenti della sinistra radicale. Non a caso in loro compagnia il noto opinionista mette “L’uomo in rivolta” di Camus che certo non è un manifesto di accettazione dello stato delle cose e fu un bestseller della generazione del ’68. Orwell in Spagna stava con il Poum, il partito comunista antistalinista di Andreu Nin. Ci sono poi testimonianze preziose come quella di Solgenitsin (che il forse più noto marxista del novecento Gyorgy Lukacs consigliava vivamente nonostante fosse un reazionario slavofilo) e Salamov. Poi ci sono i poeti russi che mi fece conoscere un grande studioso della letteratura russa come Giuseppe Paolo Samona’ che fu tra i fondatori di Rifondazione Comunista dopo decenni di onorata militanza nella Quarta Internazionale. Non poteva mancare Il dottor Zhivago di Boris Pasternak che ricordo uscì dall’Urss e divenne un bestseller mondiale grazie all’editore comunista Giangiacomo Feltrinelli. Fondamentali due testi che vanno letti: la biografia di Stalin di Boris Souvarine e soprattutto le Memorie di un rivoluzionario di Victor Serge che non mi stancherò mai di consigliare. Serge era un difensore del valore della Rivoluzione d’Ottobre e dopo averlo letto non si può che nutrire enorme rispetto per i bolscevichi sterminati da Stalin (chissà se Battista lo ha letto davvero). Va contestualizzato storicamente anche l’anticomunismo degli autori de “Il Dio che è fallito”. All’epoca comunismo nel linguaggio comune voleva dire stalinismo perché l’Urss di Stalin era effettivamente il punto di riferimento di quasi tutti i comunisti. Ma chi li cita oggi li usa come anatema contro qualsiasi anticapitalismo come se fossimo ancora nel 1948. Poi ci sono tutte le opere del cecoslovacco Milan Kundera che evidentemente Battista ha letto distrattamente. Altrimenti avrebbe notato che come molti degli autori citati Kundera ha tenuto aperta la porta alla possibilità di un altro socialismo rispetto al modello staliniano. Così nella raccolta “Un incontro” (pag. 129-130) descriveva la Primavera di Praga: “(…) lo spirito critico aveva contagiato perfino il Comitato Centrale del Partito che, nel gennaio 1968, ha deciso di farsi presiedere da uno sconosciuto: Alexander Dubcek. È cominciata la Primavera di Praga: gaio, il paese ha gioiosamente rifiutato lo stile di vita imposto dalla Russia; le frontiere dello Stato si sono aperte e tutte le organizzazioni sociali (sindacati, unioni, associazioni), destinate in origine a trasmettere al popolo la volontà del Partito, sono diventate indipendenti e si sono trasformate negli inattesi strumenti di una inattesa democrazia. Nacque un sistema (senza alcun progetto preordinato, quasi per caso) che fu davvero senza precedenti: un’economia nazionalizzata al 100%, un’agricoltura nelle mani delle cooperative, nessuno troppo ricco, nessuno troppo povero, istruzione e sanità gratuite, ma anche: la fine del potere della polizia segreta, la fine delle persecuzioni politiche, la libertà di scrivere senza censure e, di conseguenza, il fiorire della letteratura, dell’arte, del pensiero, delle riviste. Ignoro quali fossero le prospettive future di quel sistema; nella situazione geopolitica di allora, di certo inesistenti; ma in un’altra situazione geopolitica? Chi può saperlo… Ad ogni modo, il secondo durante il quale quel sistema è esistito, quel secondo è stato meraviglioso”.

Ricordo che a Praga a sostenere quel “meraviglioso” era andato il segretario del Pci Luigi Longo, già comandante delle Brigate Internazionali in Spagna e poi capo militare della Resistenza italiana che fu definito da Berlinguer nella sua orazione funebre “il Garibaldi del Novecento”. E che la Primavera era stata sostenuta dal vecchio poeta comunista francese Aragon. Entrambi, Longo e Aragon, erano stati negli anni ’30 e ’40 stalinisti come la stragrande maggioranza dei comunisti e dei socialisti di tutto il mondo. Ma la critica dello stalinismo non li spinse certo a smettere di essere comunisti. E proprio Dubcek affermò che gli artefici della Primavera di Praga si erano ispirati alle tesi del partito comunista italiano.

Con la bibliografia sullo stalinismo Battista ci vuole mettere in guardia dal comunismo. Da decenni i ghosbusters conservatori e i reazionari cercano attraverso l’identificazione comunismo-stalinismo di esorcizzare la stessa possibilità di un’alternativa socialista/comunista.
Molti degli autori citati da Pierluigi Battista non la pensavano così.

Maurizio Acerbo PRC

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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