In carica dal 7 febbraio 2017, Jovenel Moïse andrà ad aggiungersi alla lunga lista di presidenti che hanno contribuito a peggiorare la vita degli haitiani, in quello che è già uno dei paesi più poveri del mondo, martoriato da epidemie e calamità naturali come pochi altri nella storia dell’umanità. Sono oramai mesi, infatti, che si susseguono le proteste da parte dell’opposizione parlamentare e della popolazione, che chiede a gran voce le dimissioni del capo di Stato della destra liberista.

Nella giornata di lunedì 8 febbraio, diversi partiti e organizzazioni dell’opposizione haitiana hanno nominato il giudice Joseph Mécène Jean Louis come “presidente della transizione”, considerando come terminato dopo quattro anni il mandato di Moïse, il quale invece è intenzionato a restare in carica almeno fino al 2022. “Accetto l’elezione dell’opposizione e della società civile per poter servire il mio Paese come presidente ad interim della transizione dalla rottura. Che Dio abbia pietà della nazione haitiana“, ha detto Jean Louis in un video diffuso attraverso i social network.

Moïse ha tuttavia continuato ad utilizzare la linea dura contro gli oppositori. Dopo aver già fatto arrestare un altro giudice della Corte di Cassazione, Iviquel Dabrésil, accusato di aver organizzato un complotto per compiere un colpo di Stato contro di lui. Il ministro della Giustizia, Rockefeller Vincent, ha infatti annunciato, attraverso una radio locale, che il governo procederà all’arresto del presidente nominato dall’opposizione. Il governo non ci è andato piano neppure con i manifestanti dell’opposizione, reprimendo con la violenza ogni forma di dissenso, e causando anche un morto.

L’Associazione nazionale dei magistrati di Haiti (Anamah) ha reso noto attraverso una dichiarazione che promuoverà l’interruzione del lavoro per protestare contro l’arresto illegale del giudice Dabrésil, fermato insieme a una ventina di persone, tra cui l’ispettore generale della polizia Antoinette Gauthier, tutti accusati di aver ordito un colpo di Stato contro il presidente Moïse, secondo quanto affermato dal ministro Vincent. Il primo ministro Joseph Jouthe ha a sua volta dichiarato ai media che Dabrésil e le altre persone arrestate “avevano contattato alti funzionari della polizia nazionale per far arrestare il presidente” e “facilitare l’insediamento di un nuovo presidente provvisorio per effettuare la transizione“. Moïse ha addirittura detto ai giornalisti che il gruppo aveva cercato di promuovere un colpo di Stato e di assassinarlo: “C’è stato un attentato alla mia vita“, ha affermato.

Moïse ha dalla sua il benvolere dell’esercito, visto che proprio il presidente in carica ha ristabilito le forze militari in seguito alla sua elezione nel 2017, due decenni dopo che l’esercito era stato sciolto dall’allora presidente, il socialista Jean-Bertrand Aristide, rovesciato da un colpo di stato con il sostegno neppure troppo velato degli Stati Uniti. Proprio gli Stati Uniti e l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) sono gli altri grandi sostenitori dell’attuale presidente di destra; infatti, il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price ha dichiarato venerdì che “un nuovo presidente eletto dovrebbe succedere al presidente Moïse quando il suo mandato scadrà, il 7 febbraio 2022“. Per il resto, tutti i settori della società haitiana chiedono a gran voce la fine del mandato dell’attuale capo di Stato, oramai decisamente impopolare.

Il potere giudiziario, come è facile capire dalle vicende narrate fino ad ora, è invece assolutamente contrario alla continuazione dell’esperienza presidenziale di Moïse. I giudici Dabrésil e Jean Louis, infatti, non sono gli unici ad opporsi a Moïse, visto che già domenica scorsa il Consiglio superiore della magistratura aveva pubblicato una risoluzione nella quale stabilisce che il mandato presidenziale di Moïse è scaduto il 7 febbraio di quest’anno, e non del prossimo.

La risoluzione del Consiglio superiore della magistratura si basa sull’art. 134 comma 2 della costituzione haitiana: “Il presidente eletto entra in servizio il 7 febbraio successivo alla data della sua elezione. Nel caso in cui il conteggio non possa aver luogo prima del 7 febbraio, il presidente eletto entra in servizio immediatamente dopo la convalida del conteggio e il suo mandato si considera iniziato il 7 febbraio dell’anno elettorale“, dice l’articolo citato.

Le elezioni del 2015, in cui Moïse aveva concluso al primo posto, erano poi state annullate a causa di accuse di frode. Le presidenziali si sono poi ripetute nel novembre 2016 e il presidente si è insediato il 7 febbraio 2017. Nella sua risoluzione, il Consiglio superiore afferma che questo articolo costituzionale “non soffre di alcuna ambiguità riguardo al significato attribuito dal legislatore“. Secondo tale interpretazione, dunque, l’inizio del mandato di Moïse andrebbe fissato al 7 febbraio 2016, e non 2017, il che porterebbe alla fine dello stesso il 7 febbraio 2021, e non 2022. Anche i sindacati, le organizzazioni per i diritti umani, l’Ordine degli avvocati, la Chiesa cattolica, i gesuiti e gli evangelici hanno sostenuto la fine del mandato presidenziale di Moïse.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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