«Chiediamo un reddito di base e una riforma strutturale del settore». Gruppi, collettivi, lavoratori e lavoratrici dello spettacolo si “prendono” lo storico spazio nel centro capitolino

Una nutrita rappresentanza delle associazioni spontanee delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo ha occupato il Globe Theatre, il teatro elisabettiano immerso nel verde del Parco di Villa Borghese. L’azione arriva a coronamento di un percorso di mobilitazioni che dura dalla scorsa primavera. Durante questo periodo il comparto dell’intrattenimento dal vivo (e non solo) è stato forse uno dei più colpiti dalle misure restrittive dovute all’emergenza sanitaria.

Promuovono l’occupazione il sindacato indipendente Camere del Lavoro Autonomo e Precario (Clap), gli Autorganizzati dello Spettacolo di Roma, il collettivo artistico Il Campo Innocente, Mujeres nel Teatro e molte altre realtà locali, supportate anche dai e dalle rappresentat* di un ampio numero di spazi e attori della cultura (da Ascanio Celentini al circolo Fanfulla, dall’Arci 30 Formiche al centro sociale meneghino Macao).

«Lavoratori e lavoratrici sono entrat* all’interno del Globe Theatre per costruire un’agorà permanente per ribadire la necessità di un tavolo interministeriale, misure strutturali di sostegno al reddito per tutti e tutte coloro che da un anno sono fermi», spiega David Ghollasi che ribadisce anche il senso di responsabilità, già dimostrato dal settore durante le molte mobilitazioni, verso la salute di tutte e tutti.

«Con l’azione di oggi vogliamo accendere i riflettori su quanto sta accadendo», conferma Tiziano Trobia del sindacato delle Clap: «Da tempo chiediamo un tavolo interministeriale, un’interlocuzione per una riforma strutturale e per una ripartenza che sia reale». Gli e le occupant* denunciano, infatti, la propaganda del ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.

Dalla tanto sbandierata, ma poi non avvenuta, riapertura prevista per il 27 marzo (Giornata Mondiale del teatro) alla estremamente parziale ripresa estiva, in cui soltanto il 20% delle strutture ha potuto lavorare, come sottolineato durante la conferenza stampa che ha preso il via alle 11.

Sul palco si alternano al microfono così alcun* rappresentant* delle tante organizzazioni promotrici dell’occupazione. C’è chi, citando Gigi Proietti, ricorda la natura popolare dell’arte performativa e teatrale, costruita sulla relazione tra pubblico e professionisti, e chi invece rimarca la distanza che separa l’Italia dal resto d’Europa sul tema: nello Stivale, infatti, soltanto lo 0,7% dei fondi pubblici viene dato al comparto culturale, rispetto a una media europea che si muove tra l’1,5 e il 2%.

Come già nelle precedenti mobilitazioni, lavoratori e lavoratrici dello spettacolo evocano una convergenza nelle lotte di cui abbiamo avuto una prima, forte testimonianza durante il recente sciopero dei rider. Fuori dal teatro, uno striscione mostra, infatti, lo slogan delle Riders Union di tutta Italia, «Non per noi, ma per tutt*», mentre dal microfono Giulia Vanni dei Presidi Culturali Permanenti insiste sulla necessità di un «reddito di continuità che diventi reddito universale».

Viene poi presentato il programma delle prossime giornate: dopo una prima assemblea cittadina, prevista oggi pomeriggio, sono previsti tavoli di lavoro su più argomenti. Sulla sempre più urgente riforma strutturale, su formazione e auto-formazione, pratiche indispensabili ma «invisibilizzate» durante questa stagione pandemica, sul sessismo e la violenza di genere presenti nel mondo dell’arte.

Su questo tema, già da tempo, è particolarmente attivo il coordinamento Il Campo Innocente. Valerio, tra gli animatori del progetto, conferma: «Nei prossimi giorni i nostri tavoli affronteremo una serie di questioni, tra cui la disuguaglianza di genere, la violenza, il sessismo, l’omolesbobitransfobia, mentre la legge al riguardo giace ferma in Senato».

Valerio prosegue ricordando che «i Ccnl stanno per scadere» e interrogandosi su come i soldi del Recovery Fund «verranno destinati al comparto culturale», poiché «c’è bisogno di una redistribuzione dei fondi pubblici non solo per i teatri stabili, ma anche per tutti quegli spazi informali che sono fondamentali per la creazione artistica».

L’insoddisfazione nei confronti degli esecutivi che stanno traghettando l’Italia attraverso l’emergenza continua è tra i cardini delle mobilitazioni del comparto, compresa quella odierna. Non mancano dunque gli inviti ai ministri Franceschini e Orlando a «confrontarsi almeno una volta con lavoratori e lavoratrici», mentre le istituzioni di prossimità vengono chiamati a far da tramite.

Prima che la conferenza stampa giunga al termine, prendono parola esponent* politici (Stefano Fassina di Leu, l’assessora alla cultura del Comune di Roma Lorenza Fruci, l’assessore alla cultura del Terzo Municipio Christian Raimo) mostrando interesse e dichiarando il proprio supporto, mentre organizzatori e organizzatrici annunciano la possibilità quotidiana di sottoporsi a tampone rapido, a un prezzo minore rispetto quelli delle farmacie, prima di partecipare alle assemblee pomeridiane.

Anche il contesto romano si unisce dunque alla recente ondata di occupazioni che sta interessando il settore dello spettacolo, dai teatri francesi fino Piccolo di Milano o al Mercadante di Venezia. Tanti palchi diversi, una lotta comune.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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