Le elezioni dello scorso 6 aprile si erano concluse con un’importante vittoria per il partito socialista Inuit Ataqatigiit (“Comunità Inuit”), guidato dal trentaquattrenne Múte Bourup Egede, che era riuscito a sconfiggere i socialdemocratici Siumut (“Avanti”), il partito del primo ministro uscente Kim Kielsen.
In seguito all’ufficializzazione dei risultati, Egede ha iniziato le contrattazioni con le altre forze politiche per la formazione di una coalizione di governo. Il suo partito, forte del 37,42% dei consensi, ha infatti conquistato dodici seggi, un numero insufficiente per ottenere la maggioranza assoluta all’interno del parlamento groenlandese. L’obiettivo di Egede era dunque quello di trovare almeno altri quattro deputati disposti a sostenere il suo governo, per raggiungere la fatidica soglia di sedici voti.
Il primo a tirarsi fuori, sin dal 9 aprile, è stato il partito dei Democratici (Demokraatit), precedentemente legato a Siumut come partner di governo. Jens-Frederik Nielsen, leader della formazione liberista, ha affermato che le idee dei due partiti sono troppo diverse per poter lavorare congiuntamente all’interno dello stesso esecutivo: “Semplicemente non siamo d’accordo sulla direzione generale per il Paese, e quindi non sarà possibile far parte di una coalizione”, ha dichiarato Nielsen, il quale ha poi aggiunto che “ciò non significa che il partito escluda una futura cooperazione”. “Auguriamo a Múte un buon lavoro e non vediamo l’ora che formi la sua coalizione”, ha concluso il leader della formazione che detiene tre seggi parlamentari.
Il 13 aprile, Egede ha annunciato il fallimento delle trattative con gli storici rivali di Siumut, attualmente travolti dalle faide interne tra i sostenitori dell’ex primo ministro Kielsen e quelli del nuovo leader del partito, Erik Jensen, che lo stesso Kielsen considera come il principale responsabile per la caduta del suo governo. “Abbiamo valutato che sarebbe importante avere un governo stabile per i prossimi quattro anni. Prima di entrare nei dettagli politici, devo concludere che Siumut è ancora afflitto da instabilità e lotte di potere che si svolgono in pubblico sulla stampa. Questo è il motivo per cui non consideriamo Siumut come un partner che può aiutare a creare la calma necessaria nella futura coalizione politica”, ha spiegato in quell’occasione Egede.
A quel punto, il candidato premier ha limitato i negoziati alle due restanti formazioni che dispongono di seggi in parlamento, Naleraq (“Punto di Orientamento”), che ha ottenuto quattro scranni, ed Atassut (“Solidarietà”), che dispone di due seggi. Il 16 aprile, Egede ha annunciato di aver raggiunto un accordo per la formazione del nuovo governo con Hans Enoksen, leader della forza indipendentista Naleraq. In questo modo, Egede si è assicurato i fatidici sedici seggi, ai quali si aggiungerà il sostegno esterno garantito dai due deputati di Atassut.
Il nuovo governo si caratterizza dunque per una posizione marcatamente indipendentista, visto che sia Inuit Ataqatigiit che Naleraq si attestano su posizioni decisamente favorevoli all’indipendenza della Groenlandia dalla Danimarca. Al contrario, Atassut sostiene una posizione unionista, ovvero favorevole al mantenimento della sovranità di Copenaghen sull’isola.
Parte del Regno di Danimarca dal 1814, la Groenlandia ha ottenuto l’autogoverno nel 1979, che garantisce all’isola un’autonomia molto ampia su quasi tutte le materie. Emblematico fu il caso del referendum del 1982, quando la Groenlandia decise di abbandonare la Comunità Economica Europea, alla quale aveva aderito nel 1973 per effetto dell’ingresso di Copenaghen nell’allora CEE. Nel 2008, un nuovo referendum ha trasferito al governo locale ulteriori competenze in ambito legislativo, giudiziario e nella gestione delle risorse naturali. La Danimarca, tuttavia, resta titolare delle decisioni su finanze, politica estera e difesa militare.
L’altra questione che ha tenuto banco nel corso di tutta la campagna elettorale riguarda invece lo sfruttamento delle risorse naturali dell’isola. Al centro del dibattito si trova soprattutto la miniera di Kvanefjeld, situata nel sud della Groenlandia. Secondo le stime, la miniera di Kvanefjeld potrebbe contenere il più grande deposito di terre rare al di fuori della Cina, che attualmente rappresenta oltre il 90% della produzione globale. Il governo Kielsen aveva presentato un progetto di sfruttamento dei giacimenti di uranio e terre rare con il coinvolgimento di multinazionali straniere, sottolineando che la miniera sarebbe diventata una potenziale fonte di posti di lavoro e prosperità economica. Kielsen ha spinto per dare il via libera allo sfruttamento della miniera da parte di Greenland Minerals, una società con sede in Australia di proprietà cinese. Al contrario, Inuit Ataqatigiit ha manifestato la propria contrarietà al progetto.
“Abbiamo qualcosa che i soldi non possono comprare“, ha detto Egede. “Faremo tutto il possibile per fermare il progetto Kvanefjeld“, ha dichiarato ancora il nuovo primo ministro, inviando un segnale forte alle compagnie minerarie internazionali interessate alle risorse del sottosuolo groenlandese. Il nuovo governo si pone come obiettivo quello della difesa dell’ambiente, ed ha intenzione di porre dei limiti consistenti allo sfruttamento delle risorse naturali, in particolare delle terre rare.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog