Il prossimo 6 giugno, gli elettori peruviani saranno nuovamente chiamati alle urne per decidere il nome del nuovo capo di Stato. La sfida decisiva vedrà scontrarsi Pedro Castillo, leader del Partido Político Nacional Perú Libre, e Keiko Fujimori, candidata del partito conservatore Fuerza Popular (FP). Un duello assai polarizzato, che mette di fronte un esponente della sinistra socialista ed una della destra nazionalista.

Sulla carta, entrambi i candidati hanno sottoscritto un accordo nel tentativo di smorzare i toni della campagna elettorale. Lo scorso 10 maggio, sia Castillo che Fujimori si sono impegnati  a rispettare le istituzioni democratiche del Paese. Firmando il documento, entrambi i candidati si sono impegnati a mantenere istituzioni democratiche, a “rispettare e difendere il diritto fondamentale alla vita e garantire i diritti umani di tutti gli abitanti“.

Tuttavia, le forze reazionarie di tutto il Perù tenteranno fino all’ultimo di evitare un successo del candidato di sinistra, con mezzi sia leciti che illeciti, come siamo stati abituati fin troppo spesso a vedere nel mondo politico sudamericano. Proprio il giorno successivo della firma dell’accordo tra Castillo e Fujimori, il primo ha ha chiesto protezione all’ufficio del difensore civico, in seguito ad alcune minacce di morte che gli sono state rivolte.

In una lettera inviata al capo dell’ufficio del difensore civico, Walter Gutiérrez, Castillo ha invocato a “procedere in conformità con le disposizioni dell’articolo 162 della Costituzione politica al fine di difendere i diritti costituzionali e fondamentali della mia persona, in attenzione al grave pericolo che incombe su di me la vita e l’integrità fisica”. A rendere il tutto ancora più grave, il fatto che le minacce non siano state pronunciate da qualche anonimo estremista di destra, ma da “Rafael López Aliaga, un alleato del candidato alla presidenza Keiko Fujimori”. Aliaga, leader del partito nazional conservatore Renovación Popular, si era classificato terzo al primo turno delle presidenziali, ed ha apertamente dichiarato di sostenere Fujimori nella sfida contro Castillo.

In effetti, in occasione di una manifestazione svoltasi a Lima lo scorso 8 maggio, Aliaga ha augurato “morte al comunismo, morte a Vladimir Cerrón (candidato vicepresidente di Perú Libre, ndr) e a Pedro Castillo”.

Se, da un lato, Fujimori ha incassato il sostegno di Aliaga e di tutta la galassia della destra conservatrice e reazionaria, dall’altra Castillo ha potuto stringere un’alleanza con le altre forze progressiste e socialiste, che dunque lo sosterranno in occasione del voto decisivo del prossimo 6 giugno. Castillo, in particolare, ha firmato un accordo politico e cittadino con Verónika Mendoza, la candidata della lista Juntos por el Perú, che riunisce, oltre al Movimiento Nuevo Perú della stessa Mendoza, anche il Partido Humanista Peruano, il Partido Comunista Peruano, il Partido Comunista del Perú – Patria Roja e il Movimiento por el Socialismo

Dopo l’incontro che entrambi i leader politici hanno tenuto a Lima, Mendoza ha sostenuto la candidatura di Castillo, in quanto questi incarna una soluzione democratica alla crisi che il Paese sudamericano sta attraversando e che aiuterebbe “a porre fine alla corruzione mafiosa“. Mendoza ha aggiunto che l’accordo di unità è un’opportunità per rispondere “alla chiamata del popolo” e mobilitarsi per “lasciarsi alle spalle la corruzione e l’autoritarismo e costruire un nuovo Paese“. Oltre a chiudere la strada a “forze autoritarie e corrotte“, l’accordo siglato tra le due forze politiche di sinistra cerca di “inaugurare un nuovo tempo in cui tutte le voci vengano ascoltate e la nostra sovranità venga recuperata“. Entrambi i leader hanno sottoscritto che questi obiettivi aprono la strada a “costruire un nuovo patto sociale attraverso una nuova Costituzione“.

Attualmente, i sondaggi sembrano essere favorevoli alla vittoria di Pedro Castillo. Secondo la ricerca della società Estudios de Mercado y Opinión Pública, che ha preso in considerazione un campione di 1.600 persone rappresentative della popolazione urbana e rurale del Paese, Pedro Castillo avrebbe il 34,2% dei consensi, mentre Keiko Fujimori si fermerebbe al 32%. Tuttavia, il 15% degli intervistati ha dichiarato di essere ancora indeciso sul da farsi, mentre il 18% ha dichiarato di voler annullare la scheda. Questo significa che ogni tipo di esito è ancora possibile. In precedenza, un altro sondaggio del gruppo Ipsos ha rivelato che Pedro Castillo avrebbe ottenuto il 43% dei voti, mentre Fujimori avrebbe ottenuto il 34% dei voti.

Secondo i dati attualmente a disposizione, Fujimori prevarrebbe a Lima e in alcuni altri grandi centri urbani, mentre Castillo raccoglierebbe i propri consensi soprattutto nelle aree rurali dell’entroterra, grazie al forte sostegno di cui gode tra i contadini e le comunità indigene. 

La campagna elettorale di Keiko Fujimori e della destra reazionaria potrebbe tuttavia subire una battuta d’arresto proprio in questi giorni. La candidata di Fuerza Popular deve infatti affrontare pesanti accuse nei suoi confronti, per le quali il procuratore José Pérez ha chiesto trenta anni e dieci mesi di carcere. Lo stesso Pérez ha recentemente denunciato di aver ricevuto minacce, ed ha chiesto la protezione per sé e per la sua famiglia. 

Fujimori, suo marito, il cittadino statunitense Mark Vito Villanella,ed il suo partito sono pesantemente coinvolti nelle inchieste del caso “Cocteles”, e sono accusati del reato di riciclaggio di denaro relativo al finanziamento della loro campagna elettorale. Il rapporto del procuratore Pérez non sembra in effetti lasciare dubbi sulla loro colpevolezza, ed include la confessione dell’uomo d’affari Enrique Gubbins, secondo il quale il marito di Fujimori avrebbe ricevuto dalla sua azienda (Sudamericana de Fibras) milioni di dollari su commissione di Juan Raussmussen, zio di Gubbins. Lo stesso Villanella rischia attualmente 22 anni e otto mesi di reclusione.

Un altro punto sfavorevole a Keiko Fujimori riguarda il recente riemergere di alcune questioni riguardanti i crimini commessi da suo padre, Alberto Fujimori, quando questi era presidente del Paese, tra il 1990 ed il 2000. L’Associazione delle donne colpite da sterilizzazioni forzate (Ampaef) ha riportato alla luce migliaia di casi di sterilizzazioni forzate avvenute ai danni di donne indigene, soprattutto di etnia quechia, nel corso della presidenza di Fujimori. A riguardo, i pubblici ministeri hanno presentato 182 prove di colpevolezza dell’imputato, che si riferiscono a situazioni vissute da 1.312 vittime, ma le persone coinvolte sarebbero nell’ordine delle decine di migliaia, compresi 22.000 uomini. Alberto Fujimori sta attualmente scontando 25 anni di prigione per per crimini contro l’umanità e corruzione, ma molti temono che sua figlia Keiko potrebbe utilizzare i poteri della presidenza per concedergli la grazia.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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