Come riportato da molti canali informativi, giovedì il Parlamento europeo ha approvato una mozione che congela le discussioni sul CAI (Comprehensive Agreement on Investment), un accordo di investimenti reciproci tra Repubblica Popolare Cinese ed Unione Europea del quale si discute addirittura dal 2013. Chiaramente, la decisione dell’emiciclo di Strasburgo, avvenuta con 599 voti favorevoli, 30 contrari e 58 astensioni, non rappresenta uno stop definitivo al CAI, ma il segnale lanciato dai parlamentari europei non va certo nel senso di un miglioramento dei rapporti con Pechino.

Ufficialmente, l’Unione Europea chiede la Cina revochi le sanzioni imposte di recente a dieci funzionari europei, di cui cinque parlamentari (due tedeschi, uno francese, uno bulgaro ed uno slovacco), senza tuttavia menzionare il fatto che le misure prese da Pechino rappresentano una risposta alle sanzioni imposte congiuntamente da UE, Regno Unito, Stati Uniti e Canada, che continuano a fare propaganda spargendo fake news circa il presunto genocidio degli uiguri nello Xinjiang. Inoltre, il Parlamento europeo chiede alla Cina di “migliorare la protezione dei diritti umani”, solito vessillo sventolato dalle forze imperialiste quando sono a corto di scuse per attaccare un Paese.

L’Unione Europea, che vorrebbe ergersi a grande potenza economica mondiale, dimostra in realtà di essere completamente genuflessa alle volontà degli Stati Uniti, anche a costo di danneggiare la propria economia. Il contesto economico globale parla infatti di una Cina in grande ascesa ed un mondo occidentale in fase di lenta ma inesorabile decadenza: l’Europa dovrebbe dunque abbandonare la nave atlantista, destinata ad affondare nei prossimi decenni, aprendo i propri orizzonti ad oriente, dove si trova oramai il fulcro dell’economia mondiale.

Come fa notare un editoriale del Global Times, testata cinese che si occupa di questioni internazionali, “un gran numero di aziende europee ha grandi aspettative per l’entrata in vigore del CAI. Il Parlamento europeo ha inferto un colpo alle loro aspettative e aspirazioni. Il Parlamento europeo ha mostrato una posizione dura, ritenendo che la Cina sia ansiosa unilateralmente di approvare il CAI e che l’UE possa utilizzare il congelamento dell’accordo come arma per punire la Cina. Questo per compiacere se stessi, fuorviare e ingannare l’opinione pubblica europea”. In verità, l’accordo sarebbe molto più vantaggioso per l’Unione Europea, visto che aprirebbe al vecchio continente le porte di quella che oramai è la prima economia del pianeta a parità di potere d’acquisto.

Lo stesso Global Times sottolinea come il CAI sarebbe un importante passo in avanti nel senso dell’emancipazione dell’Europa dal controllo degli Stati Uniti, che continuano a trattare il nostro continente, e soprattutto l’Italia, come un proprio possedimento ed una grande portaerei da utilizzare per le proprie imprese belliche in Africa settentrionale o in Medio Oriente. “Dopo tutto, il CAI è nell’interesse generale dell’UE”, afferma l’articolo del quotidiano cinese. “Si adatta anche alla direzione generale dell’autonomia strategica dell’UE. Gli Stati Uniti hanno istigato conflitti tra Cina e Occidente su questioni relative ai diritti umani e hanno trasformato la questione dello Xinjiang in un grande scontro tra le due parti”. In pratica, “l’Europa sta perseguendo l’ambizione strategica degli Stati Uniti a proprie spese”.

Gli unici ad avere un reale interesse nell’osteggiare un accordo economico tra Cina ed Unione Europea sono infatti proprio gli Stati Uniti, che non si rassegnano alla perdita del proprio ruolo egemonico su scala globale. Washington si oppone strenuamente al multilateralismo promosso da Pechino, senza rendersi conto che l’epoca della monarchia universale del dollaro è oramai terminata. Oltretutto, né gli Stati Uniti né l’Unione Europea sembrano aver compreso che la Cina non è disposta a scendere a compromessi per quanto riguarda la propria politica interna: nessun tipo di pressioni imposte dall’esterno riuscirà a far cambiare idea al governo cinese, e questo include anche la questione di Hong Kong, che fa parte integrante del territorio della Repubblica Popolare.

In questo senso, la Germania sembra intenzionata a fare da leader nell’apertura nei confronti della Cina. La prima potenza economica europea, per quanto possa essere criticabile sotto innumerevoli aspetti, ha spesso dimostrato la propria volontà di affrancarsi dalla sudditanza nei confronti degli Stati Uniti, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con la Federazione Russa e la costruzione del gasdotto Nord Stream 2. Il governo di Berlino ha recentemente annunciato che ad agosto la fregata Bayern effettuerà un viaggio nella regione Asia-Pacifico con a bordo duecento soldati, toccando Paesi come India, Australia, Giappone, Corea del Sud, Singapore, Indonesia, Vietnam e Cambogia. Ma la nave militare tedesca attraccherà anche al porto di Shanghai, considerandolo come “un gesto di disponibilità a collaborare con la Repubblica Popolare”. In questo senso, la rotta della fregata Bayern eviterà accuratamente di attraversare lo stretto di Taiwan e di varcare la zona di dodici miglia intorno alle isole rivendicate da Pechino nel Mar Cinese Meridionale.

La decisione dei tedeschi di evitare di varcare le acque rivendicate dalla Cina può sembrare una questione di secondo piano solo per chi non è al corrente delle forti tensioni che si respirano quotidianamente nel Mar Cinese Meridionale. Le navi da guerra statunitensi, ad esempio, violano costantemente i confini marittimi rivendicati da Pechino, avvicinandosi spesso pericolosamente alle navi militari cinesi. Secondo la Fondazione Friedrich Naumann, oltretutto, gli Stati Uniti avrebbero espressamente chiesto alla Germania di fare altrettanto sin dal 2019, ma Berlino si è categoricamente rifiutata di prestarsi ad una simile provocazione. Per questa ragione, la fregata Bayern si atterrà unicamente alle rotte commerciali internazionali.

Non dimentichiamo che, lo scorso 16 aprile, il presidente Xi Jinping ha partecipato ad un importante meeting online con la cancelliera Angela Merkel ed il presidente francese Emmanuel Macron. “Sostengo sempre la costruzione di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità e sono pronto a rafforzare la cooperazione con Francia e Germania per affrontare il cambiamento climatico”, aveva in quell’occasione affermato il leader cinese. “Le relazioni Cina-Europa stanno affrontando nuove opportunità di sviluppo e varie sfide. Entrambe le parti devono cogliere con fermezza la direzione complessiva dello sviluppo dei legami Cina-Europa da un’altezza strategica. La Cina amplierà l’apertura di alto livello e creerà un ambiente commerciale equo, giusto e non discriminatorio per le imprese a investimento straniero, comprese le società francesi e tedesche. Spero che anche l’Europa possa trattare le imprese cinesi con un atteggiamento altrettanto positivo e collaborare con la Cina per rafforzare i partenariati verde e digitale Cina-Europa e rafforzare la cooperazione nella lotta alla pandemia”.

Il XXI secolo è il secolo della grande ascesa della Repubblica Popolare Cinese. L’Europa deve decidere se seguire questa via, cambiando radicalmente il proprio atteggiamento nei confronti di Pechino, oppure restare invischiata nel fallimentare sistema neoliberista incarnato nella potenza decadente degli Stati Uniti.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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