I costi della restaurazione liberista

In tutti i paesi dell’Est Europa, che hanno vissuto la restaurazione liberista, la speranza di vita è crollata e il tasso di mortalità è salito alle stelle con 18 milioni di morti aggiuntive nei paesi ex socialisti, di cui 12 milioni in Russia, dove la speranza di vita maschile è crollata a soli 57 anni, ossia tre in meno dell’India.

 di Renato Caputo  

Il pensiero unico neoliberista dominante ci costringe a vivere in un mondo fuori della storia che ci impedisce di comprendere cosa è successo e di poter riprendere nelle nostre mani il destino. Così nei media mainstream non vi è alcun dato che consenta di fare un bilancio critico di cosa ha significato la vittoria della controrivoluzione in Europa orientale e la conseguente restaurazione liberista, ovvero la realizzazione del sogno distopico del neoliberismo. Ecco i costi sociali occultati dei venticinque anni di transizione al capitalismo: “circa 18 milioni di morti aggiuntive nei paesi dell’Est – di cui 12 milioni in Russia (…). Un enorme aumento di mortalità legato soprattutto a disoccupazione, precarietà, disuguaglianze. Una vicenda analizzata ora nel volume curato da Vladimir Popov When Life Expectancy Is Falling: Mortality Crises in Post-Communist Countries in a Global Context e in particolare nel capitolo di Giovanni Andrea Cornia The Mortality Crisis of the Former Soviet Bloc Countries, 1989-2014 [1]. Come ha osservato a ragione l’autore di quest’ultimo studio: “gli anni dopo il 1989 sono stati caratterizzati da una severa recessione, una caduta della produzione e dei redditi, il rapido impoverimento di ampie fasce della popolazione, un aumento della concentrazione del reddito e della ricchezza, una grande disgregazione sociale e una acuta crisi di mortalità” [2]. Così, in tutti i paesi dell’Est Europa che hanno vissuto la restaurazione liberista “la speranza di vita maschile è nettamente diminuita e il tasso lordo di mortalità è aumentato. In Russia, in particolare, la speranza di vita maschile è scesa a soli 57,6 anni, (…) tre in meno rispetto all’India” [3]. Per quanto riguarda le ragioni di tale spaventosa strage: “la causa va cercata nell’aumento della disoccupazione e della precarietà, a loro volta prodotte soprattutto dalle privatizzazioni «selvagge» e dall’aumento vistoso delle disuguaglianze (…). A questo proposito Cornia sottolinea che l’indice di Gini è aumentato molto – addirittura di 10-20 punti – proprio nei paesi (ex Urss e Europa sudorientale) che hanno sperimentato la crisi di mortalità nella forma più estrema” [4].

Egualmente occultati sono stati i risultati della restaurazione liberista post guerra fredda anche negli altri paesi europei. Come è noto la dissoluzione dell’Unione Sovietica è stata subito sfruttata per fissare una volta per tutte le regole neoliberiste su cui si sarebbe costruita, a partire dal Trattato di Maastricht, l’Unione (imperialista) Europea. Lasciamo la parola all’allora presidente del Consiglio italiano, strenuo sostenitore dell’Ue: “Bisogna agire «come se», in Europa: come se si volessero poche cose, per ottenerne molte. Come se gli Stati restassero sovrani, per convincerli a non esserlo più. La Commissione di Bruxelles, ad esempio, deve agire come se fosse un organo tecnico, per poter operare alla stregua di un governo. E così via, dissimulando e sottacendo. (…) La sovranità che si perde sul piano nazionale (…) è affidata a entità senza volto: la Nato, l’Onu, infine l’Unione. L’Unione è all’avanguardia nel mondo mutante: indica un futuro di Prìncipi senza sovranità. (…) Il nuovo è senza testa, e chi ha i comandi non è afferrabile né eleggibile. Di fatto la metamorfosi è già fra noi: basteranno alcuni ritocchi, e molta, molta furbizia. Perché i più non hanno, che il Mondo Nuovo già esiste. (…) La verità è che il potere sovrano, spostandosi, evapora. Scompare. (…) In esso non esistono più singoli, identificabili sovrani. Al loro posto esiste una moltitudine di autorità a diversi livelli di aggregazione, a ciascuna delle quali fanno capo diversi interessi degli esseri umani: livelli che posseggono competenze ambigue, condivise con altre autorità. (…). Così peraltro si è fatta l’Europa: creando organismi comunitari senza che gli organi dove sono presenti gli Stati avessero l’impressione che si imponesse loro un potere superiore. La Corte di giustizia come organo sovranazionale nacque per questa via: fu una sorta di atomica non vista, che Schuman e Monnet infilarono nei negoziati sulla Comunità del carbone e dell’acciaio. La stessa Ceca fu questo: una casuale miscela di egoismi nazionali diventati comunitari. Non mi sembra opportuno sostituire questo metodo lento ed efficace – che dà agli Stati una tranquillità non ansiogena nel momento in cui li spoglia di poteri – con i grandi salti istituzionali (…). Quanto alla Commissione, vorrei essere chiaro. Per me il ruolo politico dell’esecutivo è indiscutibile. Sono solo convinto che lo eserciti al meglio usando i poteri tecnici che il Trattato le attribuisce in quanto organo esecutivo. (…) Quindi preferisco andar piano, sbriciolare a poco a poco pezzi di sovranità, evitare bruschi passaggi da poteri nazionali a poteri federali. (…) La locomotiva o il cuore dell’Europa dovrà occuparsi del governo comune dell’economia” [5]. Come ha osservato Roberto Musacchio oggi questi poteri senza faccia assumono in Italia le sembianze del “presidente del Consiglio, il banchiere. Il commissario al Covid, il generale. Il segretario del Pd, già membro della trilaterale [6]”.

Per quanto riguarda il banchiere, a ulteriore conferma di essere il demiurgo del governo dei peggiori, ha portato a termine una ulteriore tappa della sua ormai seriale collezione di “gaffe” sostenendo che la cittadinanza italiana a Patrick Zaki “è un’iniziativa parlamentare, e il governo non è coinvolto”, a fronte di un atto di indirizzo appena votato dal parlamento che obbliga il governo ad agire di conseguenza. In tal modo, l’uomo della provvidenza ha inteso sottolineare ancora una volta il proprio snobismo oligarchico nei riguardi della Repubblica democratica parlamentare italiana, nei confronti delle “oltre 200.000 persone che avevano sottoscritto la proposta”, dei “208 senatori che avevano votato a favore, tra cui Liliana Segre che era venuta appositamente a Roma” [7]. Tanto più che l’indirizzo era stato appena votato da tutti i partiti che fanno parte della sua maggioranza, tanto che ci si è domandati: “lui [Draghi] dove pensa di stare? Nel consiglio d’amministrazione di una banca?” [8]. Al punto da far saltare i nervi persino al forzista Lucio Malan che gli ha dovuto ricordare “che il governo, presente nell’aula del Senato, aveva dato parere favorevole alla richiesta che ha un rilevante significato simbolico”. Persino Mattia Santori delle Sardine si è detto “veramente imbufalito”, in quanto “il parlamento ha dato un mandato preciso e il governo è obbligato a dare seguito”. In effetti, “il voto del Senato di giovedì rischia di essere una luminosa parentesi, un sussulto etico circondato da due atti del governo: «coinvolto» sabato 10 nella partenza da La Spezia della seconda fregata militare destinata all’Egitto, «non coinvolto» neanche una settimana dopo su una questione cruciale di diritti umani” [9]. Peraltro, “Draghi ha una strana idea, e assai variabile, della dittature […]. Erdogan per lui è un dittatore, «del quale abbiamo bisogno» il lavoro sporco per l’Occidente qualcuno deve pur farlo o forse sarebbe meglio dire un autocrate, visto che pur tenendo migliaia di innocenti in prigione e massacrando i curdi, qualche elezione la perde, come alle municipali di Ankara e Istanbul”. Mentre “Draghi rischia di apparire complice di un altro dittatore”, ovvero di Al Sisi che “è ancora peggio: lui nel 2013 è stato autore di un sanguinoso golpe che ha defenestrato un governo che poteva non piacere, dei Fratelli Musulmani, ma era il primo eletto regolarmente nella storia recente dell’Egitto. Non solo. Al Sisi detiene 60-70 mila persone in condizioni carcerarie terrificanti e in totale arbitrarietà. Al Sisi è colui che dal 2016 prende in giro la giustizia italiana rifiutandosi di mettere sotto processo i torturatori e gli assassini di Giulio Regeni. Insomma, è il burattinaio complice convinto di gente che dovrebbe stare sotto processo e pagare il conto con la giustizia. Agli atti della procura di Roma ci sono abbondanti testimonianze sui poliziotti che hanno assassinato Regeni e come i servizi egiziani hanno costantemente inquinato le prove e depistato le indagini. Draghi queste cose non può fare finta di ignorarle” [10].

Senza contare che nel frattempo persino fra i “dem c’è la consapevolezza del rischio che il Recovery targato Draghi sconti un eccesso di accentramento nelle mani del premier [sic!] e dei ministri tecnici, assai più rilevante di quello che veniva imputato a Conte”, senza contare che ritengono “largamente insufficienti” [11] i fondi stanziati per Mezzogiorno e per le scuole. Tanto che Letta, preoccupato, si è affrettato a ribadire che “quello di Draghi è il nostro governo”.

Del resto, per quanto riguarda gli esiti nefasti nel nostro paese della restaurazione liberista emblematico è il caso del principale “erede” del principale partito comunista del mondo occidentale, che ha finito per eleggere all’unanimità a proprio leader un “già membro della trilaterale” [12]. Al punto che in barba alla progressività delle imposte sancita dalla stessa Costituzione, “l’Istituto Bruno Leoni, pasdaran della flat tax sotto la presidenza di un ex parlamentare del Pds è ancora capace, nonostante i tempi, di trovare ascolto tra i consulenti economici di Mario Draghi (oltre che nel comitato scientifico della scuola di politica di Enrico Letta: come se Forza Italia avesse annoverato tra i docenti della propria scuola di formazione un fautore della collettivizzazione dei mezzi di produzione)” [13].

In conclusione, a ulteriore conferma dei costi sociali della restaurazione liberista possiamo citare l’ultimo rapporto Oxfam dedicato a Il virus della diseguaglianza, che denuncia come i “540 miliardi accumulati dai primi 10 super-ricchi nel mondo nell’anno della pandemia sarebbero sufficienti a «garantire un accesso universale al vaccino e assicurare che nessuno cada in povertà per il virus»” [14].

https://www.lacittafutura.it/editoriali/i-costi-della-restaurazione-liberista

Note:

[1] Filippi, V., In tempi di pandemia, ecco chi muore di più, all’Est come all’Ovest, in “Il manifesto” del 10.04.2021.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem.

[4] Ibidem.

[5] Spinelli, B., Giuliano Amato: poteri forti e democrazia totalitaria in “La Stampa” del 13 luglio del 2000, ora anche in https://transform-italia.it/il-banchiere-il-generale-e-la-trilaterale/

[6] Musacchio, R., Il banchiere, il generale e la trilaterale, in “Transform! Italia” del 14/04/2021.

[7] Noury, R., Patrick Zaki: governo coinvolto negli affari, ma non sui diritti umani, in “Il manifesto” del 17.04.2021.

[8] Negri, A., Ponzio Pilato con Al Sisi dittatore peggio di Edogan, in “Il manifesto” del 18.04.2021.

[9] Carugati, A., Su Zaki rivolta contro Draghi: “Il governo non si tiri indietro”, in “Il manifesto” del 17.04.2021.

[10] Negri, A., Ponzio…, cit.

[11] Carugati, A., Su Zaki…, cit.

[12] Musacchio, R., Il banchiere…, cit.

[13] Pallante, F., Le tasse e il ritardo della classe politica, in “Il manifesto” del 15.04.2021.

[14] Revelli, M., Le sfide della pandemia, il potere e il trionfo dell’avidità, in “Il manifesto” del 18.04.2021.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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