L’imperialismo occidentale capeggiato dagli Stati Uniti sostiene da sempre – e ancor di più dopo la dissoluzione dell’Urss – più o meno indirettamente dei colpi di Stato contro i governi non allineati, che l’informazione mainstream fa passare per “rivoluzioni” popolari contro regimi dipinti come totalitari.

Renato Caputo

Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica hanno inizio le (contro)rivoluzioni colorate, ovvero dei cambiamenti di regime sostanzialmente imposti dai paesi dell’imperialismo occidentale, in primo luogo dagli Stati Uniti, per rovesciare governi non allineati al nuovo ordine mondiale, che vede gli Usa e ancora di più la Nato come sole grandi potenze mondiali. Tali colpi di Stato orchestrati dall’Occidente hanno avuto origine in Serbia oltre vent’anni fa e sono proseguiti, senza sostanziali soluzioni di continuità, sino ai nostri giorni. La tattica utilizzata nei più diversi contesti e continenti è più o meno sempre la stessa. Si invitano negli Stati Uniti giovani di estrema destra, li si forma nelle tattiche di regime change, li si fa tornare per metterle in pratica nel loro paese, fornendogli tutti i mezzi necessari dal punto di vista finanziario, se necessario inviando consiglieri militari e, soprattutto, garantendo copertura mediatica egemonica in grado di fare apparire questi estremisti al servizio dell’imperialismo come degli eroici oppositori, capaci di sfidare regimi tendenzialmente totalitari, oltre che corrotti, impopolari etc. Gli ultimi due casi noti a livello internazionale sono Juan Guaidó, che ha messo per anni alle corde il governo venezuelano, e Alexei Navalny, uno degli strumenti più utili dell’imperialismo occidentale per porre sotto pressione l’unico paese in grado di tenere testa alla Nato dal punto di vista militare.

Meno noto, in quanto bloccato per tempo dai servizi di sicurezza bielorussi, presumibilmente coadiuvati dai colleghi russi, è il “giornalista” oppositore bielorusso Roman Protassevich, naturalmente presentato come un martire da tutta i mass media occidentali, compresi giornali di nicchia, come il quotidiano sedicente comunista “Il manifesto”. Peccato che sullo stesso giornale, in un articolo pubblicato da un collaboratore greco, scritto per attaccare il governo greco e i servizi segreti bielorussi, emerge che “il lungo soggiorno del presunto «giornalista dissidente» Roman Protasevich in Grecia ha alimentato forti sospetti. La sua presenza al Forum di Delfi a fianco della leader dell’opposizione bielorussa era ben nota e aveva provocato stupore tra le numerose comunità post-sovietiche della Grecia. Protasevich è infatti un noto attivista di estrema destra. Da giovane era militante nel gruppo nazista bielorusso «Fronte della Gioventù» e più tardi emerse tra i dirigenti della milizia ultranazionalista «Pahonia», che collabora con i nazisti ucraini del «Battaglione di Azov» nella guerra contro i separatisti filorussi del Donetsk. Secondo il sito di giornalismo d’inchiesta sull’esterma destra «FoiaRequest», Protasevich ha svolto un ruolo importante nelle manifestazioni antigovernative di piazza Maidan a Kiev e più tardi avrebbe preso parte nei combattimenti a Donetsk. Egli steso si sarebbe fatto fotografare portando l’elmetto con le insegne delle Ss, mentre in un’altra foto sventola la bandiera della Repubblica di Rutenia, una creatura di Hitler per premiare gli alleati ungheresi. Qualche anno fa è stato fotografato in prima fila nelle manifestazioni del «Blocco Nero» a Minsk, fino a quando, dopo aver passato una settimana a Washington su invito del Dipartimento di Stato, non si è dedicato a creare la sua rete informativa Nexta, sostenuta dalla tv Belsat che trasmette sia in Bielorussia che in Polonia. Questo fatto ha alimentato le accuse del regime Lukashenko contro Protasevich di essere finanziato dai servizi polacchi” [1]. Notizie peraltro confermate dalla scrittrice e giornalista Marinella Mondaini, che ha aggiunto: “c’è, ma sarebbe meglio dire c’era il mondo fondato sul diritto internazionale e c’è il mondo fondato sulle regole elaborate a Washington, Londra e Bruxelles. Queste regole permettono di fare atterrare e perquisire l’aereo del presidente di uno Stato sovrano, permettono di bombardare gli altri paesi, per esempio Libia, Siria ecc., dietro motivazioni inventate, permettono di riconoscere l’indipendenza del Kosovo ma di ignorare la volontà di paesi come l’Abkhazia, l’Ossezia del Sud o il referendum della Crimea, permettono di chiudere gli occhi sui neonazisti in Ucraina. Queste regole permettono ai servizi segreti statunitensi di arrestare cittadini russi in tutti gli angoli del mondo, permettono di rapirli per portarli in America e sbatterli in prigione per anni” [2]. Ricordando, inoltre, come tutti i leader occidentali – che ora si strappano le vesti contro gli atti di pirateria aerea bielorussa e riprendono immediatamente a inasprire le sanzioni contro il paese, in attesa che si riunisca la Nato – erano stati complici degli Stati Uniti quando “davano la caccia a Edward Snowden, che sospettavano si trovasse a bordo dell’aereo del presidente della Bolivia, Evo Morales a luglio nel 2013. L’aereo, partito da Mosca verso La Paz,  era in volo da oltre tre ore quando i piloti ricevettero l’inaspettata e improvvisa comunicazione che l’Italia, la Francia, Spagna e Portogallo rifiutavano lo spazio di volo e i propri aeroporti al presidente Evo Morales. L’aereo presidenziale fu perciò costretto ad atterrare d’emergenza a Vienna. Una volta a terra, nonostante la propria immunità, venne perquisito e dopo che non fu trovato a bordo Snowden, ricercato da Washington, all’aereo venne permesso di ripartire. Nessuna condanna da parte dei burocrati dell’Ue” [3].

Come, naturalmente, nessuna eco aveva avuto in occidente – non solo nessuna condanna, ma completo silenzio stampa – lo sventato attentato terroristico, che avrebbe dovuto assassinare il presidente bielorusso, con le stesse modalità utilizzate nell’attentato al presidente Maduro. È ancora la docente dell’Università di Mosca Mondaini a rivelare: “sabato 17 aprile all’improvviso compare su tutti i media russi la notizia dell’arresto a Mosca di due cittadini, uno cittadino bielorusso e americano, l’altro bielorusso, per aver organizzato il piano per realizzare il colpo di Stato in Bielorussia e l’uccisione del presidente Lukhascenko e dei tre figli. Il Fsb, i Servizi Segreti russi, in collaborazione con il Kgb bielorusso, dopo oltre 6 mesi di lavoro, li ha arrestati e poi ha reso pubblico vari video materiali, compreso il video che ha ripreso di nascosto uno degli incontri dei cospiratori, in cui discutono tutti i dettagli delle operazioni. Ha fatto scalpore in Russia ma soprattutto in Bielorussia, apprendere che sarebbe stato prossimo l’assassinio di Lukhascenko e dei suoi familiari ma non solo, sarebbe stato eliminato anche tutto il vertice del potere bielorusso. I cospiratori avevano preso a modello, come da essi stessi dichiarato, lo scenario dell’eliminazione fisica del presidente dell’Egitto Anwar Sadat, assassinato durante la Parata militare e così intendevano fare con Lukashenko durante la Parata militare a Minsk il prossimo 9 maggio, una data simbolica e festa più importante del paese, giornata sacra della Vittoria dell’Urss sul nazismo. Lukashenko, visibilmente scosso, ha immediatamente nel pomeriggio di sabato dato una conferenza stampa, dove ha mosso l’accusa di volerlo uccidere non solo alla Cia, ma direttamente a Biden. Come è trapelato qui in Russia, a dimostrazione di quanto la notizia abbia allarmato seriamente tutto il mondo politico russo, Putin ha ritenuto indispensabile e urgente telefonare a Biden”.

Dinanzi a questa nuova dimostrazione del vero volto dell’imperialismo “democratico”, naturalmente, i media occidentali – per mesi pronti a esaltare le opposizioni filo-occidentali bielorusse, costantemente in piazza con le bandiere dei collaborazionisti con il nazismo durante l’aggressione imperialistica all’Urss nel corso della Seconda guerra mondiale – non solo hanno occultato la notizia, ma hanno nuovamente sviato in senso rovescista l’opinione pubblica, con la notizia che la Repubblica ceca avrebbe espulso buona parte del corpo diplomatico russo, in quanto agenti dei servizi segreti, implicati nell’esplosione nel 2014 di un deposito di munizioni, nascosto in un borgo sperduto della Moravia meridionale. Per altro il deposito di armi era stato dato senza nessun controllo a una ditta privata di armi. Sebbene il procuratore generale della Repubblica Ceca ha dichiarato che gli inquirenti non intendono rivelare nulla riguardo tali depositi in quanto le indagini sarebbero ancora in corso, da ben sette anni, “l’informazione circolata da tempo era che proprio da questi depositi venivano mandate armi e bombe ai terroristi della Siria” e anche all’Ucraina. Tanto che le autorità della Repubblica Ceca dopo aver denunciato che la Russia avrebbe compiuto un attentato terroristico nel suo territorio, chiedendo agli altri paesi dell’Unione europea di espellere dal loro paese come ritorsione membri delle ambasciate russe, è stata costretta a una precipitosa marcia indietro. Scaricando per altro la responsabilità dei siti d’armi, messi a disposizione dall’esercito ceco, su un commerciante bulgaro di armi.

Tanto che mentre il nuovo attacco alla Russia veniva messo in sordina in occidente, Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, ha denunciato: “adesso che anche questa notizia è detonata, penso che alcuni paesi non siano molto interessati a chiarire la vicenda oscura di queste armi. La verità verrà a galla, così come è avvenuto per l’Iraq, dove l’occidente non ha pagato per le sue menzogne né allo Stato, né ai cittadini dell’Iraq, però la verità è venuta a galla e così sarà anche ora”.

Ecco un nuovo brillante risultato della controrivoluzione trionfante nelle ex democrazie popolari dell’est Europa, ai tempi spacciate dall’occidente come rivoluzioni popolari, che hanno di fatto anticipato le rivoluzioni colorate. La Repubblica Ceca è stata fra i primi paesi dell’ex Patto di Varsavia a aderire alla Nato – violando clamorosamente l’unica assicurazione voluta dall’Urss di Gorbaciov per il ritiro delle truppe russe e l’assenso alla riunificazione della Germania – si è schierata con la “nuova Europa” ovvero con l’imperialismo americano ai tempi della rottura con Germania e Francia che si erano opposte all’invasione dell’Iraq, è divenuta fra i paesi più filosionisti, impedendo all’Unione europea di fare pressioni su Israele perché cessasse i bombardamenti e ora è in prima fila nel fomentare la guerra in Ucraina e le forze del fondamentalismo islamico in Siria.

Peraltro, proprio le crescenti tensioni in Ucraina non solo sono funzionali all’adesione anche di questo paese alla Nato, ma sono divenute uno dei principali focolai per lo scoppio di un nuovo conflitto con la Russia di portata, almeno potenzialmente, catastrofica.

Note:

[1] Dimitri Deliolanes, Servizi di sicurezza sotto attacco: intelligence bielorussa indisturbata, in “Il manifesto” del 26.05.2021.

[2] Marinella Mondaini, Il cinismo dell’UE per l’arresto dell’oppositore Protasevic

[3] Ibidem.

https://www.lacittafutura.it/editoriali/le-rivoluzioni-scolorate

Di Red

„Per ottenere un cambiamento radicale bisogna avere il coraggio d'inventare l'avvenire. Noi dobbiamo osare inventare l'avvenire.“ — Thomas Sankara

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