La NATO ci deve proteggere. Deve farlo. Sono oltre sett’antanni che lo fa: come il Patto di Varsavia un tempo, punta ancora i suoi missili contro le zone del pianeta che sono insicure, instabili e così perpetua il suo ruolo di presidio, di disincentivo all’assedio prima di tutto economico della rovinosa fortezza europea. Avrebbe dovuto essere interamente finalizzata a bilanciare la bipolarità mondiale, stabilitasi appena concluso il secondo conflitto mondiale, ed invece è diventata gendarme degli Stati Uniti, avamposto principalmente di offesa, ipocritissimo deterrente nei confronti di un nemico che è mutato nel tempo e che ora, a quanto pare, si è sdoppiato ad oriente.

L’Unione Sovietica sembra ormai allocata nei capitoli recenti dei libri di storia, consegnata allo studio delle nuove generazioni: la Russia di oggi è una minaccia più per il popolo russo stesso piuttosto che per i paesi occidentali. E così dicasi del regime cinese. Ma, se queste vengono definite per ciò che realmente sono, regimi oligarchici, neobonapartismi di infimo livello, dittature e altro ancora, è atrettanto giusto affermare che le cosiddette “democrazie liberali” del nostro mondo europeo e atlantico costringono tutte e tutti noi a barattare sempre il rispetto dei diritti umani e civili con la compromissione di larga parte dei diritti sociali.

Insomma, la NATO non ci ha protetto mai dai colpi di Stato tentati qua e là in Europa per allontanare il pericolo delle sinistre al governo, dei comunisti al potere. Quello era il suo compito: impedire che il blocco sovietico si espandesse ad ovest e vigilare il moderno limes della Cortina di ferro così come le legioni imperiali romane guardavano il vecchio confine oltre il quale stavano i barbari o i leoni.

Il vertice dell’Alleanza Atlantica tenutosi in questi giorni a Bruxelles non ha fatto altro se non affermare quanto già i grandi paesi che ne fanno parte si erano detti precedentemente in questi anni e mesi. La pandemia ha aiutato i signori della guerra permamente nel nome dell’espansione imperialista dei mercati, li ha spinti a considerare la potenza cinese in tutta la sua fase crescente: dall’Asia all’Africa fino ai confini più remoti dell’Europa. La cosiddetta nuova “via dell seta” rappresenta non solo una minaccia agli altri assi portanti del capitalismo euro-nordamericano, ma è vissuta dai 30 paesi che si sono riuniti attorno al tavolo di Bruxelles come una sfida aperta alla geopolitica di vaste aree oggi interessate da conflitti per nulla risolti.

Basti pensare al caldissimo Medio Oriente: Siria, Iraq, Iran, Israele e Palestina. Nonché alla parte meridionale della penisola arabica dove imperversa un guerra civile e genocida in Yemen che contrappone il governo appoggiato da Arabia Saudita, Giordania, Marocco e altri paesi dell’area, ai ribelli sciiti della minoranza zyadita Huthi. La NATO e gli Stati Uniti, campioni di “esportazione della democrazia“, hanno assistito da lontano (almeno militarmente) al massacro della popolazione fatto con le bombe a grappolo saudite e i frequenti intervnti dell’aviazione di Riyad.

La NATO bada alla democrazia così come chiunque potrebbe prendere a pretesto dei nobili valori umani, sociali, civili e morali per tentare di difendersi dall’accusa di essere invece l’esatto contrario di ciò che pretende di essere. L’ultimo baluardo dell’ipocrisia atlantica e statunitense (e non meno quella italiana) è stato il comportamento tenuto nei confronti del presidente turco Erdogan. Dopo averne condannato i metodi autoritari e averlo sentito appellare come “tiranno“, persino dal nostro Presidente del Consiglio, tutto il previsto gelo nei confronti del nuovo sultano ottomano da parte delle potenze atlantiche si è sciolto come neve al sole.

Da Biden ai leader dei paesi europei, è stata una corsa per avere incontri bilaterali con la Turchia. Ad eccezzion fatta per l’Italia. Va detto. Ma Draghi, che è un atalantista iperconvinto, ha ribadito l’assoluta internità del nostro Paese nell’alleanza: senza se e senza ma. Tutto si tiene: liberismo economico, imperialismo, ricerca della soluzione alla questione libica mediante rapporti di forza militari piuttosto che cooperazione internazionale e richiamo all’Europa ad una collaborazione fattiva in merito.

La NATO, in fondo, è il soldato del capitalismo made in USA e made in EU. E deve vigilare. Gli Stati la finanziano per questo e i grandi finanziatori che finanziano a loro volta l’economia delle potenze nordamericane e del Vecchio Mondo, puntano sulla difesa dei confini sacri delle patrie per motivi di integrità nazionale e tutela dei popoli solamente nella misura in cui ciò gli consente di ampliare l’egemonia merceologica e finanziaria su sempre più nazioni, magari povere e terreno di conquista tra Russia, Cina e USA nello spietato gioco di una nuova guerra fredda tutta, cinicamente, da giocare.

Proprio le basi di questa nuova guerra fredda sono state poste in questi anni, anticipando il ruolo che la pandemia avrebbe avuto nell’accelerare la corsa al risiko mondiale, al posizionamento dei carri armati veri e propri sui terreni di scontro aperto, e mettendosi a guardia del petrolio laddove occorreva, dei gasdotti, delle reti internettiane, combattendo così anche la guerra fredda parallela della cyber-security.

Le basi militari della NATO, vanno così implementate struturalmente: questo è uno dei punti chiave del vertice appena conclusosi. Nessun ripensamento. Nessuna forza politica della maggioranza di governo ha alzato la voce criticamente in merito per dire che la Costituzione è costantemente violata ogni volta che si rilegge la storia proprio di quelle basi e del loro utilizzo sul e dal nostro territorio nazionale. A gridare «Fuori l’Italia dalla NATO» siamo rimasti in pochi. Forse saremo anche una maggioranza silenziosa, ma sempre meno maggioranza e invece sempre più silenziosa.

In fondo, Biden lo ha detto chiaramente: le nazioni devono investire di più negli armamenti, nella difesa (leggasi: prontezza all’offesa, “esportazione della democrazia“), quindi dando così concretezza ad un piano di rilancio della NATO che deve affrontare le “sfide” (parola diplamatica, ma nemmeno poi tanto) della Russia e della Cina. Due nemici nella nuova guerra fredda moderna. Così gli Stati Uniti possono finalmente ritrovare il loro spirito più vero di esistenza, la loro caratterizzazione prima: avere sempre un nemico da fronteggiare, con cui gareggiare per il dominio globale.

I report ufficiali dell’Alleanza parleranno di vicinanza ai valori democratici, di difesa dei diritti, quelli che si citavano prima: umani, civili. Il prezzo, lo si sa, è la contropartita sullo sfruttamento delle risorse naturali, di interi popoli. Il costo della pace, orsù, qualcuno lo dovrà pur pagare!

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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