Il 20 e il 27 giugno si sono svolte in Francia le elezioni regionali nelle diciotto regioni della Repubblica Francese, compresi i territori d’oltremare. Dal 1° gennaio 2016, infatti, le regioni francesi sono state ridisegnate, abbassando il numero delle stesse da ventuno a dodici per quanto riguarda la Francia continentale, alle quali si aggiungono la Corsica e cinque regioni d’oltremare: Martinica, Guadalupa, Guyana Francese, Réunion e Mayotte.
La tornata elettorale è stata caratterizzata da un altissimo tasso di astensione, che dimostra ancora una volta la disaffezione dell’elettorato francese nei confronti della politica. Al primo turno, solamente il 33,28% degli aventi diritto si è recato alle urne, una percentuale pressappoco simile a quella registrata al secondo turno, dove la percentuale si è alzata di poco. Nella regione del Grand Est, addirittura, meno del 30% degli elettori ha partecipato al primo turno, segnando un record negativo nella storia della Repubblica Francese, mentre percentuali superiori al 40% si registrano unicamente in Corsica e in alcuni territori d’oltremare. Nessuno, tuttavia, oserà mettere in dubbio la legittimità di queste elezioni, mentre la bassa affluenza alle urne è stata in passato utilizzata come pretesto per diffamare i processi elettorali di Paesi come il Venezuela.
Non c’è dubbio, dunque, sul fatto che il partito vincitore sia quello dell’astensionismo, del quale fanno parte due francesi su tre. Gli emicicli regionali, tuttavia, saranno occupati dai partiti che hanno ottenuto maggiori consensi tra i votanti: da questo punto di vista, vale invece la pena rilevare come i partiti tradizionali di centro-destra e centro-sinistra stiano tornando ai vertici, battendo invece le forze alternative che si erano fatte strada negli ultimi anni ai due estremi dello spettro politico.
A destra, in particolare, delude il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen, che questa volta sperava di conquistare per la prima volta il governo di una regione. Pur ottenendo il 18,68% di consensi su scala nazionale, i candidati sostenuti da RN sono rimasti distanti dalla possibilità di vittoria: Laurent Jacobelli, nel Grand Est, ha raggiunto il secondo posto (26,30%), battuto da Jean Rottner (40.30%) di Les Républicains (LR), il partito di Nicolas Sarkozy; stessa sorte è spettata a Sébastien Chenu (25,64%) nella regione Hauts-de-France, dove è stato confermato Xavier Bertrand (52,37%, in foto), probabile futuro candidato repubblicano alle presidenziali. Ma la regione sulla quale puntava maggiormente Marine Le Pen era quella della Provenza-Alpi-Costa Azzurra, dove Thierry Mariani era risultato essere il più votato al primo turno (36,38%): anche in questo caso, però, il candidato del RN ha dovuto cedere a quello del centro-destra, Renaud Muselier, che al secondo turno ha raggiunto il 57,30% contro il 42,70% di Mariani.
Proprio il partito Les Républicains esce rafforzato da questo confronto elettorale, operando il controsorpasso su RN in una sfida tutta interna alla destra. Oltre alle tre regioni già citate, i repubblicani conservano l’Alvernia-Rodano-Alpi con Laurent Wauquiez (55,17%), il Pays de la Loire con Christelle Morançais (46,45%) e la regione parigina dell’Île-de-France con Valérie Pécresse (45,92%), sebbene questa faccia parte di Soyons Libres (SL), formazione nata nel 2017 da una costola dei repubblicani. In Normandia, LR appoggiavano il presidente regionale uscente, Hervé Morin, esponente di Les Centristes (LC), confermato con il 44,26% dei consensi.
Nel complesso, dunque, il centro-destra ottiene il governo di sette regioni della Francia metropolitana, le stesse che già governava in precedenza, e conferma il proprio primato anche a Mayotte, dove LR resta il primo partito sotto la guida di Soibahadine Ibrahim Ramadani.
Il centro-sinistra ritrova invece il proprio punto di riferimento nel Parti Socialiste (PS), mentre esce fortemente ridimensionato il partito di Jean-Luc Mélenchon, La France Insoumise (LFI), che resta relegato a posizioni di rincalzo ad esclusione delle regioni nelle quali si è alleato con i socialisti o con gli ecologisti. Anche il Parti Communiste Français (PCF) ha generalmente appoggiato i candidati socialisti, mentre Europe Écologie Les Verts (EELV) ha presentato propri candidati, salvo poi allearsi con i socialisti al secondo turno. È quanto accaduto, ad esempio, nella regione della Bourgogne-Franche-Comté, dove la socialista Marie-Guite Dufay ha ottenuto la conferma grazie anche ai voti degli ecologisti, raggiungendo il 42,20%, o in Bretagna, dove Loïg Chesnais-Girard (29,84%) ha conquistato un secondo mandato. Lo schema è stato proposto anche nella regione Centre-Val de Loire, nella quale ad essere rieletto è stato François Bonneau (39,15%). Confermati anche Alain Rousset (39,51%) nella Nouvelle Aquitaine e Carole Delga (57,77%) in Occitania, questa volta senza l’apporto degli ecologisti.
A sinistra del PS, si guarda soprattutto ai territori d’oltremare, dove la tradizione delle lotte operaie è molto sentita. In Guyana Francese il centrista Rodolphe Alexandre, presidente uscente, è stato sconfitto da una coalizione di partiti di sinistra guidata da Gabriel Serville (54,83%) del movimento Péyi Guyane, sostenuto anche da LFI. Anche a La Réunion, il presidente uscente Didier Robert è stato battuto da una candidata di sinistra, Huguette Bello, leader di Pour La Réunion, partito nato da una scissione del Parti Communiste Réunionnais (PCR): con il sostegno anche di LFI, Bello ha raggiunto il 51,85% dei consensi. Stesso scenario in Martinica, dove una coalizione di liste di sinistra, guidata dal Parti Progressiste Martiniquais (PPM), il partito fondato da Aimé Césaire, ha permesso l’elezione di Serge Letchimy (37,72%) ai danni del presidente uscente Alfred Marie-Jeanne (35,27%), in una sfida tutta tra candidati della sinistra radicale.
Anche il centro-sinistra, quindi, conquista otto regioni, cinque nella Francia continentale con i candidati socialisti e tre nei territori d’oltremare, con candidati situati più a sinistra del PS.
Un discorso a parte merita la Corsica, dove storicamente prevalgono i partiti autonomisti. Gilles Simeoni è stato confermato alla presidenza del Consiglio esecutivo con il 56,46% dei voti, sostenuto dalle liste Femu a Corsica, Corsica Libera e Parti de la Nation Corse. La Corsica è oltretutto la regione dove l’affluenza alle urne ha fatto registrare il dato decisamente più alto, raggiungendo il 58,91% di partecipazione al secondo turno.
Resta da analizzare la performance del partito di Emmanuel Macron, La République En Marche (LREM), che ottiene l’ennesima grande sconfitta, come accaduto in tutte le elezioni svoltesi dopo le presidenziali. In molti casi, i candidati macronisti non hanno neppure raggiunto il secondo turno, ottenendo nella maggioranza delle regioni risultati scoraggianti. Con il suo 14,75% in Bretagna, Thierry Burlot può dire di aver fatto meglio dei suoi compagni di partito, mentre nella regione Centre-Val de Loire LREM ha appoggiato il candidato del Mouvement Démocrate (MoDem) Marc Fesneau, che comunque non è andato oltre il 16%. L’unico candidato sostenuto da LREM ad essere eletto nella Francia metropolitana è stato il già citato Renaud Muselier in Provenza, dove i macronisti si sono dovuti accontentare di sostenere un candidato repubblicano.
Il presidente Emmanuel Macron, sempre meno amato dai francesi, dovrà dunque accontentarsi di guardare all’isola di Guadalupa, dove il suo partito ha giocato sul sicuro sostenendo il presidente uscente Ary Chalus, leader di un partito di sinistra, Guadeloupe Unie, Solidaire et Responsable (GUSR): Chalus ha ottenuto addirittura il 72,43% delle preferenze, ma ha comunque conquistato meno voti rispetto a quelli del 2017, quando si era presentato senza il “prezioso” sostegno di LREM.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog