Foto da impresedelsud.it

Negli ultimi trent’anni i salari sono aumentati in tutti i paesi europei, ma non in Italia, a certificarlo sono i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico

Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro la pandemia ha causato una riduzione della ‘massa salariale’ del 6,5%. Il taglio delle ore lavorative è stato compensato in parte con le misure di salvaguardia prese a livello nazionale dai singoli governi.

Nel nostro Paese il calo dei salari non é stato determinato solo al Coronavirus.

Nel 2020 le retribuzioni medie più alte sono state rilevate nei paesi dell’Europa nord-occidentale, mentre quelle più basse in quelli dell’Europa centrale e meridionale. Secondo i dati Ocse in Estonia, Lettonia e Lituania (+276,3%) i salari sono triplicati. In Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia sono raddoppiati. Aumenti modesti, invece, sono stati rilevati in Spagna, Portogallo e Grecia.

Nello stesso periodo in Francia ed in Germania i salari medi sono cresciuti di oltre il 30%, negli Stati Uniti quasi del 50%. In Italia invece, rispetto al 1990, sono diminuiti del 2,9%. Allora eravamo al settimo posto nella classifica per livello di salari, oggi il nostro Paese è tredicesimo.

Eppure, il Pil medio italiano delle persone occupate negli ultimi trent’anni è cresciuto. È passato da 83 mila a circa 85 mila dollari. Allora perché i salari medi sono diminuiti?

Le spiegazioni sono diverse. Le delocalizzazioni iniziate alla fine del secolo scorso hanno diminuito le opportunità occupazionali. Un incremento dell’offerta di lavoro rispetto alla domanda determina un calo dei salari, almeno per quelli più bassi. La necessità di contenere i deficit del bilancio statale ha ridotto gli investimenti pubblici, questo ha causato una riduzione delle opportunità di lavoro qualificate e ben retribuite. Le riforme del sistema pensionistico e quelle del mercato del lavoro hanno fatto il resto. In particolare, quelle introdotte all’inizio del secolo hanno aumentato i tipi di contratto di lavoro a termine dove le retribuzioni sono più basse e le tutele spesso inesistenti.

La ricchezza prodotta negli ultimi tre decenni è stata distribuita in modo diseguale, almeno in Italia. Nel nostro Paese anche chi lavora è povero. L’incremento dei profitti delle imprese non ha determinato un aumento dell’occupazione, ma solo precarietà e disuguaglianze.

È una visione miope, ma questo è.

E non è un caso che la tendenza sia cominciata all’inizio degli anni Novanta, da quando, cioè, la ‘Sinistra‘ non fa più la ‘Sinistra’ e quando questo succede a pagare sono sempre i lavoratori e gli ultimi.

Fonte Ocse

REDNEWS

Di Giovanni Pulvino (REDNEWS)

Insegno Scienze giuridiche ed economiche dal 1993. Dopo tanti anni di supplenze sono passato di ruolo nel novembre del 2015. In quel periodo il portale web di Tiscali dava agli utenti la possibilità di esprimersi tramite le ‘Socialnews’. Ed è cosi che nel luglio del 2012 ho iniziato a scrivere articoli raccontando le vicende dei precari storici della scuola. Per un anno ho collaborato anche con ComUnità del portale Unità.it. Successivamente, per integrare e proseguire quell’esperienza durata oltre 3 anni, ho creato REDNEWS (28 giugno 2015), un ‘blog di cronaca, informazioni e opinioni dal profondo Sud’. Il mio scopo era ed è quello di dare voce a chi è escluso dalla società, in particolare i disoccupati, i precari, i pensionati al minimo. Nello stesso tempo intendo esprimere il punto di vista di chi vive nel Meridione, terra che è regolarmente esclusa oltreché dal benessere economico anche dai circuiti d’informazione nazionali. La linea editoriale del blog può essere riassunta con le parole scritte nel IV secolo a.C. dal poeta e drammaturgo greco Sofocle: ‘L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo’.

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