La tempesta di acqua e vento in Sicilia e in particolare su Catania è stata chiamata “ciclone mediterraneo”. Una definizione che non esisteva anni fa e che da sola chiarisce la direzione dalla catastrofe climatica. Si va sempre più velocemente verso uno sconvolgimento non solo della natura e dell’ambiente, ma delle nostre vite.
Di fronte all’accelerazione del disastro il bla bla bla dei politici si ripeterà al prossimo G20 a Roma e alla conferenza Cop 26 di Glasgow. Perché fino a che il profitto dominerà le nostre vite e l’economia sarà sottoposta alla dittatura della crescita degli affari, potremo solo aspettare e subire i colpi della progressiva ribellione della natura. La questione ecologica e quella sociale sono due facce della stesso fallimento di quel capitalismo liberista che invece Draghi , la UE ed il potere finanziario vorrebbero rilanciare. Ci vogliono scelte radicalmente diverse su salute e ambiente, ci vuole una vera pianificazione pubblica del risanamento ambientale, ci vogliono piccole opere per risanare il territorio e le città, al posto delle grandi opere mangiasoldi. Rappresentate in Sicilia dalla follia del Ponte sulle Stretto, che tutti noi dovremmo immaginare mentre si scatena un ciclone mediterraneo.
La solidarietà alle popolazioni colpite è vera solo se si accompagna all’impegno e alla lotta per cambiare la società. E non domani o dopo, ma ora. Altrimenti sono solo insopportabili lacrime di coccodrillo che si aggiungono alla pioggia.
Giorgio Cremaschi PaP