Il 13 febbraio, in Germania si sono svolte le elezioni indirette per la massima carica dello Stato tedesco, quella di presidente federale. A votare sono stati 1.472 grandi elettori, ovvero i 736 membri del Bundestag, la camera bassa del parlamento federale, ed altrettanti rappresentanti dei diversi Länder.

Il verdetto ha visto la rielezione di Frank-Walter Steinmeier, in carica dal 19 marzo 2017, che dunque continuerà a ricoprire l’incarico di presidente federale tedesco per un nuovo mandato quinquennale. Secondo i dati ufficiali, Steinmeier ha ricevuto 1.045 voti su 1.425 voti validi espressi, un numero più che sufficiente rispetto alle 737 schede richieste per raggiungere la maggioranza. Tra gli altri candidati, Max Otte, nome proposto dal partito di estrema destra Alternativa per la Germania (Alternative für Deutschland, AfD) ha ricevuto 140 preferenze, seguito da Gerhard Trabert (96 voti) sostenuto da Die Linke e la candidata civica Stefanie Gebauer (58 voti).

Il sessantaseienne Steinmeier era praticamente certo di essere rieletto dopo aver ottenuto il sostegno del governo guidato da Olaf Scholze, leader del Partito Socialdemocratico di Germania (Sozialdemokratische Partei Deutschlands, SPD), formazione dalla quale proviene anche lo stesso Steinmeier. Del resto, i socialdemocratici, oltre ad aver vinto le recenti elezioni federali, disponevano del maggior numero di grandi elettori rispetto alle altre forze politiche presenti. L’attuale presidente federale fu a due riprese ministro degli Affari Esteri nel corso dei governi di Angela Merkel (2005-2009 e 2013-2017), ricoprendo anche l’incarico di vicecancelliere tra il 2007 ed il 2009. Nel 2009 era stato anche il candidato socialdemocratico per la cancelleria, sconfitto però dalla stessa Merkel.

Sulla stampa nostrana non sono mancati i paragoni con la rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica Italiana, tuttavia vi sono non poche differenze rispetto a quanto accaduto nelle settimane scorse in Italia. La rielezione del presidente federale, sebbene non troppo frequente, è infatti una pratica ben consolidata e prevista dalla Costituzione tedesca. Addirittura, i primi due presidenti del secondo dopoguerra, Theodor Heuss (1949-1959) ed Heinrich Lübke (1959-1969) ottennero entrambi due mandati, e fu solamente in seguito che incominciò ad affermarsi la prassi del mandato unico. In seguito, anche Richard von Weizsäcker (1984-1994) e Horst Köhler (2004-2010) ottennero il secondo mandato, anche se quest’ultimo si dimise dopo il sesto anno di presidenza.

Tra la rielezione di Mattarella e quella di Steinmeier vi sono anche altre differenze. Innanzi tutto, il mandato presidenziale tedesco è della durata di cinque anni, e non di sette come quello italiano. Questo significa che, ad ogni modo, Steinmeier non potrà occupare la massima carica per una durata superiore ai dieci anni, mentre Mattarella potrebbe potenzialmente arrivare a quattordici anni di presidenza. Ma vi è di più: l’interpretazione secondo la quale la Costituzione della Repubblica Italiana non vieterebbe un secondo mandato presidenziale risulta molto pericolosa, in quanto con la stessa logica si potrebbe affermare che la nostra carta fondamentale non vieti neppure un terzo o un quarto mandato. Potenzialmente, dunque, i mandati di un presidente italiano sarebbero infiniti.

L’altra importante differenza, che prescinde dai principi giuridici e guarda più ai fatti concreti, riguarda invece l’età dei due presidenti. Mattarella ha attualmente 80 anni e, se porterà a termine il suo secondo mandato, lascerà l’incarico alla veneranda età di 87 anni, mentre Steinmeier ha compiuto 66 anni il mese scorso, e comunque vada non resterà in carica oltre i 71 anni.

Infine, la rielezione di Steinmeier ha rappresentato una decisione condivisa presa dalle forze politiche che compongono la maggioranza governativa in netto anticipo rispetto alla scadenza elettorale, non un ripiego causato dall’incapacità dei partiti di trovare un accordo su un nome.

La rielezione di Steinmeier va comunque letta come una volontà, per la politica tedesca, di garantire una certa continuità in un momento considerato critico. In passato, infatti, la rielezione del capo dello Stato è stata una strada percorsa in fasi storiche come il secondo dopoguerra e l’annessione da parte della Repubblica Federale Tedesca della Repubblica Democratica Tedesca – la Germania Est. La crisi internazionale che vede anche la Germania come protagonista, per mezzo dei suoi rapporti schizofrenici con la Russia (fare gli interessi propri o quelli degli Stati Uniti?), ha sicuramente giocato un ruolo importante in questa decisione da parte dei grandi elettori.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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