Articoli di Marco Bazzoni (con una nota della “bottega”), di Rifondazione Comunista e di Vito Totire che segnala anche il convegno – a Firenze, il 24 settembre – della «Rete Lavoro Sicuro»

Si riaccendano i riflettori

di Marco Bazzoni (*). A seguire una nota della “bottega”.

C’è una priorità in questo Paese di cui pochi parlano e per la quale ci s’indigna troppo poco: quella delle tante, troppe morti sul lavoro. 

Quelle che da più parti sono definite con un termine che fa rabbrividire «morti bianche». Cosa ci sia di bianco in una morte sul lavoro, pare davvero un dato non comprensibile. In tanti, troppi, continuano a chiamarle con questo termine assurdo e ipocrita. Ci vuole rispetto quando si parla di morti sul lavoro e anche le parole hanno il loro peso.

Perché è proprio partendo dal linguaggio che si combatte una battaglia dirimente, quella per una maggiore sicurezza sul lavoro.

Troppe famiglie piangono i loro cari, persone che non fanno più ritorno a casa; tanti di queste sono di giovane età. Padri e madri di famiglia (ancora) costretti a lavorare senza la certezza e la sicurezza di potersi cambiare di abito, a fine turno, per tornare a casa…

Mariti, padri, madri, figli, che varcano l’uscio per andare a lavorare, per assicurare un presente e un futuro dignitoso a chi li circonda, contribuendo così anche allo sviluppo del nostro paese, un Paese che però non fa abbastanza per proteggerli.

Da anni combatto una battaglia di civiltà perché si riducano drasticamente le morti sul lavoro, cercando di sensibilizzare, con articoli, lettere, appelli. Da anni raccolgo le storie delle vittime sul lavoro, affinché queste persone non siano dimenticate.

Lo ricordo sempre: persone e non numeri! 

Anche se spesso quando si parla di loro, emergono esclusivamente le fredde statistiche.

Ogni volta che posso, mi metto in contatto con i familiari delle vittime del lavoro, per cercare di sostenerli, aiutarli.

La mia battaglia di prossimità non si ferma qui, voglio ricordare le 2 procedure d’infrazione che ho fatto aprire dalla Commissione Europea contro l’Italia, nel 2011 e nel 2014, per violazione delle direttive europee per la salute e sicurezza sul lavoro.

Oggi ri-lancio un ulteriore appello: «si riaccendano i riflettori» su queste tragedie sul lavoro, troppo spesso dimenticate.

(*) ripreso da riforma.it

UNA NOTA DELLA “BOTTEGA”

Ci si indigna troppo poco: nel suo piccolo questo blog sottoscrive e rilancia l’appello di Marco Bazzoni. Quanto al color “bianco” delle morti, riproponiamo il commento rabbioso che accompagnava un bel testo (Morte “Bianca”) di Michele Zizzari che pubblicammo a maggio dell’anno scorso.

«Morte bianca per caustica ironia» scrive Michele Zizzari. E’ un gioco tanto raffinato quanto ignobile “sbiancare” le morti e il peggior giornalismo (cioè quasi tutto) da noi lo esercita ogni giorno, salvo quando c’è appunto «lo sdegno d’occasione» che però viene dimenticato tre secondi dopo, invocando «snellimento delle procedure» (cioè meno controlli) per aiutare le aziende, la “crescita”, il Pil e via con le marchette. Una fase del gioco è sbiancare i morti sul lavoro non dicendo che sono migranti (“neri” quelli africani certo, ma anche gli indiani, i cinesi o gli slavi: il colore lo decide il potere non qualche scala cromatica) perchè altrimenti si darebbe di loro una visione “positiva” e/o si farebbe capire quaaaaaaaanto l’economia italiana deve al lavoro nero soprattutto dei migranti. Un’altra fase del gioco è nominare invece sempre il colore (l’etnia o la nazionalità) se invece i migranti sono accusati – talvolta a ragione, spesso a casaccio – di qualunque piccolo crimine.

Parlando di chi crepa sul lavoro il termine “morti bianche” è molto usato: ma è insensato e nasce da un’altra manipolazione. In passato si era diffusa un’espressione pericolosa: «omicidi bianchi» intendendo che di lavoro si muore per colpa di delinquenti in guanti bianchi cioè padroni e istituzioni che non si macchiano di sangue ma consentono – anzi tutelano – una organizzazione assassina che riduce la vita umana a un piccolo fastidio sulla strada del profitto assoluto. Ma cambiando «omicidi» in «morti» quel color bianco più NULLA significa: come a niente serve «lo sdegno d’occasione», il pianto delle iene e dei coccodrilli.

Se si spezza il cavo d’acciaio di una gru..

Nessuna tragica fatalità o incidente sul lavoro. La mancanza di controlli e il rispetto delle norme sulla sicurezza hanno ucciso un altro lavoratore. Tutta la nostra solidarietà alla famiglia di Mirco Bottacin, 55enne di Trebaseleghe, morto dopo un volo di 10 metri, in un cantiere a Zeminiana di Massanzago.

Tutta la nostra rabbia contro una strage che continua e le cui cause sono arcinote. Nonostante le dichiarazioni del governo, le lacrime di coccodrillo che ogni volta siamo costretti a subire. Nulla è cambiato nella sostanza. La tragica catena degli omicidi bianchi si allunga ogni giorno. Il lavoro sempre più sfruttato e precario, la mancanza del personale addetto alle verifiche e controlli sui luoghi di lavoro ne sono le cause arcinote.

Non resta che una strada. Quella di una dura battaglia politica e sindacale perché finalmente si passi dalle chiacchiere a risposte concrete ed efficaci. Noi ci siamo e ci saremo.

Rifondazione Comunista – Padova

Troppo caldo comporta maggior rischio di «infortuni»

di Vito Totire (**)

I cambiamenti climatici fanno temere che il lavoro sarà sempre più infernale (se non cambiamo rotta): tragici eventi – ben prevedibili) come quello della Marmolada – nei luoghi di lavoro, si verificano “diluiti” ma simili.

Esigiamo un piano di prevenzione SUBITO in ogni luogo di lavoro Abbiamo lanciato a Modena (il 26 maggio 2022) la proposta di bandire il termine «infortunio», una parola che evoca generica sfortuna.

Fra lavoratori, sindacalisti, economisti e sociologi (in percentuali differenti in ogni singolo gruppo) c’è chi si augura un autunno caldo e chi lo teme: si vedrà quale sarà la temperatura.

Ma è il caso di occuparsi subito del caldo di adesso. Ancora una volta, su un tema che riguarda la salute dei lavoratori, la fonte è un breve articolo sul settimanale «Internazionale» (1468 datato 8 luglio). Dunque «lavorare al caldo» è un problema; l’associazione Public Citizen stima che negli USA ogni anno il caldo provochi fra seicento e duemila morti e 170.000 «infortuni» sul lavoro. I più esposti sono: lavoratori agricoli (impossibile dimenticare i braccianti morti in Italia negli ultimi anni), gli edili, chi svolge attività al chiuso vicino a macchine che emettono calore, gli addetti al pronto intervento e quelli del settore infrastrutture. Spesso – sintetizza «Internazionale» – si tratta di lavoratori e lavoratrici con salari bassi e poche garanzie (anche in Italia lo schiavismo comporta “normalmente” questi effetti).

«Il fenomeno è probabilmente sottostimato. Molti eventi sono addebitati ad altre cause: un lavoratore che cade dall’alto a causa di un malessere provocato dal caldo spesso non è considerato vittima delle temperature molto elevate. Ovviamente la strategia efficace e necessaria (peraltro obbligatoria) deve prevedere – grazie alle misure di protezione e alle caratteristiche del ponteggio – che anche il “malore” non abbia conseguenze catastrofiche ma è comunque utile focalizzare il ruolo di concausa che il caldo eccessivo può avere in sinergia con un ponteggio insicuro. In Italia redditi da fame spingono un 72enne a salire su un ponteggio (come è successo qualche settimana fa in Puglia) …e qui le sinergie diventano ancora più micidiali.

Concretamente : è possibile migliorare la situazione; la California ha definito degli standards che pare abbiano ridotto gli eventi negativi del 30%; secondo il rapporto di Public Citizen citato da «Internazionale» dovrebbe essere definita una soglia oltre la quale non è possibile lavorare; occorre «acqua potabile a disposizione» (rimedio “banale” ma non scontato nelle frequenti condizioni di lavoro schiavistico soprattutto in agricoltura in Italia – NDR) «pause garantite e la possibilità di riposare in un luogo fresco».QUELLO DELLE PAUSE ERGONOMICHE E’ UN PROBLEMA PER I LAVORATORI CHE NON DEVE ESSERE AFFRONTATO SOLO IN MANIERA “STAGIONALE”. Ma in tutte le organizzazioni lavorative occorre comunque dotarsi di un piano in caso di caldo eccessivo; il breve ma significativo articolo di «Internazionale» conclude: «poiché le ondate di calore sono già una realtà servirebbero misure immediate».

Non possiamo che condividere, sottoscrivere e diffondere questo appello, coerentemente con i princìpi fondativi della RETE NAZIONALE LAVORO SICURO (***) : arrivare il giorno prima !

IL 24 SETTEMBRE 2022 A FIRENZE CONVEGNO NAZIONALE DELLA RETE: NE RIPARLEREMO.

(**) Vito Totire è medico del lavoro, portavoce provvisorio della «Rete lavoro sicuro»

(***) cfr Nasce la «Rete nazionale lavoro sicuro»…

Le immagini sono scelte dalla “bottega”: le vignette sono di Altan e di Enzo Apicella.

https://www.labottegadelbarbieri.org/morti-sul-lavoro-si-riaccendano-i-riflettori/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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