Improvvisamente da più parti si scopre la fortissima difficoltà che con la riduzione del numero dei parlamentari sarà imposta alla territorialità della rappresentanza.
Siamo di fronte al rischio di una vera e propria “contrazione” nell’esercizio della democrazia.
Un rischio che si accompagnerà al tentativo in atto di creazione di un sistema che, attraverso la modifica costituzionale della forma di governo, manterrebbe sì forme reali di competizione politica ma, instaurando formule di tipo plebiscitario, non in misura equa tra gli attori in campo ma finalizzata alla preservazione del potere nelle mani di chi già lo detiene rendendo il sistema incompatibile con una forma compiuta di democrazia.
Insomma: la riduzione nel numero dei parlamentari e il mantenimento dell’attuale formula elettorale intese come combinato disposto orientato ad aprire la strada ad un mutamento radicale nella sostanza della democrazia repubblicana come costruita a suo tempo dalla Costituzione.
Il tema costituzionale dovrebbe quindi apparire come assolutamente centrale nello scontro elettorale prossimo venturo.
Si tratterebbe di porre due questioni: quella del fermare l’ulteriore scivolamento del quadro politico verso una soluzione di riduzione del rapporto società/istituzioni e quella del riuscire ad affermare una presenza di sinistra costituzionale nelle istituzioni.
Tenendo ben conto della natura prevalente nella destra italiana che sta puntando a una evidente radicalizzazione delle soluzioni possibili nello scontro in atto (come richiesto del resto dalla qualità delle contraddizioni ).
Ricordando, infine, che all’interno del quadro costituzionale stanno comunque i temi delle diverse “agende” che si intendono costruire: dalla pace, ai temi sociali nel campo del lavoro e del welfare, dell’ecologia e della modernizzazione tecnologica tanto per fare gli esempi più semplici ed immediati.