Marquez

Su alcuni dei principali passaggi politici della nostra storia recente, Letta e Meloni hanno condiviso le stesse identiche scelte. E non per modo di dire.

Letta e Meloni, ma quale scelta di campo?

La strategia comunicativa del sistema mediatico-politico, da quando c’è stata l’accelerata elettorale con la furbata del presidente Mattarella d’indire le elezioni per il 25 settembre, è tutta orientata a creare un bipolarismo tagliato con l’accetta in cui gli elettori sono spinti a dover effettuare una “scelta di campo”.

Enrico Letta lo ha detto chiaramente nel suo intervento a fine luglio alla Direzione nazionale PD alla Camera: “L’attuale legge elettorale darà un risultato netto. La scelta è tra l’Europa della speranza e dell’Erasmus e l’Europa di Orban. O noi o Meloni, il pareggio non è contemplato”.

Parole chiare. Peccato che la storia di questi ultimi anni dica che questo campo così “netto” non lo è mai stato. Son più le volte che è stato condiviso che il contrario.

Su alcuni dei principali passaggi politici della nostra storia recente, i due “blocchi” hanno condiviso le stesse identiche scelte.

Per esempio sull’Europa, campo di battaglia dialettico preferito tra gli europeisti del Pd e i sovranisti di destra. Giorgia Meloni oggi chiede drastici cambiamenti all’Unione europea ma nel 2012 votò il pareggio di bilancio in Costituzione, il vero grimaldello dell’austerità.

Quel pareggio di bilancio voluto dalla BCE quando Trichet passava il testimone proprio a Mario Draghi. Inutile dire che il PD ha votato per quella riforma sciagurata. L’hanno votato quasi tutti, compreso quel Tabacci che oggi fa da salvagente per Di Maio.

E su lavoro e pensioni? Ancora oggi milioni di italiani quando sentono parlare di “legge Fornero” hanno un brivido sulla schiena e sapete come andò sempre in quel fatidico 2012? Giorgia Meloni votò la riforma assieme a tutto il PD, compreso Letta.

E sulle delicate questioni internazionali? Potrebbero fare direttamente un partito unico.

Giorgia Meloni era ministro della Repubblica (e Ignazio La Russa, eminenza di Fratelli d’Italia, era ministro della Difesa) quando il governo Berlusconi appoggiò, col sostegno di tutto il PD, la disastrosa avventura bellica in Libia, una debacle geopolitica clamorosa per l’Italia che abdicò a qualsiasi indipendenza strategica verso un paese con cui intrattenevamo storici legami politici e ed economici. Le conseguenze di quella guerra le stiamo ancora pagando ma nessuno lo ricorda.

Sulla guerra in Ucraina e sull’aumento delle spese militari, inutile nemmeno ricordarlo, le posizioni sono assolutamente coincidenti.

Giorgia Meloni, come Enrico Letta, sostiene l’invio di armi a Kiev ed ha votato entusiasticamente per l’aumento di  14 miliardi in più all’anno in spese militari. Cosa propugnata a spada tratta dal ministro della difesa Guerini (ovviamente anche lui PD).

Alla fine, quale scelta di campo dirimente è rimasta? Ah, si, il pericolo fascismo… E allora vai con la crociata contro la fiamma tricolore nel simbolo di FdI!

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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