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Gli Stati Uniti si sono imposti come portatori del modello culturale per l’unica possibile modernità. Poiché l’egemonia poggia sulla potenza, a sua volta fondata sulla stabilità interna del paese, le sfide che oggi tale egemonia riceve aprono la grande questione: su quanta stabilità gli Stati Uniti possono ragionevolmente  contare nel loro divenire?

La volontà che emana dalla Casa Bianca si è potuta finora blandamente discutere, ci si è potuti  interrogare sull’efficacia dei mezzi, da Hollywood ai missili, che ne concretizzano il “destino” di esportatore della democrazia, ma non si è mai esaminata l’ipotesi di trascurare la volontà degli Stati Uniti.
L’Europa e l’intero Occidente hanno assunto come propri avversari i paesi che all’egemonia americana non si sono adattati, ne sono state ignorate richieste e argomentazioni fino a che, con l’intervento russo in Ucraina, la comunicazione di Putin ha raggiunto anche il pubblico dei non addetti alla geopolitica. “Washington crede di non avere obblighi, ma solo interessi. Tuttavia, oggi l’era dell’ordine mondiale unipolare è finita, nonostante tutti i tentativi di preservarlo, di conservarlo con ogni mezzo”  ha detto al forum economico di San Pietroburgo a giugno.
Linguaggio popolare in confronto al tono allusivo del 2007 alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza (testo it)  “E’ un dato di fatto che norme legali indipendenti stiano diventando in modo crescente più legate al sistema legale di uno stato. Primo fra tutti, gli Stati Uniti, che hanno oltrepassato i loro confini nazionali in ogni modo. Questo è visibile nelle politiche economiche, governative, culturali e dell’istruzione che impongono alle altre nazioni. Bene, a chi piace questo? Chi è felice di questo?” video con traduzione simultanea in it) 

La domanda che inizia ad affacciarsi è di quanta stabilità interna godano effettivamente gli Stati Uniti per sostenere la loro egemonia 

– Il paese è una Federazione di Stati.
Ciascuno è dotato di Parlamento, Costituzione, legislazione per ogni abito della vita: istruzione, salute, diritto di proprietà, contrasto al crimine. Aderendo alla Federazione lo Stato rinuncia alla piena sovranità nel diritto internazionale, pertanto la politica estera e la difesa dalle minacce esterne competono al Governo Federale del Presidente in carica. 
(nota 1). Questo ambito crea l’immagine mondiale degli Usa, mentre scarsa attenzione è data alle controversie fra governi statali ed enti federali, come accaduto di recente per le misure contro la pandemia e sulla questione dell’aborto. 

– Composizione demografica e lingua.
Gli Stati Uniti accolgono immigrazione da ogni parte del mondo, il che ha comportato progressiva diminuzione percentuale della componente Wasp, White Anglo-Saxon Protestant, che tuttavia mantiene il primato nelle risorse economiche. L’aumento demografico annuale è più forte negli stati del Sud Ovest, 10%, che in quelli del centro e dell’est, 4%, per l’afflusso 
dai paesi dell’America Latina. Questo diversifica la fisionomia demografica degli Stati della Federazione.
I dati già indicano che il  19% della popolazione totale è ispanica, superiore al 12% della componente afro-americana. 
In alcuni Stati, in una certa misura, è alterata l’egemonia della lingua inglese; sono diventate comuni le emittenti in spagnolo, la segnaletica bilingue nelle strade, è nata una terza “lingua”, lo spanglish, comune soprattutto fra i residenti di origine messicana.
La componente maggioritaria, il 60% della popolazione, si definisce “bianca”. Ai già residenti si erano aggiunti nell’800 ben 50 milioni di europei, cui successivamente, per le note ragioni, si aggiunsero numerosi ebrei dal centro Europa; tuttora in corso l’immigrazione europea di individui con qualifiche professionali alte, a differenza della migrazione dal Sudamerica. Ne deriva l’aumento della disparità di condizione economica fra i gruppi demografici, ed è premessa di conflitti sociali considerando  l’assenza di un sistema di welfare; i danni sono stati visibili durante la pandemia che ha mietuto percentuali drammaticamente più alte nei ghetti delle metropoli rispetto ai quartieri “bianchi”. 
Sull’importanza della composizione demografica dovremo tornare più avanti perché, vista la sottolineatura che l’opinione pubblica stessa dà alla non omogeneità etnica della cittadinanza, essa si connota come non trascurabile sfida alla stabilità complessiva. 

– Gli Stati Uniti vivono di debito.
La Federazione ha il debito pubblico più alto del mondo, detenuto principalmente da Cina e Giappone. L’entità del debito e la debolezza che comporta sono in stretta dipendenza dal mercato dei cambi, dalle misure della FED e contromisure in risposta da Pechino. Il continuo aumento del debito obbliga il Congresso a interventi per alzarne il tetto, come nell’ottobre 2021, e la FED a ordinare agli Istituti abilitati l’emissione di moneta per evitare rischi di default. Secondo il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz “Se davvero gli Usa vogliono avere chance di battere la Cina nella gara per la supremazia globale, è bene che comincino a mettere ordine in casa propria. Anche perché un numero crescente di Stati potrebbe decidere di non volersi alleare con un paese il cui potere poggia su basi economiche, sociali e politiche sempre più incerte.”

– L’apparato militare.
L’esercito più potente del mondo prosciuga l’oceano delle risorse economiche con spese crescenti per l’adeguamento tecnologico indispensabile al mantenimento della supremazia.  Quando uno stato difende i confini reali costi ed efficienza si possono agevolmente coniugare, ma gli Stati Uniti si sono dati  “confini” estesi in altri continenti. Si veda la Pacific Deterrence Initiative che ha base logistica nell’Isola di Guam, della quale gli USA si appropriarono nel 1950: “Il Dipartimento sta dando la priorità alla minaccia multidominio rappresentata dalla Cina; gran parte degli investimenti e degli sforzi del Dipartimento sono concentrati su questa minaccia e sul rafforzamento della deterrenza indo-pacifica.” Oneri per attività dispiegamento forze e armamenti sono dettagliati nel documento ufficiale Department of Defense per l’anno fiscale 2023. 

Le spese militari complessive, che assorbono più del 3% del Pil, sono obbligatoriamente pesanti dovendo mantenere 7 flotte con 13 portaerei e 845 basi militari all’estero. Vista l’ampiezza del teatro inteso da sottoporre a “difesa”, il risultato resta inferiore agli obiettivi, come dimostrato da Afghanistan e Iraq; indipendentemente dalla narrazione dei Presidenti, due sconfitte che  all’attenzione degli avversari non sono sfuggite.  

– Le narrazioni mediatiche.
Gran parte del multiforme dominio esercitato dagli Stati Uniti dipende dall’essersi gloriosamente appropriati dell’esito della Seconda Guerra Mondiale. Nel presente, invece, la narrazione appare poco efficace poiché non trasmette l’immagine di un paese unito, al contrario variamente polarizzato e ferito dall’insistenza a fini elettorali sull’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021. 
Il 90% degli americani si identifica con uno dei due partiti che dominano il panorama politico. Esiste in realtà una terza forza denominata The Libertarian party che si oppone strenuamente alle intromissioni dello stato nella vita degli individui, a volte assumendo posizioni più avanzate dei Democratici, a fianco di altre più conservatrici dei Repubblicani; l’opzione in politica estera “i libertari vogliono gli Stati Uniti in pace con il mondo” afferma il no agli interventi armati.
Con l’elezione di Obama, poi con l’avvento di Trump, Democratici e Repubblicani non sono più semplici avversari, incarnano ormai uno scontro aspro e inconciliabile che mette in discussione le normali regole democratiche. 
I grandi media, New York Times e Washington Post in testa, hanno dismesso il ruolo di osservatori e relatori degli avvenimenti per diventare paladini del Partito Democratico. Ogni giorno la prima pagina online dei due quotidiani rimesta nei fatti del 6 gennaio e nelle vertenze  giudiziarie di Trump, ignorando i nebulosi affari ucraini e cinesi di Hunter Biden, figlio del Presidente. Considerando che tutte le grandi città sono orientate verso il Partito Democratico mentre le piccole e le zone rurali sono serbatoio di voti dei Repubblicani, questa narrazione mediatica ha effetto di radicalizzare il rancore e l’insofferenza reciproca fra differenti fisionomie della società. Perfino il New York Times, nella sua campagna anti-repubblicana deve ammettere che le élite metropolitane altamente istruite sono diventate una specie di classe braminica chiusa in se stessa.

Le faglie nella società.
Un report del Think tank Brooking [link] sullo stato della democrazia ha rilevato che la stragrande maggioranza degli americani la considera in teoria il miglior sistema di governo, ma è insoddisfatta dell’applicazione pratica, ritenendola poco inclusiva e spingendo 1 americano su 5 a non disdegnare l’autoritarismo. “Democrazia significa governo del popolo, ma gli americani non sono completamente d’accordo su chi faccia parte del popolo. Sebbene ci siano aree di accordo tra linee partigiane e ideologiche, alcuni ritengono che per essere “veramente” americani, devi credere in Dio, identificarti come cristiano e nascere negli Stati Uniti. In un periodo di crescente immigrazione e pluralismo religioso, queste divisioni possono diventare pericolose.”
Gli autori del report attribuiscono gran parte del decadimento democratico in atto a Donald Trump, dalle primarie del 2016 fino al 2020 “Mai prima d’ora nella storia americana abbiamo avuto un candidato, per non parlare di un presidente, che ha denigrato l’integrità del sistema elettorale”. Spingendosi oltre, Brooking fa proprie illazioni del mainstream sui danni di una sua possibile seconda candidatura, ma “Anche se decide di non farlo, la base del partito insisterà su un candidato che condivida la visione dell’ex presidente ed è disposto a partecipare a un piano per vincere la presidenza sovvertendo i risultati delle elezioni statali, se necessario.”
Si aggiunga ai già citati elementi di dissoluzione dell’identità bianca e linguistica, la frattura mai veramente colmata relativa alla popolazione afroamericana. Da PBS, acronimo di Public Broadcasting Service televisione no profit americana, estrapoliamo “Come studioso di politica delle minoranze, so che mentre alcune cose sono notevolmente migliorate per i neri americani negli ultimi 50 anni, oggi stiamo ancora combattendo molte delle stesse battaglie di Martin Luther King. […] Il tasso di povertà dei neri di oggi del 21% è quasi tre volte quello dei bianchi . Rispetto al tasso del 32% del 1968 , non c’è stato un enorme miglioramento. […] Circa il 40% degli afroamericani è abbastanza povero da entrare nei programmi governativi di modesto sostegno alle famiglie. E’ il tasso più alto di qualsiasi altro gruppo razziale degli Stati Uniti. Solo il 21% dei latini, il 18% degli asiatici e il 17% dei bianchi necessitano di beneficiare del welfare.”
La popolazione che si riconosce “nera” è in crescita, ma è globalmente omogenea? La risposta è negativa perché cresce il raggio delle autoidentificazioni.
Da The Growing Diversity “
Nel 2019, 40,7 milioni, l’87%, si sono identificati come soltanto Black  mentre circa 3,7 milioni,  l’8%, hanno indicato a fianco della razza nera spesso quella bianca e non ispanica.  Altri 2,4 milioni,  il 5%, si sono autoidentificati come “neri ispanici”.  La popolazione nera della nazione sta cambiando anche in altri modi. Una quota crescente è nata all’estero […] anche la struttura per età è cambiata. L’età media per l’intera popolazione nera è 32 anni […] Nel frattempo, i neri multirazziali sono diventati il gruppo più giovane, con un’età media di 16 anni.”. Oltre metà, il 56%, della popolazione “nera” vive nel Sud; nel Midwest e nel Nordest sono il 17%  mentre l’Ovest ne ospita solo un decimo; l’area metropolitana con il maggior numero di neri è New York, con circa 3,8 milioni nel 2019.
La percezione di non essere adeguatamente inclusi è forte. L’indagine Gallup del 2020 indica che le percentuali di giovani adulti neri che affermano di conoscere alcune o molte persone che sono state trattate rudemente dalla polizia, mandate in carcere ingiustamente o  rimaste in carcere perchè senza denaro per la  cauzione sono tutte più del doppio della media nazionale. 

°°°

Il NYT riporta l’opinione di Jake Grumbach, politologo dell’Università di Washington che studia da un decennio la frammentazione degli Stati Uniti. Afferma che l’America sta vivendo un “iper-impulso alla dissoluzione statale, ma mette in guardia dal concentrarsi solo a livello regionale. Si devono individuare le linea di frattura tra le città e le loro periferie da un lato e le aree rurali dall’altro.
L’articolo prosegue affrontando la migrazione interna – che gli esperti definiscono smistamento–  un fenomeno che trae origine dal senso di estraneità così profondo e così personale da spingere a trasferirsi da un’America all’altra; si ritiene che la tendenza sia destinata ad aumentare e interessare ogni classe sociale. Lo dimostra il caso del miliardario conservatore dell’Illinois Kenneth Griffin che si è trasferito con il suo hedge fund Citadel da Chicago a Miami dichiarando ai dipendenti che  la Florida offre un ambiente migliore per la vita in azienda.

Non è insolito oggi trovare discussioni sul “declino americano” in riferimento, però, all’influenza degli Stati Uniti sul mondo. In un dibattito di Micromega, Marco D’Eramo rammenta che gli Stati Uniti hanno perso tutte le guerre, ma da ognuna sono usciti più potenti e Pierfranco Pellizzetti sottolinea che il potere americano si basa sul fare impresa in stretto collegamento con la ricerca e sull’aver soggiogato le altre economie al primato del consumo.
Si può rispondere che tutto questo era avvenuto in decenni nei quali gli americani provavano una fiducia senza incrinature nel proprio paese e una fantasia di salda unità nei periodi difficili. 
(Nota2). Il presente ha condizioni diverse. Un sondaggio di Pew Research mostra che la fiducia degli americani nel Governo è scesa dal 75% del 1960 al 20% dI aprile 2022.
Il sesto presidente americano, John Quincy Adams  disse “L’America è un corpo grande e goffo. Il suo progresso deve essere lento. Come una carrozza con un tiro a sei: i cavalli più veloci devono venire trattenuti e i più lenti pungolati, in modo che tutti possano tenere un passo uguale.”  Da mezzo secolo Washington ha corso troppo, oppure ha trascurato l’importanza che tutti gli Stati della Federazione procedessero allo stesso passo. Le previsioni sul futuro devono tenerne conto. 

Maria Carla Canta

Di Maria Carla Canta

Maria Carla Canta, alias mcc43, ex collaboratrice esterna dei periodici Condé Nast e RCS. Dal 2011 blogger di Maktub blog, ora denominato INTEMPERIE. A motivarmi è stata l’insoddisfazione per l’atteggiamento superficiale del mainstream. Mi occupo principalmente dei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, cerco ampliamenti, approfondimenti, visioni differenti ricorrendo a testate e blog stranieri che abbiano lo stesso obiettivo: individuare il nascosto dietro la narrazione semplicistica o travisata degli eventi. Per questa ragione ogni articolo del blog è ricco di link a fonti di qualità. Lo considero un merito ... che mi sento di rivendicare.

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