Paolo Cornetti

Una premessa è doverosa: condannare chi si astiene è sbagliato e inefficace. Ha ragione Laurent Ferrante quando sostiene che non si può dire a qualcuno che non va a votare che “poi non si può lamentare”.

Questa, infatti, è semplicemente un’assurdità, utilizzata in una maniera tanto dispregiativa e moraleggiante da dare il voltastomaco. Non è l’autonoma decisione di scegliere o meno i propri rappresentanti che determina lo status di cittadino in un paese democratico, e in un paese democratico ogni cittadino ha il pieno diritto di lamentarsi di qualsiasi cosa.


Prima di tutto, bisogna cercare di capire. Capire perché un cittadino decide di astenersi. E, sinceramente, oggi più che mai è semplice intuirlo. Oltre alla delusione provocata dai vari governi, oltre a tutti gli indicatori sociali ed economici che farebbero rabbrividire chiunque e di cui i responsabili sono indicabili sia a destra, che a sinistra, al centro e tra i tecnici, c’è anche un’offerta politica non proprio convincente e determinante.

Le persone si entusiasmano e si sentono coinvolte se empatizzano con una proposta politica, se si riconoscono in qualcosa. Questo, purtroppo, malgrado la pur buona volontà di qualcuno, non accade. Certo, non accade anche per motivi non riconducibili ad incapacità dei singoli o delle singole organizzazioni – fattore che comunque incide – ma non accade soprattutto per una questione di sistema, perché le formazioni con una visione che si discosta da quella neoliberale vengono sostanzialmente marginalizzate da un sistema politico-mediatico che tende, mai come ora, alla sua stessa preservazione. D’altronde la postdemocrazia sta colpendo forte in Europa e soprattutto in Italia. Fare politica e riuscire a rompere il muro del sistema è diventato sempre più difficile e questo grazie anche a due misure promosse da quello che fino a poco tempo fa era considerato il partito anti-sistema per eccellenza. Il partito in questione è il Movimento 5 Stelle e le due misure sono l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, che ha fatto sì che chi fa politica o è già ricco di suo, o ha un buono sponsor (perlopiù multinazionali) a cui dover tornare dei favori; e il taglio dei parlamentari, che oltre a creare un gravissimo danno ai processi parlamentari, in favore di un governismo sempre più spietato, diminuisce i numeri e quindi le possibilità che nuove e ancora piccole formazioni riescano ad entrare in parlamento. Come se già non bastassero le soglie di sbarramento della legge elettorale, tra l’altro.

Niente da dire a riguardo, chi non va a votare fa una scelta comprensibile in un contesto come questo.

Il punto è un altro: ha un’utilità?

La risposta è anche qui chiara: no.

Purtroppo l’astensione non delegittima il sistema come molti fautori di questa pratica sostengono – o meglio lo fa solo in teoria, ma è con la pratica che infine si mangia – e non ha ripercussioni né sui governanti, né sui governati, se non quella di favorire i partiti e le liste di sistema che si avvalgono del fatto che chi si astiene è sempre un potenziale, o quasi sicuro, nemico dal punto di vista elettorale. Non è un caso se in sistemi meno democratici del nostro, nei fatti, l’astensione sia altissima e addirittura incoraggiata dalle procedure burocratiche. No, il riferimento non è a qualche paese asiatico, ma agli Stati Uniti.

Allo stesso tempo, oggi avere in Parlamento delle forze, anche piccole, che possano controllare quello che succede, che possano dare fastidio e tenere informato il popolo sulle misure che i governi e i partiti neoliberali cercano sempre di far passare sotto traccia, è fondamentale e possono fornire una base sul quale ricostruire un discorso dialettico e politico che riesca a fare finalmente breccia nelle masse.

Secondo i sondaggi, difficilmente le formazioni di questo tipo raggiungeranno il fatidico 3% della soglia di sbarramento, ma attenzione, perché a volte le elezioni sono imprevedibili e i margini sono molto ridotti. E nel dubbio vale sempre la pena provarci, perché non provandoci si spalanca ancora di più la strada ai fautori dell’austerità e di tutte quelle belle manovrine lacrime e sangue che ci hanno portato una marea di disoccupazione, di precarietà e di salari insufficienti (per citarne le miserie maggiori).

Infine, chiudendo con una battuta (ma neanche troppo), un’alta astensione come quella prevista per il 25 settembre, che coinvolgerà soprattutto elettori delusi dal Movimento 5 Stelle e persone che non sopportano più i partiti che hanno governato negli ultimi 20 anni, rischia seriamente di favorire le formazioni piccole, che sopravvivono grazie al solo voto dei loro militanti pariolini. Quelle formazioni – come Italia Viva e Azione – che ci auguriamo tutti spariscano dalla scena politica, per il bene del Paese.

Andiamo a votare dunque, astenersi non serve e rischia di riportare Renzi e Calenda in Parlamento

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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