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Clara Statello

Nemmeno il tempo di arrivare in Italia che già sui social erano apparsi post1 segnalatori e delatori, con la richiesta di informazioni da riferire alle autorità ucraine. Per questa ragione Dmitry Lugaru, vice segretario del Partito Comunista d’Ucraina del distretto Shevchenko di Kiev e membro del Komsomol, adesso vive in una località segreta. Ha dovuto lasciare l’Ucraina a 25 anni appena compiuti, con una bimba nata da pochi giorni, a causa delle minacce di morte ricevute da militanti dell’estrema destra banderista, subito dopo l’arresto di due suoi compagni, i fratelli Aleksandr e Mikhail Kononovic, dirigenti anche loro del KPU.

Quella che Dmitry mi ha raccontato, quando l’ho raggiunto in un luogo non distante dal suo attuale domicilio, è una fuga rocambolesca e rischiosa, ma che probabilmente gli ha salvato la vita. A metà maggio il presidente Zelensky, infatti, mette al bando i principali partiti di sinistra e di opposizione, accusandoli di essere “filorussi”. Nei mesi successivi il tribunale conferma il divieto e dispone la confisca dei beni. Il 6 luglio il Partito Comunista diventa definitivamente fuori legge. La persecuzione dei suoi membri, però, era cominciata prima.

“Quando l’operazione militare speciale è iniziata, nello stesso momento il governo di Kiev ha scatenato una massiccia repressione contro tutti gli attivisti politici di sinistra e i simpatizzanti del popolo russo o bielorusso. Così dopo l’arresto dei fratelli Mikhail e Aleksandr Kononovic, ho discusso con gli altri miei compagni e amici per lasciare l’Ucraina ed è iniziata la mia fuga”, spiega Dmitry.

Il suo primo tentativo, racconta, non è andato bene. Cerca di lasciare il Paese attraverso la città di Užhorod, in Transcarpazia, passando per Odessa, ma viene fermato dai militari che lo trattengono per oltre dieci ore ad un posto di blocco. Gli viene consegnato il foglio di reclutamento, ma anziché andare al fronte, Dmitry riesce a scappare e lasciare l’Ucraina, anche grazie all’aiuto di compagni in Moldavia.

Gli chiedo se ha avuto paura.

“Naturalmente – risponde – Anche prima della mia fuga ero molto preoccupato perché avevo perso i contatti con quasi tutti i miei compagni. Qualcuno di loro era stato arrestato, qualcuno ucciso, qualcuno era entrato in clandestinità e si manteneva in silenzio. Quindi ero molto spaventato per la mia vita, la vita di mia moglie e mia figlia, perché ricevevo tantissimi messaggi dai nazisti ucraini, con orribili minacce di morte per me e la mia famiglia”.

Tuttavia si considera fortunato rispetto ai suoi compagni rimasti in Ucraina: “alcuni di loro sono stati arrestati, altri uccisi, altri ancora scomparsi”.

Con la messa al bando del KPU, alla persecuzione politica si aggiunge quella economica. Vengono confiscati non solo il denaro ed il patrimonio del partito, ma anche i beni dei suoi militanti.
“Se sei un membro del Partito Comunista d’Ucraina la tua casa, la tua auto, i tuoi soldi…ogni cosa viene confiscata”, spiega Dmitry.

Gli chiedo se la repressione è diventata più dura.

“Sì, molto più dura. Molto più dura perché la legge, la legge normale, è scomparsa. Adesso c’è solo la legge marziale, la legge del governo di Kiev. Se solo sei amichevole con i russi loro possono arrestarti, possono farti qualsiasi cosa e tu non puoi neanche chiedere aiuto a nessuno”.

A questo punto la domanda nasce spontanea: cos’è successo nei territori di Kharkov e Kherson alle persone che hanno preso il passaporto russo o partecipato al referendum?

“A Kharkov è andata malissimo perché le persone non sapevano che la situazione nella regione sarebbe cambiata e che il governo di Kiev e i militari sarebbero arrivati. Così molti sono stati uccisi o arrestati. Tra questi solo chi aveva del denaro forse si sarà salvato, perché la corruzione è ancora forte in Ucraina. A Kherson c’è stata una situazione migliore perché il governo di Kherson ha detto alla popolazione di evacuare, lasciare la casa e la gente si è preparata per questo, perché loro sapevano cosa avrebbe fatto il governo di Kiev alla gente in questi territori”.

Poi sciorina i dati sulla repressione dei suoi compagni di partito. E qui la voce quasi si rompe.


“Tra i membri del nostro partito circa 100 persone sono semplicemente scomparse, semplicemente scomparse – ripete – e noi non sappiamo se sono vive o morte. Circa 70-75 persone sono in carcere. Per la legge ucraina rischiano dai 20 anni in su o il carcere a vita”.

“Dall’Europa – prosegue – ci hanno aiutato tantissimi compagni, spagnoli, portoghesi. Anche dall’Italia tantissime persone hanno sostenuto la sinistra ed i comunisti d’Ucraina”.

“Adesso qui in Italia temi per la tua sicurezza?”, gli chiedo.

“Dopo l’Ucraina no, non ho più paura, ma allo stesso tempo so che un sacco di nazisti ucraini si trovano anche in Italia adesso. Così…non ho paura, ma uso prudenza”, risponde.

Alla fine dell’intervista gli spiego che la maggior parte dell’opinione pubblica in Italia ed Europa ritiene che chiunque critichi il regime di Kiev sia un “agente di Putin”.

“Cosa vorresti dire a queste persone?”, gli domando.

“E’ un’affermazione molto stupida – osserva – perché ci sono molti che vogliono solo essere amici con i Paesi vicini a noi per via delle persone, per l’economia, per l’energia, per diversi tipi di relazioni. Oggi c’è Putin, domani Putin non ci sarà, ma i Paesi saranno ancora lì e nemmeno i popoli scompariranno”.

Intanto, a pochi giorni dal mio incontro con Dmitry, continuano incessantemente a giungere notizie della repressione di civili per motivi politici o religioni dall’Ucraina. Non è difficile trovare queste informazioni, sono alla luce del sole, basta cercare sui canali ufficiali dei Servizi di Sicurezza Ucraini (SBU) e altri governativi. Il processo-farsa dei fratelli Kononovic prosegue così come le persecuzioni politiche. Altri due membri del partito comunista sono stati arrestati ad Odessa martedì 29 novembre. Secondo le prime informazioni si tratterebbe di padre e figlio e le loro foto, ammanettati davanti ad una parete ricoperta dalla bandiera sovietica e riconoscibili simboli comunisti e del KPU, sono state spiattellate sui canali2 dell’SBU come un trofeo.

1 https://twitter.com/ConteZero76/status/1548070080537235457?t=tuRCiAHFQsml01j1tWqD0Q&s=19&fbclid=IwAR0oXV-DATCzlJQTX_2x0RHO3Ixi5eHLu_Va9HpzTxOi1REgo-JagrKvJ2o

2 https://t.me/SBUkr/5936

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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