Nella sedicente “più grande democrazia del mondo” bisogna aspettare oltre un mese per avere i risultati definitivi delle elezioni (e non ci riferiamo al ballottaggio in Georgia), a dimostrazione di come quello statunitense sia invero uno dei sistemi elettorali e politici più fallaci del pianeta.

Lo scorso 8 novembre, negli Stati Uniti hanno avuto luogo le elezioni di midterm, che prevedevano l’elezione di 35 senatori su 100 e di tutti i 435 componenti della Camera dei Rappresentanti. A un mese dallo svolgimento delle elezioni, nella sedicente “più grande democrazia del mondo” non sono ancora stati pubblicati i risultati definitivi, dimostrando come il sistema elettorale e politico statunitense sia invero tra quelli più fallaci del pianeta.

Alcuni potranno pensare che ci stiamo riferendo al seggio del Senato assegnato con il ballottaggio organizzato in Georgia il 6 dicembre, ma in realtà non è così. Certo, lo scranno in ballo nel Peach State non ha ancora ricevuto un verdetto ufficiale, anche se il democratico Raphael Warnock non avrà problemi ad imporsi con il 51,3% delle preferenze ai danni del repubblicano Herschel Walker. Questo significa che, contando anche i due senatori indipendenti affiliati al Partito Democratico, tra i quali figura pure Bernie Sanders, la formazione del presidente Joe Biden potrà contare su una maggioranza risicata di 51 seggi a 49 alla camera alta.

Al contrario, è alla Camera dei Rappresentanti che i risultati sono ancora in bilico, pur essendo passato un mese dalla scadenza elettorale. Quello che è certo, è che i repubblicani hanno strappato la maggioranza alla camera bassa ma, incredibilmente, uno degli otto seggi in palio in Colorado non è ancora stato attribuito ufficialmente. Secondo i dati disponibili, la repubblicana Lauren Boebert avrebbe appena 550 voti di vantaggio sul democratico Adam Frisch, ma il piccolo divario tra i due candidati non ha ancora permesso di definire il vincitore con certezza.

Assegnando il seggio vacante del Colorado ai repubblicani, cosa oramai quasi certa, il Great Old Party dovrebbe godere di una maggioranza di 222 seggi contro i 213 dei democratici, numeri che dovrebbero permettere, salvo ulteriori diatribe interne al GOP, a Kevin McCarthy di essere eletto come speaker della Camera, andando a sostituire in questo ruolo la discussa Nancy Pelosiche con le sue mosse sconsiderate e provocatrici ha rischiato di causare gravi incidenti con la Cina.

Questo significa comunque che per i prossimi due anni gli Stati Uniti avranno un parlamento diviso tra una camera alta a maggioranza democratica ed una camera bassa a maggioranza repubblicana. Si tratta in realtà di una situazione per nulla nuova nella storia degli USA, che pur proclamandosi come modello di democrazia presentano un sistema elettorale e politico che può essere definito come democratico solo usando molta fantasia, in quanto non garantisce né la rappresentatività né la governabilità.

Già in passato abbiamo avuto modo di parlare delle falle del sistema statunitense, dove le elezioni non rispettano nemmeno le regole democratiche più basilari esistenti nelle democrazie borghesi europee. Come noto, infatti, in Italia ed in quasi tutti i Paesi europei vige la legge sulla par condicio, mentre negli Stati Uniti l’esposizione mediatica dei partiti non viene regolata da nessuna legge, portando all’ovvia conseguenza che ad essere eletto è quasi sempre il candidato che spende di più in campagna elettorale. Per vincere le elezioni negli USA è dunque obbligatorio spendere cifre stratosferiche, fatto reso possibile solamente dagli ingenti finanziamenti che i due partiti principali ricevono da multinazionali prive di scrupoli, con l’unico obiettivo di ingraziarsi l’amministrazione ventura.

In genere, infatti, le stesse multinazionali finanziano entrambi i partiti, al fine di assicurarsi un atteggiamento benevolo da parte del governo indipendentemente dall’esito elettorale. Secondo i dati ufficiali rilasciati dalla Commissione Elettorale Federale, Joe Biden ha ricevuto finanziamenti milionari nel corso della sua campagna elettorale per le presidenziali del 2020, con una donazione record di oltre 1,7 milioni di dollari da parte di Alphabet, la holding a cui appartiene Google. Biden deve infatti ringraziare le grandi compagnie del web, visto che tra i suoi principali donatori figurano anche Microsoft, Amazon, Facebook e Apple.

Mentre le corporations del big tech si sono esposte fortemente in favore di Biden, va comunque notato, come dicevamo in precedenza, che non mancano i “doppiogiochisti”, ovvero coloro che hanno donato ad entrambi i candidati. Di questa lista fanno parte diverse banche e istituti finanziari, come Wells Fargo.

Lo stesso processo delle presidenziali ha luogo, seppur su scala ridotta, in occasione di tutte le altre tipologie di elezioni negli Stati Uniti. Anche a livello locale, il vincitore viene determinato solo formalmente dal voto dei cittadini, in quanto il vero fattore decisivo è rappresentato dalla quantità di danaro versata in favore di ciascun candidato. E, quando entrambi i candidati vengono finanziati dagli stessi istituti finanziari, non ci si può certo aspettare cambiamenti sostanziali in fatto di politica economica, a dimostrazione di come in realtà democratici e repubblicani rappresentino due facce della stessa medaglia, quella della classe dominante.

Resta il fatto che, persino secondo i canoni della democrazia borghese, il sistema elettorale e politico statunitense resta ben lontano dal suo idealtipo. Come accaduto in occasione delle elezioni presidenziali del 2020, il sistema in vigore spesso non permette di decretare il vincitore in maniera univoca, e non è raro che a vincere le elezioni presidenziali sia il candidato con meno voto, a causa del cervellotico sistema di assegnazione dei grandi elettori.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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