Al di là del nuovo pacchetto di aiuti militari da 1,85 miliardi, il presidente ucraino continua a chiedere a Washington armi che il suo alleato è riluttante a fornire. E a dirlo è il Washington Post. Obiettivo di Zelensky parzialmente raggiunto, ma meno armi e diverse da quelle sperate, mentre è raggiunto, almeno per ora, quello di Biden.

Per ora perché da gennaio, con il nuovo Congresso, le cose potrebbero cambiare e il dissenso sugli aiuti militari aumentare. Ma la diatriba tra ucraini e americani su quali armi ricevere/fornire ne nasconde una più profonda: quali e quanti territori si possono riconquistare militarmente. Mentre la Russia si attrezza a rendere la guerra eterna, sostiene Limes. Il punto di Ennio remondino per Remocontro*

Biden e Zelensky dietro quello che ci raccontano

Il passaggio più rilevante della visita a Washington del presidente ucraino Volodymyr Zelensky non l’ha offerto il diretto interessato, bensì il suo ospite Joe Biden avverte Federico Petroni. Nella conferenza stampa congiunta, alla domanda “perché non date all’Ucraina tutte le armi che chiede?“, il presidente statunitense ha risposto: “perché potremmo spaccare la Nato e l’Unione Europea”. Traduzione attenta di Limes: “abbiamo un impero europeo da gestire, i nostri alleati non intendono provocare oltremodo Mosca e la nostra sfera d’influenza non reggerebbe una guerra vera alla Russia né una sua sconfitta totale”.

Una mezza verità ipocrita, quella di Biden. Il presidente attribuisce ai soli alleati europei quello che è un preciso calcolo statunitense. “I primi a non voler superare le linee rosse moscovite sono gli stessi americani. Lo hanno dimostrato a più riprese, trattenendo i missili in grado di colpire la Russia in profondità, esortando Kiev a non dirigere offensive verso i territori più sensibili per Mosca (CrimeaBerdjans’k) e invitandola a mostrarsi più aperta a possibili negoziati”.

La verità nascosta

“Tuttavia, la frase possiede un elemento di straordinaria sincerità”, sostiene Petroni. “La guerra d’Ucraina non riguarda solo l’Ucraina. Il suo centro di gravità per gli Stati Uniti non è sul fiume Dnepr, bensì sul fiume Elba. Fin dall’inizio, Washington ha accettato il conflitto per proteggere il sistema Nato-Ue, compiendo un arrocco per preservare il proprio impero europeo dall’offensiva russa, che mirava a prendere Kiev come primo passo per allentare i rapporti euro-americani”.

Ma Vladimir Putin ha sbagliato i calcoli e gli Stati Uniti hanno rafforzato la loro presa sull’Occidente, usando proprio lui, Putin e la sua aggressione all’Ucraina come arma. Ma la obbedienza europea ha pure un prezzo politico americano oltre a quelli concreti e molto cari che già sta pagando l’Europa. “Detto altrimenti, per far vincere l’Ucraina non si può distruggere l’Europa, cioè rischiare di allargare il conflitto oppure spingere la guerra economica al punto da far crollare la prosperità del continente”.

Fin dove conviene spingere la guerra

“Gli americani fanno sintesi delle opinioni interne al loro impero su fin dove spingere la guerra. Quando risulta loro più conveniente, parlano di indebolire in modo definitivo la Russia (posizione polacco-baltica) o, al contrario, di limitare il conflitto per non escludere una soluzione negoziale (posizione italo-franco-tedesca). Nelle prime fasi belliche, prevaleva la prima opinione. Ora prevale la seconda”.

L’effetto dell’escalation di fine estate, con controffensiva ucraina e minacce nucleari russe, è stato frenato in varie maniere, non tutte rilevate pubblicamente. Ad esempio un temporaneo accordo tra Stati Uniti e Cina per evitare che la guerra passasse da ucraina a mondiale. Esempio, il missile caduto in Polonia a novembre, proiettile trasformato in poche ore da russo a ucraino, con Kiev e Varsavia costrette ad accettare la verità. Di fatto, cosa sta accadendo dietro le quinte e di nascosto ai nostri occhi?

America-Cina, da vere superpotenze

‘Schema autocontenitivo’, lo chiama Limes. Zelensky a Washington e Dmitrij Medvedev a Pechino. Nella disattenzione di quasi tutti, americani e cinesi ricevevano ciascuno il proprio difficile cliente. Fra l’altro, aggiunge Petroni, mentre il presidente cinese Xi Jinping parlava col duro ex presidente Medvedev, Putin ammetteva che la Russia non ha le capacità tecnologiche per vincere la guerra, ma ha tutti i mezzi e l’intenzione di trasformarla in eterna, per costringere gli occidentali a trattare. Lettura cinese, finché il conflitto non si espande, fate pure.

Fronte Ucraino-americano

Non da conferenza stampa, gli Stati Uniti hanno detto e ripetuto a Zelensky che ritengono difficile per Kiev riconquistare altri territori ora che i russi scavano trincee e mandano forze fresche al fronte. “Vogliono che l’alleato rinunci a massicce operazioni, persino di terra, contro la Crimea, limitandosi a sporadici raid aerei o a sabotaggi come quello del ponte di Kerč”. Dibattito formale sulle armi, di fatto e nascosto, quello sui territori da riconquistare. Gli ucraini chiedono sistemi con cui andare all’offensiva. Gli americani rifiutano, anche se forniscono armi sempre più sofisticate ma più utili in difesa che in attacco.

Kiev vuole continuare a pianificare offensive, Washington le dice che fornirà intelligence per colpire là dove le posizioni russe sono più deboli, ma di non illudersi di sfondare e far collassare il fronte nemico. Prepara insomma il terreno a una rinuncia alla riconquista militare dell’integrità territoriale ucraina: se accadrà, sarà attraverso il negoziato, non sconfiggendo i russi sul campo. Henry Kissinger ha fiutato l’aria e ha ribadito la sua idea di fermare i combattimenti ai confini pre-24 febbraio, cioè prima di Crimea e repubblichette del Donbas.

Sino a dove, per quanto tempo e a quale prezzo? Le vite umane sono contabilità ucraina e russa. I dollari sono americani con molti euro di contorno. Il budget del Pentagono appena approvato contiene l’esorbitante cifra di 44 miliardi di dollari in aiuti e la guerra d’Ucraina si è trasformata in una guerra di superiorità industriale. Gli Stati Uniti, attingendo agli alleati, pensano di prevalere nel lungo periodo, con la Russia impegnata in una stessa gara. Mentre per gli ucraini, provare a vincere rapidamente è una necessità per sopportare l’inverno, e tenere unita la nazione nel sogno di recuperare la Crimea.

America, Cina a Russia, lo stallo per negoziare

Ciascuna con le proprie differenze, America, Cina e Russia sembrano voler arrivare a uno stallo che prefiguri una soluzione negoziale. Che non significa una soluzione e breve senza prima decidere su dove bisogna fermarsi, «non potendo escludere una nuova offensiva russa a primavera con la Bielorussia in campo. Analisi finale: «Gli sforzi delle tre potenze appaiono volti a guadagnare tempo, tutte convinte che quest’ultimo fattore, il tempo, non sia del tutto a loro sfavore. Non è una buona premessa».

* Ripreso da Remocontro

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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