I sostenitori di Bolsonaro hanno preso d’assalto le principali sedi istituzionali a Brasilia, mentre l’ex presidente cerca di ottenere la cittadinanza italiana con l’intercessione di Matteo Salvini.

L’ex presidente del BrasileJair Bolsonaro, oramai fuggito dal Paese dopo la sconfitta elettorale, si dimostra per l’ennesima volta la copia tragicomica di Donald Trump. Come in occasione dell’assalto al Campidoglio al momento dell’inizio del mandato di Joe Biden, così i bolsonaristi radicali hanno tentato di assaltare le principali sedi istituzionali della capitale federale, Brasilia, pochi giorni dopo l’inizio del terzo mandato di Luiz Inácio Lula da Silva.

Le rivolte bolsonariste hanno avuto inizio nella giornata di domenica, quando gli esagitati di estrema destra hanno sfondato i blocchi della polizia militare, riuscendo a penetrare in tre importanti edifici: il Palácio do Planalto, residenza del presidente brasiliano, il Congresso Nazionale e la sede del Tribunale Supremo. Fortunatamente, al momento dell’ingresso dei bolsonaristi all’interno della sua residenza ufficiale, il presidente Lula si trovava in visita presso la città di Araraquara, nello Stato di San Paolo.

Il nuovo ministro della Giustizia, Flávio Dino, ha affermato immediatamente che “la volontà dei radicali bolsonaristi che hanno invaso la sede dei suddetti edifici non prevarrà“. Dino ha anche autorizzato l’impiego della Forza Nazionale nella sicurezza della capitale di fronte alla minaccia di azioni violente.

Da Araraquara, Lula ha firmato il decreto che permette l’intervento delle forze federali nella capitale fino al 31 gennaio, con l’obiettivo “è porre fine alla grave minaccia all’ordine pubblico nel Distretto Federale“. Il segretario esecutivo del Ministero della Giustizia, Ricardo García Cappelli, ha ottenuto il controllo delle operazioni. Inoltre, Lula ha precisato che i responsabili di tale atto, che ha generato una condanna unanime, saranno puniti: “Chiunque abbia fatto questo sarà trovato e punito. La democrazia garantisce il diritto alla libera espressione, ma richiede anche che le persone rispettino le istituzioni. Non ci sono precedenti nella storia del Paese per quello che hanno fatto oggi. Per questo vanno puniti“, ha ribadito.

Il presidente ha poi rivolto il dito accusatorio verso il suo predecessore Jair Bolsonaro, che nel frattempo ha lasciato il Paese, ritenendolo responsabile di aver incoraggiato questi attacchi: “Scopriremo chi sono i finanziatori di quelli che oggi sono andati a Brasilia, e pagheranno tutti con forza di legge“, ha affermato il capo dello Stato brasiliano. Dopo la sua visita al municipio di Araraquara, il presidente ha precisato che “hanno approfittato del silenzio di domenica, quando stiamo ancora formando il governo, per fare quello che hanno fatto. E sapete che ci sono diversi discorsi dell’ex presidente che li hanno incoraggiati. E questa è anche una sua responsabilità e una responsabilità dei partiti che lo hanno sostenuto“, ha concluso Lula.

I fatti di Brasilia sono stati condannati all’unanimità da tutti i principali leader latinoamericani. Il Presidente di CubaMiguel Díaz-Canel, ha dichiarato attraverso Twitter: “Condanniamo fermamente gli atti violenti e antidemocratici che si svolgono in Brasile, con l’obiettivo di generare caos e mancare di rispetto alla volontà popolare espressa con l’elezione del presidente Lula. Esprimiamo tutto il nostro sostegno e la nostra solidarietà a Lula e al suo governo”.

Il capo di Stato del VenezuelaNicolás Maduro, si è categoricamente opposto “alla violenza generata dai gruppi neofascisti di Bolsonaro che hanno assalito le istituzioni democratiche del Brasile” e ha assicurato che il popolo brasiliano “si mobiliterà in difesa della pace e del suo presidente“. In un comunicato diffuso dal ministero degli Esteri, il governo del Venezuela ha espresso solidarietà al popolo del Brasile, al presidente Lula da Silva e alle sue istituzioni democratiche “di fronte al tentativo di forze violente di sovvertire l’ordine costituzionale e chiedere un intervento militare“. Oltre a condannare la violenza politica, Caracas ha affermato che “i gruppi fascisti e di estrema destra […] tentano di ignorare il risultato delle elezioni democratiche dello scorso ottobre e cercano di minacciare la pace sociale e politica del fraterno popolo brasiliano, del suo governo e l’intera regione“.

Il presidente argentino, Alberto Fernández, ha preso posizione “insieme al popolo brasiliano per difendere la democrazia e non permettere mai il ritorno dei fantasmi golpisti promossi dalla destra. Dimostriamo con fermezza e unità la nostra totale adesione al governo eletto democraticamente dai brasiliani presieduti dal presidente Lula”. Fernández ha anche affermato che, in qualità di presidente della Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici (Celac) e del Mercato comune del Sud (Mercosur), ha messo in guardia i Paesi membri affinché si uniscano contro “questa inaccettabile reazione antidemocratica che cerca di imporsi in Brasile“.

Lula non è solo; ha l’appoggio delle forze progressiste del suo Paese, del Messico, dell’America continente e del mondo“, ha garantito il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador. Messaggi simili sono arrivati anche dai governi di BoliviaCileColombia Nicaragua, tra gli altri.

Nel frattempo, come anticipato, Jair Bolsonaro ha lasciato il Paese, e si trova attualmente in Florida, sede, come ben noto, di alcune delle organizzazioni criminali latinoamericane più importanti, come la mafia anticubana. L’ex presidente ha in questo modo evitato di presenziare alla cerimonia di passaggio dei poteri con Lula, cosa mai avvenuta nella storia democratica del Brasile, ed inoltre si è risparmiato un probabile arresto per i reati commessi in relazione alla gestione della pandemia di Covid-19. Tuttavia, Bolsonaro, rischia di essere arrestato e processato anche negli Stati Uniti, come accaduto in passato per altri capi di Stato latinoamericani, secondo la dottrina della “giurisdizione dal lungo braccio”, sebbene questa non sia conforme al diritto internazionale. Proprio per questo, alcune fonti affermano che Bolsonaro vorrebbe ottenere la cittadinanza italiana per rifugiarsi nella penisola.

In effetti, entrambi i genitori di Bolsonaro, Percy Geraldo Bolsonaro e Olinda Bonturi, hanno origini italiane, rispettivamente calabresi e venete, e dunque Bolsonaro potrebbe ottenere la cittadinanza italiana grazie allo ius sanguinis in vigore nel nostro Paese. Lo stesso vale per i suoi figli, che a loro volta avrebbero iniziato l’iter per ottenere la cittadinanza italiana, anche se al momento si trovano ancora in Brasile. Tuttavia, al momento il processo burocratico si troverebbe in una fase di stallo, e l’ex presidente brasiliano avrebbe chiesto l’intercessione del suo amico Matteo Salvini per rifugiarsi sotto l’ala protettrice del governo di estrema destra guidato da Giorgia Meloni.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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