Una lettura fallace delle vicende brasiliane, propagandata dall’estrema destra di quel Paese, sta trovando fin troppi consensi anche in ambienti politici diversi. È necessario fare chiarezza su quanto avviene in Brasile, e sui motivi del nostro sostegno a Lula.

Dopo la pubblicazione del nostro articolo sull’assalto dei bolsonaristi ai palazzi del potere, non sono mancate le discussioni sui social nei quali alcuni hanno iniziato a propagandare tesi opposte alle nostre. In sostanza, costoro utilizzano un parallelismo eccessivo con le vicende avvenute negli Stati Uniti, considerando il Brasile come un surrogato del Paese nordamericano, e procedendo dunque con l’associazione Jair Bolsonaro = Donald TrumpLuiz Inácio Lula da Silva = Joe Biden.

Questa tesi e quella propagandata dall’estrema destra brasiliana, secondo la quale Bolsonaro, come Trump, sarebbe un supereroe che combatte contro il deep state, mentre Lula, come Biden, non sarebbe altro che l’espressione di questo stesso deep state. Il fatto che Biden abbia pubblicamente espresso solidarietà al presidente Lula non fa altro che rafforzare, nella loro mente, tale idea. Inoltre, coloro che sostengono questa posizione affermano che sia l’assalto al Campidoglio di Washington che quello alle istituzioni federali di Brasilia sarebbe stato avallato dalle forze dell’ordine, che non sono intervenute per evitarli, ma che anzi avrebbero tranquillamente permesso l’invasione delle sedi istituzionali.

Se queste tesi venissero sostenute solamente dai soliti personaggi di estrema destra, non perderemmo neppure tempo a scrivere questo articolo. Ma, dal momento in cui anche persone provenienti da ambienti politici totalmente diversi sembrano essersi lasciati convincere dalla propaganda bolsonarista, abbiamo deciso di fare chiarezza. Di seguito, andremo ad elencare schematicamente le principali politiche di Bolsonaro e Lula, in base alle quali il lettore potrà decidere per chi dei due parteggiare.

BOLSONAROLULA
Politica economica iperliberista che favorisce le classi abbienti e i grandi investitori stranieri a discapito delle classi popolari.Politica economica volta alla redistribuzione delle ricchezze in favore delle classi popolari. Numerosi programmi di assistenza per gli indigenti.
Recessione economica, Brasile dodicesima economia del mondo.Crescita economica, il Brasile era entrato tra le prime otto economie del mondo durante il secondo mandato di Lula.
Promuove un processo farsa per impedire a Lula di candidarsi alle elezioni del 2018, e prova a fare lo stesso anche nel 2022.Viene perseguitato dalla magistratura bolsonarista, prima che delle intercettazioni provino come il processo contro di lui sia stata tutta una montatura voluta da Bolsonaro.
Caccia i medici cubani del Programa Mais Médicos, che garantivano l’assistenza medica alle popolazioni indigene dell’Amazzonia e agli abitanti delle aree più impervie del Paese. Reintroduce il Programa Mais Médicos, istituito nel 2013 dal governo di Dilma Rousseff, facente parte dello stesso partito di Lula.
Diffonde fake news e teorie del complotto sulla pandemia, facendo del Brasile il secondo Paese al mondo per numero di morti da Covid-19.Sostiene le tesi scientifiche sul Covid-19, propone che il Brasile collabori con Paesi come Cuba e Cina per far fronte alla pandemia ed accusa Bolsonaro di genocidio per la morte evitabile di centinaia di migliaia di brasiliani.
Politiche repressive e razziste nei confronti delle popolazioni indigene dell’Amazzonia.Politiche inclusive nei confronti delle popolazioni indigene dell’Amazzonia, i cui rappresentanti entrano a far parte del governo.
Incremento netto del disboscamento dell’Amazzonia a vantaggio delle multinazionali straniere, nessuna politica ambientale seria.Protezione dell’Amazzonia in collaborazione con i Paesi confinanti, politica ambientale in coordinazione con le associazioni ambientaliste e delle popolazioni indigene.
Politica estera allineata a quella degli Stati Uniti. Interruzione del processo di integrazione latinoamericano, rottura delle relazioni con la Repubblica Bolivariana del Venezuela, sostegno al governo ucraino.Politica estera non allineata e indipendente negli interessi del Brasile. Ripresa del processo di integrazione latinoamericano, riapertura delle relazioni con la Repubblica Bolivariana del Venezuela, posizione neutrale nel conflitto ucraino. Nei suoi precedenti mandati, Lula era stato anche tra i promotori dei BRICS con Vladimir Putin e Xi Jinping.
Sostenuto dai settori reazionari e dai grandi capitalisti brasiliani, ma anche dall’estrema destra in molti Paesi occidentali. Bolsonaro ha inoltre apertamente dichiarato di rimpiangere la dittatura militare.Sostenuto dalle classi popolari, dai movimenti indigenisti e dai partiti progressisti, compreso il Partito Comunista del Brasile. Sostenuto da tutti i governi progressisti dell’America Latina, a partire da Cuba e Venezuela.

Presi in considerazione questi punti, quale persona non di estrema destra potrebbe ancora sostenere Bolsonaro? Ma veniamo ora ai dubbi espressi dai nostri critici, che abbiamo brevemente riassunto in precedenza. In effetti, Biden ha pubblicamente sostenuto Lula, ma cosa significa questo?

Il sostegno di Biden per Lula non deve sorprendere per diversi motivi. Innanzi tutto, Lula è stato regolarmente eletto con elezioni riconosciute come democratiche da tutti gli osservatori internazionali, quindi non ci possono esserci dubbi su chi sia il legittimo presidente del Brasile. Inoltre, gli eventi brasiliani ricordano in effetti quelli del Campidoglio, per cui Biden non potrebbe mai sostenere i bolsonaristi, neppure se lo volesse, altrimenti legittimerebbe automaticamente l’assalto dei trumpiani. Quindi, non gli resta altra scelta che sostenere Lula, perché sostenere Bolsonaro significherebbe darla vinta a Trump.

Veniamo poi alle voci circa la possibile connivenza delle forze dell’ordine. Lula ha già fatto sapere che sono stati commessi degli errori e che i responsabili verranno puniti, verosimilmente con la rimozione dal loro incarico. Va poi considerato che, di fronte a migliaia di persone esagitate, un intervento forze dell’ordine si sarebbe verosimilmente risolto in un bagno di sangue. Inoltre, una possibile connivenza delle forze dell’ordine proverebbe al limite che queste non sono fedeli al presidente in carica, cosa che sarebbe gravissima, in quanto il presidente federale è anche il capo supremo di tutte le forze militari.

Infine, dobbiamo dire che coloro che sostengono il parallelismo tra politica statunitense e brasiliana probabilmente hanno una scarsa cognizione del contesto latinoamericano, che non è certo quello statunitense. In America Latina, purtroppo, i golpe dell’estrema destra sono all’ordine del giorno, e non un’eventualità quasi impensabile come negli Stati Uniti, che spesso invece hanno messo il loro zampino nel resto del continente. Non molti giorni fa, il Perù ha subito un nuovo volpo di Stato con il sostegno assai probabile di Washington, ed anche in quel caso al potere c’era un presidente progressista rovesciato dai settori reazionari.

Negli Stati Uniti, poi, i due schieramenti politici principali, repubblicani e democratici, rappresentano due fazioni della classe dominante, mentre in Brasile c’è un chiaro scontro tra interessi di classe distinti: i dominanti sono con Bolsonaro, i dominati con Lula. Se quindi il parallelo Bolsonaro = Trump regge, non altrettanto possiamo dire di quello Lula = Biden, visto che i due sono distanti anni luce: da un lato un ex sindacalista provenienta da una famiglia povera che ha perso un dito per un incidente in fabbrica, dall’altro l’ex rampollo di una famiglia di imprenditori che ha studiato in costoste istituzioni private.

Detto questo, occorre fare una scelta definitiva: si può stare con Bolsonaro, ma allora si deve ammettere di essere reazionari, liberisti, estrattivisti, razzisti e filoimperialisti, insomma di destra; oppure si possono sostenere le classi popolari, i diritti delle popolazioni indigene, la difesa dell’Amazzonia e il progressismo in tutta l’America Latina, e allora si deve stare con Lula.

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Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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