La sindaca di Barcellona, Ada Colau, ha annunciato che la città catalana ha rotto il gemellaggio istituzionale con la città israeliana di Tel Aviv. La sindaca di sinistra ha motivato il gesto con la condanna del regime di apartheid che subiscono i palestinesi: “Più di 100 organizzazioni e oltre 4.000 cittadini hanno chiesto di difendere i diritti umani dei palestinesi e per questo, in qualità di sindaco, ho scritto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per informarlo che ho sospeso temporaneamente i rapporti istituzionali tra Barcellona e Tel Aviv”, ha dichiarato alla stampa. Barcellona rimarrà invece gemellata con la città palestinese di Gaza, gesto che rimarca la scelta di campo dell’amministrazione comunale catalana.
La capitale catalana è stata gemellata con Tel Aviv e Gaza per 25 anni e la decisione di Colau arriva meno di un anno dopo il lancio di due campagne, “Shalom Barcelona” e “Barcelona Connects Israel”, con le quali Barcellona ha fatto appello ai turisti ebrei e israeliani interessati ad esplorare il loro patrimonio. «Ho deciso di sospendere temporaneamente le relazioni con lo Stato di Israele e con le istituzioni ufficiali di quello Stato – compresi gli accordi di gemellaggio con il Consiglio comunale di Tel Aviv – fino a quando le autorità israeliane non porranno fine al sistema di violazioni del popolo palestinese e non rispetteranno pienamente gli obblighi imposti loro dal diritto internazionale e dalle varie risoluzioni delle Nazioni Unite. Non possiamo tacere», ha scritto il sindaco, sottolineando il fatto che il boicottaggio di Israele non si applica al popolo israeliano o palestinese che «lavora per costruire la pace in Medio Oriente».
Immediata la condanna di Israele e della Federazione delle comunità ebraiche di Spagna che ha bollato la decisione della Colau come una forma di «antisemitismo sofisticato». «La decisione di boicottare Tel Aviv mi lascia perplesso – ha affermato il presidente della Conferenza dei rabbini d’Europa, Pinchas Goldschmidtè – è una delle città più innovative e avanzate del mondo che promuove anche valori di tolleranza, inclusione e accettazione dell’altro». Il rabbino ha poi avvisato Barcellona: «Abbiamo visto in passato come le azioni di delegittimazione contro lo Stato di Israele hanno aumentato il numero di casi di antisemitismo in quel Paese. Useremo tutti i mezzi per mantenere la sicurezza della nostra comunità a Barcellona». Anche Lior Haiat, portavoce del Ministero degli Affari Esteri israeliano, ha condannato la mossa del consiglio comunale, definendola «contraria all’opinione della maggioranza dei cittadini di Barcellona e dei loro rappresentanti nel consiglio comunale».
Parole che non hanno fatto breccia per ora sulla decisione della prima cittadina di Barcellona, evidentemente decisa a mandare un segnale dopo l’escalation di violenze fisiche e politiche sui palestinesi degli ultimi mesi. Solo lo scorso settembre, Israele ha imposto il controllo sulle relazioni amorose tra stranieri e palestinesi, obbligando i cittadini stranieri in Cisgiordania a informare il Ministero della Difesa israeliano in caso di interesse amoroso verso una persona di cittadinanza palestinese. Inoltre, durante il corso del 2022 con il pretesto del terrorismo Israele ha intensificato la repressione dei palestinesi. Tant’è che secondo l’ultimo rapporto sulla protezione dei civili di OCHA, l’ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, il 2022 è stato uno degli anni peggiori per i palestinesi: oltre 150 morti e 9500 feriti dalle forze israeliane. Come se non bastasse, solo lo scorso mese, a seguito di una grossa protesta antigovernativa svoltasi a Tel Aviv, il ministro della Sicurezza israeliano, Itamar Ben-Gvir, ha dichiarato le bandiere palestinesi simboli del terrorismo e ha ordinato alla polizia la loro rimozione da tutti i luoghi pubblici. Politiche che appaiono ben lontane dalla definizione di terra «inclusiva e tollerante» difesa dalla Conferenza dei rabbini.
[di Iris Paganessi]